Capitolo 2

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Arrivai a scuola completamente congelato dal freddo della brutale Londra.

Certo, andare in moto non era stata una delle più intelligenti delle idee, ma quella mattina mi andava di sentirmi un pò più libero, un pò più ribelle.

Amavo le sensazioni che povavo quando sfrecciavo a tutta velocità sulla mia moto: amavo provare a sfidare il vento per vedere chi dei due avrebbe saputo resistere piú a lungo, amavo sentirlo accarezzarmi tutto il corpo causandomi quel brivido che mi faceva rilassare, sempre. Amavo potermi sentire così leggero, svoutato da ogni pensiero e riempito solo dai suoi sorrisi.

"Buongiorno a tutti!" Salutai la classe, come ogni mattina quando entravo in quelle quattro mura.

"Ciao."

"Buongiorno."

"Styles."

Risposero alcuni di loro, altri semplicemente rimasero infifferenti, come al solito. Ma a me non importò, come al solito.
Nella mia classe vi erano molte persone con cui andavo d'accordo, altre invece con la quale avevo solo un rapporto da conoscenti. Direi che sia normale, no?

Cercai il banco di Louis con lo sguardo, ancora immobile sulla porta. E appena lo trovai, mi avvicinai a lui guardandolo in modo tutt'altro che amichevole e gentile.

"Hey Harry, come va?" Chiese facendo un sorrisino innocente.

"Si può sapere cosa ti è saltato in mente di raccontare a Gemma?" Sbottai, cercando di non farmi sentire da nessuno, mentre mi sedevo.

"Andiamo, lei era solo preoccupata per te e mi stava tartassando di domande. Quindi..." Lasciò la frase in sospeso.

Mia sorella preoccupata per me? E per cosa poi? Per il fatto che io mi lavi i denti sia prima di mangiare che dopo?

"Secondo me era solo curiosa." Sentenziai, ancora irritato dal fatto che Louis abbia detto a mia sorella tutto quello che faccio a scuola.

"Mi ha detto che l'altro ieri stavi uscendo in boxer per andare in chiesa Harry. Ti rendi conto amico? In boxer. Oh, e avevi gia messo le scarpe." Precisò l'ultima frase scandendola per bene.

Prima o poi rinchiuderò Gemma in cantina senza farla più uscire. Anche se poi dopo Louis mi ucciderebbe. O potrei rinchiuderlo insieme a Gemma. Uhm, sarebbe molto più conveniente.

I miei pensieri da psicopatico fratello minore deriso da uno dei suoi migliori amici, vennero interrotti dal suo arrivo.

Era bellissima come ogni mattina che la vedevo. Splendida come non mai. Entrò in classe stringendosi nel suo cardigan grigio e afferrando saldamente la bretella del suo zaino color pesca tra le dita. Le ciocche rosse e vive dei suoi lunghi capelli lisci le ricadevano davanti al viso nascondendo le lentigini che tanto mi facevano impazzire. Camminò silenziosa e facendosi sempre più piccola quando si accorgeva che qualcuno la fissava. Si sedette cercando di non attirare l'attenzione di nessuno dei preseti e sistemò il cappotto blu scuro, che solo ora mi ero reso conto che avesse tra le mani, sullo schienale della sedia. Seguii con lo sguardo ogni suo singolo piccolo gesto, anche se era dall'altra parte della classe, seduta sempre vicino alla stessa finestra. Era ormai diventato il suo posto. E quella era come se fosse ormai la sua finestra. Ed io amavo---

"Accidenti, lo stai rifacendo, di nuovo. E poi pretendi davvero che io non dica nulla a Gemma? Oh amico, non sai quanto sia esilarante tutto questo. Ci mancano solo le pupille che ti si trasformano in due cuoricini rosa." Rise Louis, e perfortuna nessuno sembrava aver fatto caso alle parole dell'idiota seduta accanto a me.

"Stronzo." Borbottai pestandogli un piede sotto il banco e facendogli così assumere una smorfia di dolore in viso.

Ben gli sta.

Fece per ribattere, puntandomi un dito contro, ma l'entrata della professoressa di francese gli impedì di dire qualsiasi cosa.

"Bonjour." Salutò, la donna abbastanza alta ed elegante come sempre. Come ogni amante della cultura francese che si rispetti del resto.

Tutti ricambiammo il saluto, o quasi.

La lezione incominciò come tutte le mattine, e come tutte le mattine io speravo di sentire la sua voce riempirmi l'udito, speravo di sentire la sua piccola ed innocente voce farmi andare fuori di testa, desideravo ascoltarla mentre mi perforava l'anima.

"Bene, quindi, questa mattina sentiamo..." Incominciò la prof mentre dava una fugace occhiata all'elenco di nomi sul registro dalla copertina verde e rovinata.

"Marion Scott e Eva Bacci." Disse la professoressa. E al sol sentire il suo nome, il mio cuore prese a battere un pò più veloce di prima, quasi avvertendomi del fatto che avrei potuto ascoltare la sua voce.

Guardammo quasi tutta verso di lei. Quasi nessuno ricordava mai il suo nome visto che non veniva fatto spesso in classe. Lei non parlava molto, anzi, ero quasi sicuro che non lo facesse mai con nessuno. Da quando era arrivata non l'avevo mai vista seduta accanto a qualcun altro che non fosse il suo zaino. Sentire il suono della sua voce era una cosa molto rara, forse anche fin troppo per il mio povero cuore, che era come se si risvegliasse alla delicata melodia che producevano le sue corde vocali.

Il suo viso si tinse di un adorabile colorito rosso creando un forte contrasto con la sua pelle chiara che proprio in quel momento venne attraversata da un raggio di sole facendo luccicare i suoi occhi blu che si sposatrono solo per un momento nei miei. Non era mai accaduto che mi guardasse negli occhi. Tra tutti quegli sguardi, lei aveva scelto il mio. Era come se avesse percepito i miei occhi su di lei. Tuttavia, non mi diede neanche il tempo di realizzare cosa fosse successo, che si voltò e ritonò immediatamente con lo sguardo sul suo libro di francese.







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