Capitolo 6

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Mi risveglio solo la mattina dopo. C'è il sole, le macchine che passano. Non ci sono i palazzi grigi, le persone grigie, le strade grigie, solo un po' più scure. Non è più la mia urbe. Non è più Omnemundo. Tocco le pareti delle case, sono tiepide, illuminate dal sole. Non vi sono ombre. Tutto è luce. Mi spunta un sorriso sulle labbra, un sorriso che non so da dove arriva. Non sto pensando, o forse si. Non lo so. Vedo e sento. Cammino per le vie deserte. Gli alberi enormi di un parco. I marciapiedi vuoti, lisci, puliti. Le strade nere di un nero che non è nemmeno un colore. Il cielo azzurro che l'azzurro sembra un colore sbiadito al confronto. E la luce del sole bianca che fa male guardarla. Poi il sole lo vedo davvero, entra un raggio rossiccio dalla finestra e mi sveglio. La scrivania, l'armadio, il letto. È tutto come sempre. La tenda bianca un po'spostata; la sedia infilata sotto la scrivania. Freddo. Guardo l'orologio che segna le 6,59. Inizio a contare. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette,... trentanove. Le campane. La casa si sveglia. Conto di nuovo, fino a cento. Poi mi alzo e vado in bagno. Mi preparo e scendo a fare colazione in così poco tempo che mi sembra di non essere ancora uscita dal sogno. Non vedo nessuno in casa, ma solo perché non guardo nessuno. Eppure sono leggera, intatta, sopravvissuta. Con calma esco di casa e arrivo a scuola. Con calma entro nel parco e sorrido a qualcuno che mi saluta. Con calma saluto i miei compagni. Con calma vado verso Ginvy. Con calma entriamo. Con calma passano le lezioni. È troppa la calma e lo so bene, eppure non rimpiango di certo la mia vita movimentata. Vivo con calma, almeno per qualche ora. O meglio sopravvivo con calma. Perché non c'è niente di meglio che sopravvivere quando non si ha la possibilità di vivere. Io e Ginevra parliamo di cose futili. Non vogliamo ricordarci il giorno passato e oggi non c'è nessuna novità particolare. Sono tutti così calmi che fanno quasi paura. O magari sono io ad essere distaccata. Un momento di cedimento. Un ricordo. Sta mattina ho preferito non guardare nemmeno cosa mi avesse provocato la caduta di ieri, ma vista la scarsa attenzione della gente sono portata a pensare che non sia nulla di grave. Eppure un ricordo c'è. Un ricordo ambito, cercato, voluto. Il ragazzo misterioso. Il ragazzo di cui non ho detto nulla a Ginevra, il ragazzo di cui non dico nulla a Ginevra, il ragazzo di cui non dirò nulla a Ginevra. un piccolo segreto, il mio. Un piccolo segreto di cui non conosco il pericolo, apparentemente inesistente.

Il Pericolo dei SogniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora