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I Found - Amber Run

Nove giorni. Sono passati nove giorni, pensa Genn. A lui non è mai piaciuto il numero nove. E' un eccellenza incerta. Sei alto ma non sulla punta. E Genn è una persona che vuole sempre essere sulla cima. Non un passo in meno. Nella vita o sei un quattro, un sei, un otto o un dieci. Numeri pari insomma non delle incertezze. Non delle vie di mezzo. Quando è malsicuro gli sembra di camminare su un filo. Di stare in equilibrio su un asse e al primo getto d'aria rischiare di cadere. E lui, sicuramente, non vuole cadere. Questo è certo. In conclusione non sopporta lo "stare in bilico", la confusione e i numeri incerti. Coi grovigli non si va mai in alto, mai.

Sono passati nove giorni. A Genn non piace il numero nove. Un po' perchè glielo hanno sempre attribuito, un po' perchè gli ricorda lei. Gli ricorda le sue braccia aperte sui bordi dei marciapiedi, e la risata genuina che fuoriusciva dalle sue labbra quando la portava sulla schiena e rischiava di cadere. Agita la testa come a voler scacciare il pensiero, non vuole ricordare. I ricordi sono sinonimo di nostalgia, turbamento dello stato d'animo. Emozioni che risalgono a galla e si muovono sulla bocca dello stomaco, salgono alla gola formando un blocco. Fanno venire la pelle d'oca sulle braccia e un formicolio alle dita, e riportano voci alle orecchie. Voci dolci, piene di passione. A volte arrabbiate.

E se chiudi gli occhi, sulle palpebre, in mezzo al buio compare un fiore. Altea color porpora.

Porpora, una sfumatura del dolce amore, rosso. Una sfumatura della sfacciata verità, blu.

E' febbraio e il freddo si è fatto meno pungente, anzi. E' un freddo che inonda in modo delicato le sue guance non appena scende dal pullman. Si accende la prima sigaretta della serata e cammina dritto senza alzare la testa dall'asfalto luccicante a causa della pioggia che ha appena smesso di scendere dal cielo nuvoloso. Con una mano nella tasca e gli occhi concentrati sul suo cammino arriva davanti al grande cancello. Lo guarda, con sfida quasi. Dall'altro lato c'è una parte di sé stesso, una parte che lui vuole affrontare. Vuole rinfacciare a quel suo frammento che lui è forte, indipendente. Sa quello che vuole fare e non ha bisogno di essere trasportato. E' arrabbiato. Tantissimo. Con sè stesso. Con i suoi deboli brandelli. Con lei e la sua arroganza.

Amelia invece è delusa. Da sè stessa. Dalla sua idea di perdono. E' anche stanca. E' tante cose al momento. E' uno scarabocchio su un pezzo di carta che viene accartocciato e gettato malamente a terra per essere dimenticato con noncuranza. Un intreccio di linee sottili disegnate coi pennelli e ombre non definite col carboncino. Bordi non delineati. Ecco cos'è. Non ha un contorno. Un contorno che la definisca, non esiste. Lei non vuole essere limitata, etichettata.

Uno, due, tre, quattro. Otto gradini. Dieci. Scende le scale battendo il tacchetto degli anfibi regolarmente. Pensa quanto sarebbe più semplice affrontare gli ostacoli della vita così, facilmente. Un passo alla volta ma velocemente. Non fa in tempo a pensarlo che tutto si svolge in così poco tempo, si ritrova in quel parco. Sul sentiero di sassolini che divide le aiuole. E poi un'ombra.

Seduta su quella panchina, davanti a quell'albero. Una figura con la sigaretta tra le dita e le gambe incrociate sul legno. Si avvicina, decisa. Sa che è lui. Sa che non l'ha perdonata e non lo farà. La sua idea di perdono è cambiata, non lascia più correre nulla. Non riesce a perdonare perchè non è più capace di dimenticare. Non dimenticherà, nemmeno se lo desiderasse.

E' di fronte a quell'albero. Spoglio, ora. Senza foglie, sono state tutte rubate dai venti. Si siede accanto a lui con le mani in tasca, prende un sigaretta e l'accende con le mani intorpidite dal freddo. Guarda il cielo, la luna è ancora lì. La guarda tutta, in tutte la sua luce e splendore. Egoista.

"Non voglio più essere una foglia" si lamenta piano lui fissando i tristi rami dell'albero e sospira.

"E' che a volte ammiriamo tanto certe cose, che senza rendercene conto diventiamo come loro" sbuffa il fumo, Amelia. Le dita tremano mentre con gli occhi lucidi si porta la sigaretta alle labbra. "E le ammiriamo talmente tanto che non facciamo caso agli svantaggi e i loro lati oscuri" continua stringendo il bordo della sua felpa. Gli occhi di lui sono indecifrabili. Persi nel buio di quella notte. Forse troppo vuoti da non contenere nulla. O troppo pieni e pieni di sentimenti che si sovrappongono.

"Nemmeno io voglio essere la luna" mormora frustrata mentre spegne la sigaretta sulla panchina, vicino alle sue gambe. Si alza e infila le mani nelle tasche, vuole tornare a casa. A colorare i suoi spazi vuoti e provare per la prima volta a dimenticare. Anche se Amelia è una che non dimentica mai.

"Vorrei che fosse tutto più semplice" dice Genn con la voce lieve e infastidita. I pensieri ancora che lottano tra loro e i pugni serrati.

"Non ti perdonerò mai" brontola alle sue spalle, per convincere sé stesso. E' sempre stata loro la notte, ma ora li fa sentire così distaccati. Imbarazzati a rivedersi in questa intrigante e affascinante oscurità.

Amelia ferma i suoi passi e gira la testa verso di lui che continua a guardare a terra. Sorride triste e stanca per l'ennesima volta. Un sorriso debole.

"Lo so".

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Come sempre fatemi sapere che ne pensate, un abbraccio.


I'm the dark side || Urban StrangersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora