XV

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CASSANDRA

Venerdì 26 giugno, Scozia

Mi aspettava un bel pomeriggio in compagnia di un ragazzo con latesta montata come la panna, fino alla mattina successiva, quando qualcuno si sarebbe accorto che non ci eravamo presentati al BOD.

Osservai Nash, aveva aperto l'armadio e tirato fuori un paio di pantaloncini neri, e si era diretto poi in bagno, dal quale era tornato pochi minuti dopo, sempre a torso nudo. Si buttò a letto e prese il telefono dal comodino, si infilò gli auricolari e si mise a leggere. A leggere?! Vedere Nash con un libro in mano era come guardare un muratore in un negozio di abiti da sposa, qualcosa non quadrava. Andò avanti a leggere per una mezz'oretta, ogni tanto rideva tra se e se, altre si tirava su a sedere si scatto, e si mordicchiava un unghia, nervoso come non mai. Io ero sempre distesa sul letto di Damon, e fissavo una macchiolina sul soffitto, pregando intensamente che qualcuno si accorgesse che mancavo all'appello...

Ad un certo punto uno schiocco improvviso mi svegliò dalla mia trance, Nash aveva finito il libro e si era alzato di scatto, lasciandolo cadere sul pavimento.

«Ho bisogno di una biblioteca, o di una libreria. Subito.»

Non gli risposi subito, con avevo capito che stava parlando con me, ma dopo alcuni secondi che mi fissava intensamente gli risposi che c'era una biblioteca vicino alla piscina, ma che essendo bloccati lì avrebbe dovuto aspettare. Si ributtò sul letto sbuffando, era uno di quei ragazzi viziati, abituati ad avere tutto e subito.

«Che libro stavi leggendo?» sentii la mia voce chiedergli.

Aspettò qualche istante a rispondermi, poi disse piano in modo un po' imbarazzato «Harry Potter, il primo.»

«Bhe, allora non serve che vai fino alla biblioteca, passa da me, e ti presto il secondo.»

«Emh, ok.»

«Sai, non mi sembri tanto il tipo da Harry Potter...»

«Spesso l'apparenza inganna, le persone non sono quelle chesembrano.»

«E questa perla di saggezza da dove salta fuori?»

«Betany Montgomery.»

NASH

Restammo in silenzio per diversi minuti, poi la cosa si fece imbarazzante, di solito avevo sempre qualcosa da dire, insomma, sono o non sono il grande Nash Grier? Mi girai su un fianco e la guardai, era ancora nella stessa posizione di cinque minuti fa. Come facesse a stare ferma era un mistero, io anche di notte mentre dormivo continuavo a tirare calci. Era per questo che generalmente non dormivo mai con le ragazze, tanto meno con la mia fidanzata, le sue gambe piene di ematomi viola non erano tanto sexy.

La mia stanza era all'ultimo piano, quindi fuori dalla porta finestra, invece che un semplice poggiolo c'era una bella terrazza sul tetto, di circa quindici metri quadrati. Ci stava benissimo un piccolo stendino, due sdraio e una piccola serra di vetro contenente strane piante tropicali che Damon mi aveva severamente vietato di toccare. Mi alzai, presi le sigarette e mi spostai sul terrazzino, sdraiandomi sulla sdraio. Erano ormai le sei di pomeriggio, ancora poco e il sole sarebbe calato. Gli ultimi raggi della giornata eranoi migliori, di quel giallo oro intenso, con le nuvole soffici che prendevano sfumature pastello tra il rosa e l'albicocca, e il cielo che si inscuriva piano. Mi accesi una sigaretta, e inspirai piano. Buttai fuori il fumo dal naso, era da un po' che non fumavo, mi era mancato. Tirai ancora, e poi scrollai la sigaretta sul posacenere; in pochi minuti era finita, quindi me ne accesi un'altra.

«Se continui così ti ritrovi a trent'anni con un cancro ai polmoni.»

