Capitolo 2

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2.

Arrivata davanti alla porta di casa non vedevo l’ora di potermi buttare sul divano per schiacciare un pisolino, dato che quella notte avrò dormito si e no, tre ore. Feci scattare la serratura ed entrai. C’era troppo silenzio, il che stava a significare che mamma non era tornata nemmeno oggi per il pranzo.

Essendo un’importante avvocato non potevo pretendere che lei avesse il tempo di venire a casa e, magari, mettersi a parlare con me. Per quando riguardasse mio padre, invece, non c’era molto da dire. Aveva abbandonato me, e mia madre, quando avevo ancora due anni e si era trasferito non so dove in America.

Andai in cucina a prepararmi un po’ di pasta. Quella mattina dalla fretta non ero nemmeno riuscita ad afferrare un toast che aveva preparato mamma prima di uscire per andare in ufficio.

Mangiai velocemente e, ringraziando che il giorno dopo fosse sabato, mi lanciai sul divano e chiusi gli occhi. Lì riaprii subito constatando che ogni volta che li chiudevo, mi apparivano gli occhi color smeraldo di Harry. Avevo già fatto l’errore di innamorarmi di lui, tre anni fa, non ci sarei cascata di nuovo. Presi lo zaino e andai in camera mia, gettandolo non so dove. Accesi il computer e andai a controllare il mio Twitter.

Quel mondo, dove mi ero creata un’altra vita, mi apparteneva come io appartenevo a questo reale. Quasi metà della mia scuola era iscritta e, sotto falso nome, io li seguivo tutti e loro ricambiavano.

Guardai le menzioni e trovai le solite. 'Ti seguo, ricambia xx'.

Sospirai e, prima di spegnare notai un tweet di Harry. Non che me ne importasse molto, ma lo lessi comunque.

'Forse non sarà facile'.

Scrollai le spalle, chiusi il portatile e mi buttai sul letto, chiudendo gli occhi.

Girovagava per la scuola, una giovane ragazza dai capelli ramati e gli occhi nocciola. Si guardava attorno alla ricerca di qualcosa, o meglio, di qualcuno.

In fretta quel qualcuno attirò la sua attenzione e non poté far altro che osservarlo, da lontano. Avvinghiato ad una ragazza biondina, la lingua conficcata nella sua gola che faceva una radiografia all'esofago.

Entrambi si voltarono verso la ragazza dai capelli ramati che, coprendosi il volto rigato dalle lacrime, corse via.

Quando riaprii gli occhi era ormai notte e, nonostante non avessi cenato, non sentivo il benché minimo richiamo del cibo. Mi alzai; la fronte sudata e gli occhi gonfi. Devo aver pianto mentre dormivo, proprio come nel sogno. Andai al bagno e, lavandomi il volto, guardai il mio riflesso. Ho bisogno di una doccia.

Pov Harry.

Ero stanco di rimanere sdraiato sul letto a non far nulla. Mi alzai e guardai fuori dalla finestra, verso una piccola finestrella illuminata dall'altra parte della strada.

Quella era la casa di Adele; sì abitava davanti a casa mia, era per questo che lei e Gemma erano diventate amiche. Guardai la figura muoversi in quel mare di luce e fu allora che la vidi.

Lentamente si sfilò la maglia, lasciando scoperte le sue curve, alquanto perfette. Si tolse i pantaloni e chiusi gli occhi. Per un attimo cercai di immaginarmi di fronte a lei ad accarezzarle la schiena, le braccia e farla mia. Ehi Styles, ricordati che è per la scommessa. Sorrisi malizioso e poi non vidi più nulla; aveva tirato la tenda.

Pov Adele.

Tirai un sospiro di sollievo, ringraziando di essermi accorta in tempo che quel maniaco di Styles mi stava spiando. Tirai la tenda del bagno ed entrai in doccia, lasciandomi cullare dal getto caldo.

She wrote on her armsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora