CAPITOLO 15

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«Sei un vampiro adesso, e io ti dirò come comportarti.» mi disse Damon, camminando tra gli studenti universitari. Aveva detto che mi avrebbe insegnato come puntare-catturare-uccidere, e quindi aveva dedotto che quel covo di idioti fosse la risposta ai miei problemi.
«E non un vampiro qualunque, sei una Strigoi.»

Mi guardò dritto negli occhi sorridendo malignamente 《questi idioti sono sacche di sangue ambulanti, ricordalo.》
Annuii con la testa 《niente sentimenti.》
Un ghigno malefico si dispinse sulle sue labbra rosse, scoprendo leggermente i canini candidi.
Era sera. Gli studenti erano diretti tutti in un edificio bianco, al cui balcone penzolava uno striscione nero con una scritta rossa, a mo' di sangue grondante.
Damon sorrise leggendo la scritta CASA DEGLI ORRORI.
《Bingo.》
Entrammo nell'edificio e subito l'odore pungente di birra e vino stuzzicó i nostri nasi. C'era musica ad alto volume, luci praticamente insesistenti: le luci blu, infatti, creavano un debole bagliore, quel che bastava per riuscir a non urtare le persone.
«Andiamo, scegline uno.» mi ordinò Damon, scrutando attentamente la sala e i ragazzi che ballavano spensierati.
Io mi guardavo intorno, senza puntare lo sguardo su un bersagio esatto.
Tutti sambravano adatti, tutti meritavano di essere squartati.
L'eccitazione cresceva come il desiderio di sangue. La salivazione si attivò al massimo, quando puntai gli occhi rossi su un ragazzo alto e moro, assaporando già nella mia mente il sapore del suo sangue.
«Lui.» dissi a Damon «voglio lui.»

Faceva freddo, tanto freddo.
La notte incorniciava il clima gelido che ghiacciava tutto.
Caroline stava viaggiando in auto insieme all'umano che, comandato da Damon, doveva riportarla a casa.
O almeno in teoria era così. Caroline in cuor suo sapeva che molto probabilmente quelli sarebbero stati i suoi ultimi istanti di vita.
Infatti non aveva chiuso occhio per via della paura e del freddo.
L'umano si era dimostrato amabile e gentile con lei, tant'è che lei si domandò cosa ci facesse uno come lui insieme a degli Strigoi.
Lo spechietto dell'auto luccicò quando inquadrò un lampione e Caroline si girò, per specchiarsi.
Le occhiaie nere deturpavano il volto bianco, più pallido del solito; le labbra gonfie e violacee, il naso rosso e, cosa peggiore, le macchie livide e giallastre dovute ai morsi degli Strigoi, proprio lì, sotto il collo.
Un'impeto di tristezza le invase il corpo: e Zoey?
La sua migliore amica, innamorata di suo fratello, aveva ceduto tutto per amor di chi amava di più: aveva messo a rischio la vita del suo bambino e, in più, aveva posto se stessa dinanzi alla vita di Caroline.
«Ti proteggerò, sempre.»
L'umano parcheggiò vicino una stazione di servizio.
L'auto rombò e poi si spense.
L'umano girò per guardarla «come stai? Sembri pallida.» disse tastandole il braccio con la mano «sei congelata.»
Caroline era così debole che non riuscì a proferire parola: più di una settimana senza sangue, equivaleva al non riuscire a muoversi. Le avevano dato qualche cosa da mangiare, ma il cibo non avrebbe mai compensato quello che era il fabisogno giornaliero di sangue.
Allora l'umano, preoccupato, si giró indietro e prese una vecchia coperta in lana.
Vi avvolse la Moroi e le passò una mano sulla schiena, a mo di conforto.
«Va meglio? Hai bisogno di qualcosa?» chiese l'uomo, ancora visibilmente preoccupato.
La Moroi girò lentamente le testa verso di lui: avrebbe voluto ringraziarlo per la coperta, ma il freddo le attanagliava la gola.
Dopo molti sforzi, un flebile suono uscì dalla bocca della ragazza, schiusa.
«s-s...sangu...e» balbettò «se.. non..m..i.. nutr..o.. morirò..»; aveva iniziato a tremare visibilmente.
L'uomo sbiancò quando udì la parola sangue e si distaccò un po dalla ragazza.
Aveva iniziato a sudare freddo, anche se fuori c'erano pochissimi gradi.
«Dove..dove lo prendo?» si guardò in giro nervosamente, sperando che da lì a pochi metri sarebbe spuntata una banca del sangue, o qualcosa del genere.
Guardò la Dragomir, con gli occhi verdi puntati al suo collo, desiderosa e famelica. Non si sarebbe mai permessa di attaccarlo, o di fargli del male, ma sentiva il battito del suo cuore, il sangue scorrere nelle sue vene.. E questo la faceva impazzire.
«Okay. Ho capito.» l'uomo si tolse frettolosamente la giacca e il collo si scoprì, bianco candido sotto la luce artificiale dei lampioni del parcheggio.
«Non voglio che tu muoia» iniziò l'uomo «...ma..promettimi che non farà male.»
Caroline scosse la testa «Sarà piacevole, credimi.»
L'umano deglutì e incrinò la testa da un lato.
La salivazione di Caroline era aumentata notevolmente, non desiderava altro che cibarsi di quel succo così gustoso e vitale, e, quando i canini oltrepassarono la carne, fu un momento di grande estasi per lei.
Dopo essersi nutrita, scivolò nel sonno, grata all'uomo per essersi offerto e per averla aiutata.

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