Capitolo 3

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Una cosa che mi aveva sempre stupito di quella ragazza era la sua spontaneità. Se aveva in mente di fare una cosa, la faceva senza pensarci troppo. Infatti, aveva invitato anche gli amici di Harry e Niall, il biondino che avevamo conosciuto a scuola.

Me li ritrovai davanti non appena la raggiunsi. Louis, Liam e Zayn mi salutarono e raggiunsero Harry che era arrivato dietro di me. Niall, invece, rimase in disparte. Mi avvicinai sorridente.

“Niall – dissi entusiasta – è davvero un piacere averti qui”. Lui alzò le spalle sorridente e, assieme a Gemma, lo accompagnai nella sua camera. Lungo il corridoio sentivo la costante presenza di uno sguardo su di me. Alzai il volto e ritrovai i suoi occhi color smeraldo che mi fissavano. Tirai un sospiro e proseguii.

“Mi spieghi che ha tuo fratello?” chiesi non appena Gemma chiuse la porta alle sue spalle. Niall si sedette sul letto a gambe incrociate e ci guardò incuriosito.

“Ma che ne so! – rispose alzando le braccia al cielo – ha il cervello talmente strambo che nessuno psicologo riuscirà a curarlo”.

Sbuffai e mi sedetti accanto al biondo. “Mi spiegate che succede?”.

Roteai gli occhi e appoggiai la testa alla sua spalla.

Una bambina se ne stava seduta su un muretto del parco della scuola elementare, da sola. Guardava le punte bianche delle sue scarpe, mentre le lacrime rigavano il suo candido viso.

“Ehi”. La bambina alzò lo sguardo e si ritrovò a fissare sue grandi occhi verdi. Grandi come le pietre di uno degli anelli di sua madre. “Perché piangi?” continuò curioso.

“Un bambino mi ha spinto per terra – rispose, tirando su con il naso – e mi sono fatta male”.

Il bambinetto, dai capelli biondi, si avvicinò e allacciò le braccia attorno al collo della bambina abbracciandola. “Adesso ci sono io, smettila di piangere”.

Si asciugò le ultime lacrime e diede un tenero bacio sulla guancia paffuta del bambino che posò la sua manina dove le labbra si erano poggiate.

“Adele”. Una voce mi risvegliò dai miei pensieri. Gemma mi stava sventolando una mano davanti alla faccia, facendomi anche un po’ d’aria.

“Scusatemi” risposi. Mi alzai, salutai e corsi in camera mia. 

"Io sono forte". Ripetei quelle tre parole diverse volte, mentre fissavo il soffitto bianco della stanza. Stavo resistendo più che potevo ed evitavo di rifugiarmi in bagno con una lametta in mano. Chiusi gli occhi e respirai profondamente. Come poteva essere riaffiorato quel ricordo che avevo tentato di rimuovere dalla mente? Harry, in realtà, c'era sempre stato.

Mi alzai a sedere e massaggiai entrambe le tempie.

“Lo sia vero che io ci sono per te?”. Al posto del bimbo dai capelli biondi e lisci, c’era un bel ragazzetto con definiti ricci castani e quei bellissimi occhi verdi che riprendevano illuminati dal sole.

“Sì” rispose Adele arrossendo. Si asciugò le lacrime con le maniche della felpa e guardò il bambino sorridente. L’unica certezza che poteva avere una bambina di otto anni, come lei, era che lui, il suo migliore amico, l’avrebbe protetta sempre.

Sentivo le lacrime scendere contro la mia volontà. Corsi in bagno afferrando il beautycase. Era lì dentro; la mia unica ancora di salvezza. Sapevo che era sbagliato, ma mi faceva sentire bene e leggera. La presi, rigirandola tra le mani. Luccicava nel palmo della mano. Inspirai più aria che potevo e l’appoggiai al polso sinistro, applicando una leggera pressione che andava aumentando.

She wrote on her armsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora