Sono stesa per terra in corridoio. Di fianco a me ci sono tre persone. Una è Ginevra, l'altra è Sophia e la terza è... Tobias. Mi perseguita, non mi deve guardare. Non posso permettermi un altro svenimento. Ginevra mi toglie il ghiaccio dalla fronte e mi guarda. Uno sguardo profondo, tagliente, preoccupato. Uno sguardo che mi allarma. Lei sa. Quanti altri sanno?
È consapevole che il mio svenimento voglia dire "sogno", non so come faccia a saperlo, ma nel suo sguardo noto una preoccupazione che non è provocata dallo spavento per il mio svenimento. Anche lei teme che qualcuno sappia. Mi alzo a sedere. Per un attimo mi preoccupo solo che qualcuno abbia scoperto il segreto che mantengo da 11 anni di vita, da quando ne ho 3. Poi si presenta nella mia mente un nuovo fatto: ricordo.
Ricordo esattamente ciò che ho pensato nel sogno non sogno, non mi era mai successo. Di nuovo questa frase: non mi era mai successo. Diventa troppo ricorrente ora. Il sogno nero, poi lo svenimento che è stato più un "addormentamento" ed infine il ricordo così nitido. Mi spaventano.
Ginevra non mi lascia neanche il tempo di pensare, mi afferra per un braccio e mi tira in piedi <<Sta bene, vedete. Ha solo bisogno di un po' d'aria fresca>> dice rivolta ai due compagni preoccupati. << Se mi date il permesso la porterei a fare un giro nel parco, a respirare un po'>> aggiunge rivolta al professore.
<< Va bene, ma fate in fretta, non sarebbe permesso.>> replica lui, a metà tra lo stizzito e lo spaventato.
Varchiamo la porta e Ginevra si gira. <<Qui si fa seria la cosa. Non puoi decidere di svenire in classe per la paura, o capiranno che parlavamo di qualcosa di pericoloso.>>
<<Non sono svenuta...>> <<oh si che sei svenuta, sei finita in terra come un sacco e io mi sono spaventata a morte!>>
<< Ti dico che non sono svenuta, è come se un sogno mi avesse costretto ad addormentarmi, un sogno ancora più strano dell'altro>>
<<Caspita! Racconta...>> <<Il luogo era definito questa volta: un prato. E c'era un'altra persona: Tobias.>> <<Tobias?>> <<Si, mi ha guardata negli occhi e poi tutto ha iniziato a girare e ad annebbiarsi, fino a trasformarsi nel sogno, ma ti dicevo che è strano perché...>> Ginevra mi guarda sempre più spaventata, sembra che un puzzle si stia costruendo nella sua testa, ma io continuo <<ricordo, Ginvy, ricordo. Non ho mai ricordato ciò che pensavo o dicevo. ,ma ora si>>
<<Interessante. E... spaventoso. Non puoi proprio parlarne con qualcuno che possa saperne più di me?>> <<E con chi?>>
<< Non lo so... tua nonna Marta magari... lei potrebbe avere qualche altro libro segreto che può aiutarci.>>
So di cosa sta parlando, quel vecchio libro polveroso ancora stampato su carta che una volta, quando eravamo piccole, ci ha fatto vedere. Aveva tante immagini, e poi c'erano scritte le fiabe. Ora non è più permesso raccontare quelle fiabe ai bambini, ce ne sono alcune più moderne, che si addicono meglio ai nostri tempi. Insomma vedere quel libro per noi era stato come vivere in una di quelle antiche fiabe e da allora abbiamo sempre chiesto alla nonna Marta quando avevamo bisogno di informazioni vietate o che non si trovassero sui nostri tablet. E anche questa volta dovrei, eppure questo vorrebbe dire parlarle dei sogni e correre il rischio che lo racconti ai miei genitori.
<<potrei, ma non sono sicura che poi lei mantenga il segreto>>
<<forse a questo punto sarebbe meglio avvertire i tuoi genitori>>
<<no. Sono troppo ligi alle regole, mi denuncerebbero>>
<<ma sei la loro figlia!>>
<<non vuol dire nulla. Non qui. Non per loro. Sono un pericolo e, come tutti i pericoli, vado eliminata>>
Un'auto frena davanti al cancello. Non è un'auto, è l'auto ibrida verde mela di mia madre.
<<Nessy! Santi numi che succede? Ci hanno detto che sei svenuta>>
Ecco ci mancava che chiamassero i miei, ora dovrò anche inventare qualcosa di convincente da raccontare a mia mamma.<<Tranquilla mamma, non è nulla solo un piccolo...-sogno vorrei dirle- calo di zuccheri>>
<<ne sei sicura? Stai bene? Vuoi venire a casa? Sono certa che Ginevra sopravvivrà questa mattina anche senza di te>>
Oh non ho dubbi che la mia amica sopravviva senza di me, sono io che non sopravvivo senza di lei, e soprattutto dobbiamo parlare, anche se fossimo costrette a farlo nel ripostiglio delle scope. Devo parlarle e non posso di certo permettermi di andare a casa, ci sono troppe cose in sospeso e poi... non voglio perdermi la cioccolata calda che ci offrono alla pausa!
<<si mamma, tranquilla sto bene. Ho solo un po' fame, ma tra poco ci sarà la pausa e... beh berrò un po' di cioccolata>> decido di fidarmi, per una volta dei miei pensieri tanto per rendere più credibile la mia immagine dell'innocente ragazzina che in realtà non mi rispecchia nemmeno lontanamente. Il sorriso ricompare sul volto di mia mamma che mi fa altre mille raccomandazioni prima di uscire nuovamente dal cancello, con un passo più tranquillo, meno traballante. Schiaccia il pulsante che rileva l'impronta digitale sulla portiera della macchina e sale. Mette in moto e poi, lentamente, ma neanche troppo, si allontana lungo il viale davanti alla scuola.
<< E quella sarebbe una persona che non ci penserebbe due volte a farti uccidere? Stai bene? Sei sicura? Vuoi venire a casa?>> Ginevra mi sputa addosso quello che tutti direbbero se vedessero il comportamento di mia madre in questi momenti, ma so per certo che se i medici la convincessero che potrei essere un pericolo per la società e magari anche per me stessa non esiterebbe. O forse sì, ma lascerebbe fare, non a cuor leggero, magari, ma lo permetterebbe.
<< Le persone non possono essere giudicate dai loro comportamenti in queste situazioni, lo sai>>
<< Non possono neanche essere giudicate male a prescindere Narcissa!>>
<< Conosco mia madre meglio di quanto la conosci tu.>>
<<Lo so, ma.. solo non credo che un genitore possa fare questo.>>
Si è arresa? No probabilmente non vuole litigare in una situazione così critica, anche se il nostro non era proprio litigare, solo discutere... animatamente. Molto animatamente.
Mi guardo le scarpe << Sai, per i miei genitori non sarebbe una grande perdita, hanno mia sorella. Lei li fa felici. Sempre identica agli altri, sempre perfetta. È la nonna che preferisce me. Solo la nonna. Dice che ho la mente aperta.>> Non ho mai capito cosa voglia dire. Ho la mente aperta a metà? Questi termini del passato... bah incomprensibili.
<<Tua nonna potrebbe salvarti>>
<<si, credo>>
Sorride. Ha un piano, ma quale? Potrebbe essere un piano suicida per quanto ne so e per quanto conosco bene Ginevra.
<<Dai entriamo>> E anche se non volessi mi costringerebbe. Mi afferra il polso, con una presa salda ma dolce e mi porta dentro. Passiamo di fianco al Signor Seven, il professore di scienza A, sta uscendo dall'aula. La prima lezione deve essere finita. Entriamo in classe e ci sediamo nel banco che abbiamo – anche se sarebbe più corretto dire ho – scelto sta mattina, prima per parlare, ora per tacere rimuginando su ciò che già sappiamo e ciò che, invece, dobbiamo ancora scoprire.
Sembra tranquilla questa mattinata, gli insegnanti che entrano ed escono dall'aula. Che parlano. Che non ascolto. Sono lì, ma assente. Suona la campanella dell'ultima ora. So cosa dovrei fare, alzarmi, uscire, andare a casa. Sì, nell'ordine. Così il mio corpo si muove, si alza, cammina, esce, metto un piede davanti all'altro come i robot. Ho talmente tante cose a cui dovrei pensare che preferisco non pensare a nessuna.
<<Nessy. Nessy! Avanti vieni, dobbiamo andare, ci troviamo oggi pomeriggio alle 4 da tua nonna Marta.>> annuisco ho capito solo che Ginevra vuole incontrarmi alle 4, da mia nonna. Non so se mi presenterò, non ne ho idea. Non so se avrò voglia, non so nemmeno se arriverò a casa, dopo tutto non so nemmeno se alle 4 sarò ancora viva, ma insomma non pensiamo in modo così tragico all'una del pomeriggio.
Ginevra tace. Deve aver capito che non ho voglia di parlare, mi sfiora la mano e sussurra <<a dopo>> poi va.
Resto ferma. Lei è calma, anzi no, è curiosa di scoprire qualcosa di più, vuole solamente sapere cosa potrebbero voler dire tutti questi sogni mai fatti prima. Una persona mi urta. Mi volto stizzita.
<<Oh la signorina "aiutatemi che svengo" non si è ancora ripresa... dobbiamo tenerla in piedi?>> la voce beffarda di Tobias fa male. Graffia. Non si è reso conto di nulla, eppure il suo sguardo mi fa paura, non mi mette addosso solo la rabbia per essere stata derisa, mi spaventa. Un ghigno, come quello di Acacia quando sa di aver fatto uno scherzo decisamente pesante a qualche preda indifesa.
<<No. Posso fare da sola.>> e me ne vado. Attraverso il viale, cammino veloce, molto veloce. Sono silenziosa nessuno nota le lacrime che mi rigano le guance mentre accelero il passo sul marciapiede pieno di gente che va nella direzione opposta alla mia. Non voglio andare alla stazione, non voglio andare proprio da nessuna parte. Vorrei solo trovare qualche risposta, senza chiederla, solo trovarla, saperne di più, vivere in un paese dove mi sarebbe permesso conoscere. Vivere NEL paese in cui mi sarebbe concesso conoscere.
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Il Pericolo dei Sogni
ActionNarcissa è una quattordicenne che si trova a vivere in un mondo troppo grande per lei, tanto da sembrarle oppressivo. Con i suoi sogni particolari è consapevole di infrangere le regole di Omnemundo, il suo paese, ma sa anche che non può andare cont...