Non le risposi, non mi girai nemmeno, era sempre la stessa storia, fumare fa male e bla bla bla, lasciatemi in pace! Si sedette difronte a me, e prese una sigaretta pure lei, la infilò in bocca e fece scattare l'accendino. Inspirò forte, e poi sputò fuori il fumo, tenendo il viso rivolto al cielo, come un lupo che ulula alla luna. I suoi occhi nel tramonto avevano preso una strana sfumatura violetta, quasi innaturale.

«Il fumo uccide.» dissi io dopo un po'.

«Già.» mi rispose lei, come se avessi appena detto una cosa molto intelligente.

Restammo in silenzio a guardare il sole tramontare, era uno spettacolo magnifico, il cielo un po' alla volta si inscurì, e la luna spuntò fuori dalle fronde del boschetto, illuminando Cassandra con i suoi pallidi raggi. Tutto intorno a noi era buio, solo all'orizzonte, strizzando gli occhi, si intravedevano le luci di Edimburgo. Su, nel cielo, le stelle brillavano come non mai, la vista era quasi migliore di quando ero stato nel deserto con Cameron, e avevamo dormito all'aperto, intorno ad un falò, sotto il cielo stellato.

«Quella è la Stella Polare, si vede da tutto l'emisfero nord, ed è perfettamente perpendicolare al Polo Nord. Quelle stelle li, le vedi? Formano il Carro Minore, mentre quelle altre, che stanno di la sono l'Orsa Maggiore e il Grande Carro.»

Io la ascoltavo annuendo piano, anche se non ci stavo capendo nulla. Fissavo il cielo, e qui miliardi di stelle che stavano sopra di noi.

«Per te ci sono altri pianeti abitati?» le chiesi ad un certo punto.

«Bhe, a parer mio si. Tieni conto che l'universo è una cosa quasi infinita, contiene miliardi di altre galassie. Noi, la Terra, stiamo nel Sistema Solare, che è solo un piccolo puntino nella Via Lattea, la nostra galassia. Gli scienziati hanno calcolato che per ogni uomo della terra ci sono almeno altre ventiquattro galassie nell'universo. Noi siamo solo un puntino microscopico in qualcosa di immenso, ma che vuoi che ti dica, è una caratteristica dell'uomo, con il suo pensiero egoista, quello di essere l'unico in tutto il creato.»

«Che cosa figa.» fu l'unica cosa sensata che mi venne da dire.

«Si Nash, davvero figo.» mi rispose lei, prima di alzarsi e tornare dentro.

Poco dopo rientrai anch'io. I suoi vestiti erano piegati con cura sulla sedia vicino al letto di Damon, ma di lei nemmeno l'ombra. Andai in bagno e la trovai che si lavava la faccia tranquilla.

«Ho preso una tua maglietta dall'armadio, spero non ti dispiaccia.»

La guardai, era una vecchia maglietta nera, con scritto LA sul davanti, le arrivava quasi alla coscia, mentre a me era piccola.

«Tienila pure, tanto a me non mi va più.»

«Grazie.»

Quando tornai dal bagno lei era già sotto le coperte, non del mio letto purtroppo. Spensi la luce e mi coricai, sperando di addormentarmi presto. Erano ormai le dieci, eravamo rimasti fuori quasi quattro ore. E non mi ero annoiato. Le augurai buonanotte, ma non ricevetti risposta, l'unico rumore percettibile era il grido di qualche uccello notturno, e il suo leggero russare.

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I'M BACK BABY. Dopo molti secoli, come al solito... Capitolo di merda, lo so. Era da un pezzo che non scrivevo, vi dico soltanto che mi ha toccato rileggere tutta la storia da capo perché non mi ricordavo più che avevo scritto. Imbarazzante, no? Lasciate una stellina se ve gusta, e anche un commento, che come dico sempre mi fa piacere sapere che ne pensate... Alla prossima <3

--Nora

IN ASTINENZA DI TE || NASH GRIER ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora