Le parole di mio padre mi riecheggiavano continuamente nella mente quella mattina, mentre mi riscaldavo con il getto caldo della doccia.
"Harry, ricorda che se vuoi qualcosa non devi fare altro che prendertela. Ricorda che mai nessuno busserá alla tua porta per venirti a dare ciò che desideri. L'oggetto del desiderio si ottiene solo con la determinazione e con la forza di chi vuole lottare. Senza di esse, noi esseri umani non siamo niente."
Che cosa aveva voluto dirmi? Che potrebbero soffiarmi Eva da sotto il naso senza che io me ne accorga? Potrei perderla? Non è single? Non le sarei mai piaciuto? Mi avrebbe chiuso la porta del suo cuore in faccia?
Adesso stai decisamente divagando troppo.
Decisi di dare ascolto alla mia coscenza. Stavo letterlamente divangando troppo. Non ci conosciamo nemmeno, non posso stabilire se le vado a genio o meno.
Presi un profondo respiro prima di vestirmi con jeans neri e maglioncino grigrio. Stivaletti, e una sistemata veloce ai ricci.
Scesi al piano di sotto, fermandomi non appena sentii la risatina di mia madre e mio padre riecheggiare per la cucina. Mi nascosi dietro al muro, osservandoli: mia madre era tra le braccia di mio padre mentre lui le faceva il solletico e lei rideva. Erano così belli isnieme, così perfetti ed uniti. Io e Gemma avevamo sempre ammirato il rapporto dei nostri genitori. Ricordo che da piccoli ci dicevamo che ne avremmo voluto uno come il loro da grandi. Lo dicevamo perchè ogni volta che papà la abbracciava o la baciava o la ricopriva di altre piccole attenzioni, vedevamo la mamma sorridere come non mai e nostro padre faceva altrettanto. Eravamo solo dei bambini e non volevamo altro che la felicitá dei nostri genitori per sentirci anche noi come tale.
Ma il mio flusso di pensieri fu bruscamente interrotto.
Sentii qualcuno darmi una fastidiosa ed irritante pacca sul sedere. E chi poteva essere stato se non Gemma?
"Che diavolo fai?!" Sbottai silenziosamente portandomi una mano sul mio fondoschiena. Sapeva benissimo che mi dava un fastidio immenso essere toccato da qualsiasi essere umano senza il mio consenso in quel modo, o cogliemdomi alla sprovvista. Mi dava fastidio dannazione.
"Ti sei imbambolato davanti a quella scena?" Chiese sussurrando Gemma, ammiccando ai nostri genitori che erano ancora intenti ad abbracciarsi stretti l'uno all'altra, come se qualcosa avesse potuto dividerli all'improvviso.
Non risposi. Semplicementi rimasi ad osservarli mentre le parole di mio padre ed i suoi occhi blu intensi apparivano come lampi continui nella mia mente.
"Harry, ricorda che se vuoi qualcosa non devi fare altro che prendertela. Ricorda che mai nessuno busserá alla tua porta per venirti a dare ciò che desideri. L'oggetto del desiderio si ottiene solo con la determinazione e con la forza di chi vuole lottare. Senza di esse, noi esseri umani non siamo niente."
Fu Gemma a risvegliarmi dai miei pensieri avvolgendo le sue braccia intorno al mio busto e stringendosi a me. Sorrisi, mi piaceva che ogni tanto ritornassimo bambini come quando dormivamo nello stesso letto e lei mi abbracciava, ed io ricambiavo inventandomi una storia e raccontandogliela finendo per addormentarmi sempre per primo. Quanto amavo quei ricordi, sarebbero stati quelli che non avrei potuto dimenticare, mai.
"Sono così innamorati..." Sussurrò mia sorella, ed io mi girai verso di lei abbracciandola completamente.
"Gemma, hai solo questa maglietta?" Chiesi dopo qualche minuto di silenzio, accorgendomi che si fosse messa soltanto una maglietta addosso. Faceva freddo, non le avrei mai permesso di uscire così.
"Si." Disse,ovvia.
"Vatti subito a mettere qualcosa di più pesante." Le ordinai.
Si staccò da me e disse, come una bambina, "no!" E mi fece la linguaccia entrando in cucina ed ignorandomi.
"Buongiorno!" Strimpellò contenta mia sorella con un sorriso enorme in volto.
"Buongiorno." Salutai io entrando, e dirigendomi verso il frigorifero dove Gemma stava cercando chissá quale cibo.
"Buongiorno." Ricambiarono mia madre e mio padre mentre cucinavano insieme la colazione.
Stavo di nuovo per riprendere Gemma ammonendola per il suo abbigliamento inappropriato alle basse temperature all'esterno, ma fu proprio la sua voce ad interrompermi.
"Famiglia, devo parlarvi..." Disse, abbastanza nervosa.
Gemma nervosa? Era una cosa così rara...
Immediatamente i miei genitori si voltarono verso di lei e le prestarono attenzione.
"Dicci pure, cara." La incoraggiò nostro padre, andandosi a sedere a tavola. La mamma lo raggiunse, accomodandosi accanto a lui ed io mi appoggiai semplicemente al bancone, accanto a lei.
Prese un bel respiro, prima di incominciare "allora, non è facile...insomma, si, lo è. Ma...ecco, io..." Balbettò, con un sorriso enorme sul volto che combatteva contro la sua irrefrenabile ansia. Era visibilmente tesa.
"Gemma, calma, respira." Le intimai.
"Ho ottrnuto uno stage nella scuola di Harry." Disse velocemente, ma abbastanza chiara da farsi comprendere. Tirò un sospiro di sollievo e sorrise.
"Congratulazioni!" Praticamente urlai prendendola tra le mie braccia. Ero così contento per lei, sognava di ricevere uno stage da insegnante da...da un sacco di tempo direi, da quando ha iniziato l'universitá.
"Wow! È fantastico!" Esclamò mia madre alzandosi e andandole incontro per abbracciarla, dopo che io mi fui staccato.
Le regalai un sorriso quando anche mio padre l'abbracciò dicendo di essere orgoglioso di lei.
"Inizio oggi." Disse, come se ci avesse comuncato le previsioni del tempo.
"Cosa?!" Esclami.
"Perchè non cel'hai detto prima?" Domandò nostra madre.
"Bhe...ecco, in realtá mel'hanno comunicato solo ieri mattina e...volevo semplicemente aspettare il momento giusto per dirlo." Disse dondolandosi sui talloni.
Ci accomodammo a tavola e iniziammo a mangiare la colazione mentre tutti partrcipavano ad una semplice conversazione famigliare, finchè il mio occhio non cadde sull'orologio.
"Caspita! Gemma, devi venire con me?" Domandai alzandomi.
"Si." Rispose.
"Dobbiamo praticamente scappare allora!" Urlai correndo al piano di sopra e lavandomi i denti. Mia sorella mi raggiunse e imitò le mie azioni.
Scendemmo al piano di sotto una volta finito e salutammo i nostri genitori per poi uscire.
"Dopo scuola, dove vai?" Le chiesi per assicurarmi che non sarei dovuto essere stato io a riportarla a casa. Avevo un impegno molto importante.
Gia.
Perchè non lo è?
Ti riferisci al nastro delle telecamere o al fatto che passando del tempo con lei potresti conoscerla meglio?
E, va bè. Quello era ovvio.
Modesto.
E non poco.
"Vado a casa di Louis." Disse andando verso il garage e alzando la serranda con il pulsantino apposito.
Andava a casa di Louis? Dannazione, dovevo ancora fottutamente abituarmi al fatto che mia sorella e il mio migliore amico stessero insieme e che facessero anche le loro cose.
"Oh, okay, allora prendiamo la moto." Dissi, passandole un casco e cercando di ignorare la gelosia di protezione fraterna che provavo nei confronti di Gemma.
Una cosa era certa: non vedevo l'ora che arrivassero le ore da scontare di quella punizione in palestra.