XIII

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CASSANDRA
L'aria fresca mi accarezzava il viso, sentivo l'erba sotto la schiena, come un tappeto soffice. Socchiusi gli occhi, attraverso i rami filtravano i raggi del sole. Mi girai sul fianco, sdraiata accanto di me c'era Alexander. Aveva gli occhi aperti, ma fissi nel vuoto. La faccia era illuminata da chiazze di luce, un occhio all'ombra e uno alla luce. Uno verde chiaro e uno verde scuro. Mi avvicinati piano, quasi lo sfioravo, ma senza toccarlo. Aspettai qualche minuto, lui continuava a fissare il vuoto. Sembrava stesse dormendo, ma con gli occhi aperti. Alla fine misi un braccio sopra il suo petto, e poggiai la testa sul suo braccio. Il suo corpo era fresco.
No, non fresco, freddo. All'improvviso non ero più appoggiata a lui, ma sul suolo. Era come se gli passasse attraverso. Il suo corpo iniziò a diventare trasparente, sempre di più, fino a scomparire. L'aria che prima mi toccava leggiadra ora era diventato un vento freddo, che mi faceva venire la pelle d'oca, il sole se n'era andato, il cielo si scriva piano. Mi alzai, ero in mezzo al nulla. Non avevo idea di come ero arrivata lì. Alzai gli occhi al cielo, e una goccia mi colpì sotto l'occhio. Una sulle labbra. Iniziai a correre, in una direzione a caso, finchè inciampai su qualcosa e caddi a terra. Intanto aveva iniziato a piovere che Dio la mandava, il cielo ero blu scuro, tuoni rompevano il silenzio innaturale in cui mi trovavo...

«Hey, che ci fai nel mio letto?» una voce rimbombò nella foresta.
Il terreno iniziò a tremare, prima piano, poi sempre con più violenza.
Aprii gli occhi di colpo. Non ero più in mezzo al fango, sopra la testa non c'era più un cielo in tempesta. Ma un viso. Pelle chiara. Con una spruzzata di lentiggini. Quel cielo tempestoso da cui stavo scappando era rinchiuso in due occhi che mi fissavano divertiti. Un'altra goccia mi colpì la punta del naso. Proveniva dai capelli fradici di quel deficiente che mi aveva appena svegliato.
«Ma stavi dormendo?» mi chiese quasi ridendo.
«Oh, vedo che non ti sfugge nulla oggi.» ribadii seccata. Mi alzaii di scatto dal letto, spingendo via Nash. Solo quando toccai il suo petto mi resi conto che era praticamente nudo. Aveva solamente un asciugamano bianco attorno alla vita. Il corpo bagnato era quasi dello stesso bianco candido, scolpito come una statua greca del marmo più duro. Alcuni nei spuntavano qua e là, come gocce di cioccolata su una distesa di panna. "Che paragone del cazzo" pensai tra me e me mentre fissavo quella meraviglia.

Nash si avvicinò piano, e ancora più lentamente alzò la mano. Con due dita mi prese delictamente il mento, e mi chiuse la bocca. «Chiudi la bocca tesoro, il mento per poco ti arriva a terra. So che sono un gran pezzo di figo, però questo mi sembra un po' esagerato...!»
«Ma stai zitto, ho solo fame!»
«Fame?»
«Si, fame. Mi hai fatto venire in mente una torta alla panna con scaglie di cioccolato, credo tu possa capire il motivo della mia bavetta» gli risposi. Meglio non menzionare la statua greca... «E visto che sto morendo di fame, se mi apriresti la porta potrei andare a mangiare. Si è bloccata.»
«Bloccata? E io che pensavo che fossi rimasta per me...» mi disse facendo il labbruccio e gli occhi tristi, per poi scoppiare in una fragorosa risata. Si avvicinò baldanzoso alla porta, e tranquillo la tirò, ma quella non si apriva. Allora ci mise più forza, ma quella continuava a stare sigillata. Alla fine provò a fare leva con il piede sul muro, tutto il viso gli si colorò di porpora chiaro, si vedevano le vene gonfie sul collo e tutti i muscoli contratti, ed era davvero una cosa molto sexy...

Cassandra, tu non stai sul serio pensando queste cose dello sfigato che questa mattina hai trovato addormentato sul pavimento.

Scossi la testa per tornare in me, non dovevo avere quei pensieri su Nash, ne ero perfettamente consapevole, ma comunque era una cosa quasi più forte di me. Erano pensieri che non si potevano fermare, come quelle erbacce nell'orto, anche se continuava a estirparle loro tornavano, sempre e comunque a romperti le palle. L'unico modo era di toglierle dalla radice.
Quindi l'unico modo era convincersi che Nash fosse brutto. Ma non brutto e basta, proprio brutto orribile, del genere che si gira la testa per non vederlo.
Lo guardai: aveva l'espressione affranta di un bambino che non riesce ad aprire un lecca-lecca. Era quasi tenero.

No, Cassandra, se pensi che sia tenero non si va proprio da nessuna parte...

Si era buttato sul letto dove fino a pochi minuti cero io, e subito nella mia testa c'era l'immagine di lui che mi abbracciava piano accarezzandomi i capelli lentamente...

Focus, Cassandra, concentrati!

Nella mia mente gli sgonfiai quei pettorali, gli feci diventare i capelli crespi, di un colore tra il rosso radicchio e l'arancione carota. Gli occhi cambiarono colore diventando marroncini, vuoti; gli misi una salopette da donna e una camici a quadri fuxia e nera, un cappello col frontino, e un paio di occhiali da nerd.
Anche così aveva il suo fascino dio santo...
Rasettai tutto e mi impegnai di più.
Lo immaginai pelato, di due spanne più basso, grosso, grossissimo che non si capiva se era seduto o in piedi.
Ecco. Così poteva andare.

«È da mezzo secolo che mi fissi, ti senti bene?» mi chiese preoccupato. «Non vorrei che svenissi da troppa figaggine, sai no com'è!»
Le sue parole mi risvegliarono, era ancora bello. Ne grasso ne brutto. Nemmeno un difetto c'era in quel dannato corpo.
Mi distesi sul letto appena rifatto di Damon, l'unica cosa da fare era aspettare che qualcuno si accorgesse della nostra assenza, visto che non potevamo avvisare nessuno a causa della mancanza di campo.
Mi aspettava un bel pomeriggio in compagnia di un ragazzo con la testa montata come la panna, fino alla mattina successiva, quando qualcuno si sarebbe accorto che non ci eravamo presentati al BOD.

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Non linciatemi, so che sono una stronza. Anche se mi odiate una stellina me la lascite comunque vero? ♥

IN ASTINENZA DI TE || NASH GRIER ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora