Capitolo 10

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Bussai alla porta di casa con il fiatone. È vero che aveva corso la moto e non io, ma ero comunque consapevole del fatto di essere in ritardo, e non era mai capitato quando si trattava di mio padre. Ma per lei avrei fatto qualsiasi ritardo.

La porta si aprì rivelando mio padre che mi abbracciò immediatamente dandomi una serie di pacche sulla spalla.

"Figliolo!" Esclamò lasciandomi per allontanarsi e scrutarmi con sguardo fiero. E non c'era niente di meglio che essere consapevoli del fatto di aver reso fiero il proprio genitore.

"Sei un uomo figlio mio." Sorrise chiudendo la porta.

"Grazie, papá." Dissi sorridendo e togliendomi il giubbotto e il cappello.

Mio padre mi invitò a sedermi con lui, mamma e Gemma sul divano e così feci.

La mia casa era sempre stata molto accogliente e famigliare, non per il suo aspetto rustico e tipico inglese, ma per il semplice fatto che a me bastava avere una famiglia compatta e unita che si occupava di animare quell'aria casalinda che tanto regnava in quel palazzo di allegria e felicitá.

Ero cosí fortunato ad avere una famiglia che mi amasse sempre e comunque. Ed ero sempre stato certo che se avessi avuto bisogno di aiuti, loro me ne avrebbero dato indipendemente dal motivo per il quale me ne sarebbe servito. Mi amano ed io amo loro. Ed è questa la cosa più importante per tutti e quattro.

Il divano soffice e caldo dai toni chiari ospitò il mio corpo facendolo immediatamente rilassare. Amavo così tanto il divano.

"Oh finalmente Harry! Ma dobe ti eri cacciato?!" Non perse tempo a sgridarmi Gemma. La detestavo quando faceva così.

"Ero a scuola." Risposi alzando gli occhi al cielo. Se lo sapeva, per quale motivo continuava a chiedermelo?!

"Ma dovevi uscire alle cinque." Affermò, questa volta più calma.

"Bhe, ci ho messo di più." Sbottai mettendomi seduto in un modo molto più composto e intimidatorio.

"Hey hey, basta. Calmatevi, entrambi." Ci ammonì nostro padre.

Ci zittimmo immediatamente, continuando a mandarci occhiataccie inceneritrici, mentre i nostri genitori cercavano di invitarci in una conversazione.

"Quindi, come va a New York, caro?" Chiese mia madre.

"Tutto bene. La solita caotica e stancante cittá. Sono contento di rimanere a casa per un pò." Sorrise mio padre guardando tutti noi con affetto, quell'affetto che non ci è mancato mai.

**

Stavo cercando ancora una volta di decifrare ciò che la gente comune chiamava 'matematica' -io la chiamerei 'ostrogo'-, quando qualcuno bussò alla pprta della mia stanza distogliendomi da quell'aria pesante che si veniva a creare ogni volta che mettevo mano su un libro.

Chiusi il libro e il quaderno con un suono netto, stanco di tutti quei numeri e passaggi senza un senso.
Spensi la lampada e mi girai con la sedia verso la porta.

"Avanti." Borbottai mentre stiravo le braccia verso l'alto. Ero così stanco. L'unica cosa che voleva era mangiare uno dei manicaretti di mia madre e poi andare a letto per sognare lei.

La porta si aprì rivelando mio padre, che entrò con uno strano ed insolito sorrisino in volto.

"Hey, stavi studiando?" Chiese chiudendo lentamente la porta. In casa c'era uno strano silenzio gia da un'ora buona, cosa strana dato che mia madre e mia sorella chiacchierebbero per il resto della loro vita se potessero.

"Si, ma...mi scoppia la testa e sono davvero stanco per continuare." Sospirai strofinando i palmi delle mie mani sul viso. Mi bruciavano gli occhi, persino i miei ricci urlavano pietá per il sonno.

"Mh...sicuro che sia solo questo il problema, Harry?" Domandò sedendosi sul bordo del mio letto ricoperto da una trapunta blu.

Aggrottai la fronte in segno di confusione.

Mio padre, seduto difronte a me, prese un profondo respiro sorridendo ancora una volta. Uno di quei sorrisi di chi la sa lunga...

"Come ben sai tua madre ed io ci sentiamo al telefono tutti i giorni, raccontandoci ogni cosa delle nostre giornate. E...ultimamente mi ha detto che sei con la testa tra le nuvole, nel vero senso della parola. Dice di non averti mai visto così." Disse, con quel ghigno tremendamente simile al mio stampato in volto.

Quando mio padre ghignava era estremamente pericoloso: significava soltanto una cosa.

"Harry, sei sicuro di non esserti innamorato?" Ecco. Adesso avrete capito cosa intendevo.

Mio padre ha un'intuizione verso di me assurda. Forse anche peggio di Gemma e la mamma, a volte. Ho sempre avuto un rapporto speciale con mio padre, anche perchè siamo gli unici uomini nella famiglia. Ma fin da piccolo ho sempre condiviso moltissimo con lui, gran parte della mia infanzia e della mia vita. E ancora oggi lo sto facendo, anche se non sembra, anche se da lontano, io continuo sempre ad avere un rapporto speciale con mio padre. Come se fossimo due amici di vecchia data. Ci sentiamo quasi tutti i giorni sia per messaggio, sia per telefono. Mio padre è davvero una colonna indispensabile nella mia vita.

Presi un profondo respiro strofinando i palmi delle mani sul tessuto scuro dei miei jeans.

"Posso fidarmi di te?" Gli chiesi assottigliando gli occhi. Sapeva gia cosa intendevo.

"Non preoccuparti. Non dirò niente a Gemma e alla mamma." Sorrise. "Queste sono cose da uomini."

Sorrisi. Mi fidavo di lui. Quando manteneva una promessa lo faceva fino in fondo.

"Bhe, vecchio mio, non posso dire di essermi innamorato. Non ancora almeno, non fino a quel punto. Ma sono totalmente preso da circa due mesi da una ragazza." Spiegai brevemente.

"Una ragazza a scuola?" Domandò.

"Si. È italiana, si è trasferita da pochissimo. È bassina, magra, esile, con i capelli rossi fuoco naturali. Non ne ho mai visti di così rossi e così accesi papá, devi credermi. E poi, ha quegli occhi così blu e così intensi e misteriosi che ogni volta cerco sempre di scoprire con tutto me stesso; e quelle sue guance spruzzate da quei piccoli puntini aranciati che mi fanno letterlamente impazzire; e quando arrossisce è-" M'interruppi sentendo la piccola risatina di mio padre, e accorgendomi di star dando davvero troppa voce in capitolo ai miei pensieri esponendoli tutti.

"Oh, Hazz, penso davvero che questa ragazza ti abbia fottuto il cervello." Rise. E, cazzo se aveva ragione. "E non solo." Brbottò, ma non capii.

"Cosa?" Domandai.

"Niente, niente." Disse alzandosi e avvicinandosi alla porta.

Si voltò.

"Harry, ricorda che se vuoi qualcosa non devi fare altro che prendertela. Ricorda che mai nessuno busserá alla tua porta per venirti a dare ciò che desideri. L'oggetto del desiderio si ottiene solo con la determinazione e con la forza di chi vuole lottare. Senza di esse, noi esseri umani non siamo niente."

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Buona domenica! Scusate se non ho aggiornato la settimana scorsa, ma la scuola...che ve lo dico a fare.

Anyway, vi sta piacendo? Speeo davvero di si.


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