18. Is this the end?

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You found me - The Fray


31 dicembre 2015

Cammina con passo deciso facendo risuonare i suoi anfibi sull'asfalto e con la testa alta di chi sa quello che vuole. Di chi non ha mai avuto dubbi e non dondola. Dopo una settimana di oscillazioni e incertezze, lui è pronto. Ha ripreso a suonare la sua chitarra, ad esibirsi nei locali con le solite domande dell'amico "ma sei sicuro? se non ti va..." ma lui lo fermava con sguardo ammonitorio e metteva a posto le casse. Non può crogiolarsi per sempre, ha bisogno di riprendersi, di riprendere in mano la sua quotidianità. Senza distrazioni. Perchè lui è Genn. Ha ripreso a cantare con gli occhi di chi vuole farti del male e la voce che inonda il microfono con aggressività. Ha messo in ordine le cartellette nel suo cervello. Sa cosa deve fare. Sopratutto con le persone, se le tiene strette se se lo meritano.

E lei. Lei non se lo merita. Lei è un'egoista. Per una settimana l'ha ignorato nel suo momento e unico momento di debolezza. Per una settimana le tempie gli pulsarono per ore, quotidianamente. E' stato doppiamente distrutto, deluso ed illuso. Cammina con l'amaro in bocca, come se avesse appena leccato un filo di rame. Un filo che l'ha ferito lasciandoli il sapore metallico del sangue diffondersi fino alla gola. La sua andatura si ferma improvvisamente, e con la sua, anche quella della ragazza di fronte a lui che tiene la testa bassa ma spalanca gli occhi verso terra e alza il viso piano "Genn" sussurra con un sorriso poco convinto. "Stavo venendo da te" continua imbarazzata portandosi ciocche di capelli dalla guancia a dietro l'orecchio. "Adesso" risponde lui subito avvicinandosi con i piedi che volevano sfondare il terreno. Scaricava tutta la sua rabbia in ogni passo che poggiava.

"Dov'eri prima, Amelia?", la ragazza indietreggia. Si siede sul bordo del marciapiede portandosi le dita sugli occhi. Lo guarda dal basso e boccheggia "io".

"Tu cosa? dov'eri quando avevo bisogno di te, eh?" ripete Genn alzando la voce. "Quando mi hai sentito piangere al telefono, Amelia dove eri? Perchè non mi hai cercato?" mormora sentendosi per l'ennesima volta illuso. "Non sopporto le morti. Lo sai quanto mi hanno fatto soffrire" inizia.

"Esatto Amelia!" urla gesticolando. "Io lo so quanto ti hanno fatto soffrire, hai condiviso il tuo dolore con me. Me lo sono portato sulle spalle" continua indicandosi con l'indice. "Tu no" lascia cadere il braccio lungo il fianco.

"Non voglio avere accanto una persona che pensa solo a se stessa. Il supporto dev'essere reciproco" abbassa gli occhi, la sua voce è spezzata dall'agitazione.

"No Genn, scusami io" dice subito intimorita. "Non le accetto le tue scuse di merda!" ribatte con lo sguardo agghiacciante pronto a trafiggerla. "E non perdo nemmeno tempo a raccontarti cosa ho passato" ridacchia amaramente scuotendo la testa.

"Genn, non puoi ti prego. Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme" le prime lacrime sgorgano dagli occhi e le sue sopracciglia sono inclinate dalla disperazione. "Già" sorride tristemente, prende una sigaretta dal pacchetto che ha in tasca. L'accende, se la porta alle labbra e dopo aver aspirato "io ti sono stato sempre vicino. E tu? al primo ostacolo scappi" sbuffa.

"Evidentemente non tieni a me quanto io tenevo a te" afferma lanciandole velocemente un'occhiata e "tenevo" sottolinea con la voce. Fa per continuare il suo cammino finchè lei alza la voce graffiata.

"Ma io ti amo" sputa come se fosse la sua ultima carta, l'ultima corda a cui aggrapparsi mentre singhiozza. Col dorso della sua mano destra cerca di asciugare le lacrime, inutilmente. Glielo ha detto con voce flebile e un'impercettibile movimento delle labbra. Alza gli occhi verso di lui e vorrebbe inghiottire tutto il veleno seguito da quel 'ti amo'. Si sente ridicola, illusa e nuda. Un vaso che fa mostra dei suoi cocci.
Lui fa un altro tiro dalla sua sigaretta, getta il fumo e guarda quest'ultima rigirandosela tra le sue dita. "No che non mi ami" ribatte.
"E' un'illusione che ti sei creata da sola, non puoi sapere cos'è l'amore" continua guardandola dall'alto. Si guarda intorno e getta il mozzicone a terra pestandolo con la punta del piede. "Tra miliardi di persone tu pensi di amare me? E' patetico non trovi?" chiede deridendola. "E' solo qualcosa di passeggero, passerà" le sorride con l'intento di rassicurarla.
A lei gira la testa, 'non è possibile' pensa. Si sente trafitta da migliaia di schegge di vetro e non ha la forza di estrarle dal suo corpo, facendo sanguinare la ferita. "Tu ti sei affezionata a me, mi vuoi bene" dice piegandosi sulle ginocchia per ritrovarsi faccia a faccia con lei che tiene il capo basso e si stringe le mani in grembo. "Ma non mi ami" le fa notare serio.
Sistema il berretto e sposta i capelli dagli occhi con le dita. "Buon anno Amelia" la congeda.
I suoi passi risuonano frettolosi sulla strada buia e deserta. E' andato. E' andato davvero.
Amelia è spaesata, seduta sul bordo di quel marciapiede con le maniche bagnate si chiede cosa ci fa lì. Non doveva andare così. Non voleva che andasse così.
Dovrebbe essere triste, pensare a quanto male le ha fatto, maledirlo. Invece riesce a pensare solo a una rosa. Una rosa nera, piena di spine.
Una rosa nera racchiude un fascino pari al mistero. Affascinante e misteriosa. Malinconica a volte, angosciante. Ma attraente.
Una rosa nera piena di spine, egoista cosicché nessuno possa avvicinarsi ad essa. Puoi solo contemplarla da lontano, ammirarla e cercare di capirla.
Per lei, lui è così. Una rosa nera, piena di spine. Con il suo mezzo sorriso attraente, gli occhi che emanano mistero ed egoista. Ora pero si sta chiedendo se il suo è egoismo o terrore. Paura di essere cambiato, o cambiare. Ma amaramente si rende conto che la rosa nera, piena di spine, non è Genn.

Bensì lei. Solo ed unicamente lei.

Si accorge di avere i capelli bagnati attaccati al viso mentre lei è ancora seduta sulla superficie dura e fredda. La pioggia schiaffeggia l'asfalto sempre più violentemente mischiandosi alle sue lacrime e alle parole lasciate nell'aria dal ragazzo. Ripensa a quante volte hanno camminato su quel marciapiede insieme, mano nella mano a cercarsi con gli occhi, a baciarsi come a suggellare qualcosa ancora da definire. Qualcosa ancora da definire come il punto che fissa ancora Amelia con la testa bassa mentre le gocce d'acqua tamburellano sulla sua testa. "Buon anno anche a te, Genn" sussurra reprimendo un singhiozzo.


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Come sempre è sera e io potrei benissimo sbattere la testa contro la tastiera causa sonno. (Tanto non dormo prima delle due am).

Se scrivo boiate non fatevi problemi a dirmelo, cosicché domani posso correggere.

Un abbraccio.





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