Capitolo 7

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Me ne stavo seduta a terra, ai piedi del letto. Guardavo incessantemente la porta della stanza, sperando che da un momento all’altro Harry sarebbe entrato e mi avrebbe chiesto scusa. Forse sognavo troppo.

Buttai la testa all’indietro, per poi appoggiare una mano sul polso sinistro fasciato da una piccola garza che avevo trovato nella cassetta del pronto soccorso sotto il lavandino.

Il soffitto colorato di blu e decorato con delle stelle, mi faceva provare una stana tranquillità interiore, proprio come se stessi facendo Yoga.

Non ero riuscita a rimanere forte e ad allontanarmi da quella cosetta luccicante che reputavo come un’amica. Anche quella volta, ero stata troppo debole.

Bussarono alla porta. Non avevo voglia di alzarmi per andare ad aprire. Non avevo voglia di vedere nessuno. Ma forse era Gemma che voleva sapere come stavo.

Mi alzai e cominciai a scendere le scale, mentre il mio ospite bussava incessantemente alla porta. sbiascicai un “arrivo” e il continuo bussare cessò.

Aprii la porta. “Adele..”.

Il respiro si fece tremendamente pesante ed insopportabile. Tra tutte le persone che sarebbero potute venire a chiedermi come stavo, lui era l’ultima di tutte queste. Cercai di richiudere la porta, ma veloce la bloccò con un piede.

Alzai le braccia verso l’alto e andai in cucina. “Sei venuto a dirmi: non è quello che sembra.. è stata lei.. eccetera eccetera eccetera?”

Lo sentii chiudere la porta ed entrare nella stanza, sedendosi al tavolo. Cominciai a preparare il tè. Possibile che anche quella volta mi ero dimenticata di comprare il cacao per la cioccolata?

“Adele..”.

Il mio nome pronunciato dalle sue labbra, aveva un suono tremendamente dolce e travolgente. Continuai a strimpellare con il pentolino e il fuoco, cercando di non sentire quello che aveva da dirmi: non c’era scusa che reggesse, sicuramente.

“Adele!” urlò alzandosi e afferrandomi per i polsi. Una scossa di dolore si estese in tutto il mio corpo. Sentivo gli occhi lucidi. Troppo lucidi.

“Harry – sbiascicai – lasciami.. mi – mi fai male”. La presa si allentò e mi lasciò andare, rimanendo immobile davanti a me.

“Perdonami” bisbigliò. Mi avvolse tra le sue braccia e mi sembrò, forse, di aver intravisto sul suo volto una piccola lacrima scorrere velocemente.

Mi scostai prendendogli il volto tra le mani. Essere innamorati vuol dire saper perdonare, giusto? Annullai la distanza tra le nostre labbra.

“Ti – ti va di uscire con me?” chiese, appena prima di andarsene. Annuii.

“Venerdì pomeriggio, passo a prenderti alle otto, okay?”.

“Sì” risposi. Prima di andarsene mi lasciò un altro bacio.

***

Mercoledì pomeriggio.

Stare a scuola era sempre stato così noioso, ma da quando io e Harry avevamo cominciato a frequentarci era diventato più divertente.

Passavo spesso la ricreazione e la pausa mensa con loro. In poco tempo la voce che avrebbero partecipato ad X-Factor si era diffusa in tutta la scuola e ogni volta che qualcuno li vedeva tutti assieme si faceva fare una foto con loro.

Stavo camminando per il corridoio con Gemma. Dovevo arrivare al mio armadietto per prendere un quaderno che avevo dimenticato, quando inciampai.

Gemma mi afferrò prima che potessi fare un capitombolo. Quando mi rialzai vidi Victoria e Jennifer ridere tra di loro. “Ehi Torres, non ti reggi più in piedi? Sei diventata una pappamolle?” urlò Jennifer per farsi sentire da tutto il corridoio.

Sbuffai senza farmi vedere e raggiunsi il mio armadietto con Gemma.

“Ti avevo detto – cominciò Victoria, chiudendomi lo sportello di scatto – di stare alla larga da lui”. La guardai e, prendendo Gemma per mano, me ne andai.

Entrai in classe, andando a sedermi al solito posto, davanti a Harry. Mentre camminavo tra i banchi, sentivo il suo sguardo pesare su di me.

“Signor Styles” lo richiamo la Greeks, l’insegnante di biologia. Al quarto anno della mia carriera scolastica, non era ancora riuscita a far breccia nel mio cuore. Harry scostò lo sguardo dal mio per posarlo su quello dell’insegnante.

“Dato che lei e la signorina Torres non avete il compagno di banco, si potrebbe spostare vicino a lei?”.

Harry si alzò con nonchalance sotto lo sguardo di tutti e si sedette accanto a me, per poi rivolgermi un sorriso a trentadue denti. Guardai verso Jennifer che era diventata rossa in faccia. Se non la conoscessi, non penserei mai che, finita la lezione, non andrà dalla sua amica Victoria a spifferarle tutto.

Harry mi prese la mano e intrecciò le nostre dita. Chiusi per un attimo gli occhi. Tutta quella situazione era davvero strana. Fino a poco più di due settimane prima, lui era il ricciolo che più non sopportavo al mondo, ora invece ce ne stiamo mano nella mano ad ascoltare la noiosa lezione della Greeks, come se fosse la cosa più normale.

Venerdì mattina.

POV Harry

Avevo deciso di parlare con i ragazzi durante la ricreazione per annullare la scommessa. Avevo perso. Li trovai seduti tutti, tranne Niall, alla solita panchina, mentre Zayn finiva di fumare la sua sigaretta.

“Ragazzi” dissi salutandoli. Loro alzarono il capo e una mano in segno di saluto per poi tornare a parlottare tra di loro. Mi sedetti accanto a Louis.

“Ho deciso di annullare la scommessa” dissi d’un fiato, ma facendomi sentire da tutti. Si voltarono verso di me e sorrisero, confessandomi che non vedevano l’ora che lo facessi.

Rimanemmo seduti a parlare fino alla fine della pausa, per poi rientrare a sorbirci altre due ore di lezione.

Povero ragazzo, se solo avesse saputo che c’erano persone, in quella scuola, che sentivano molte più cose di quelle che avrebbero dovuto sentire. La biondina aveva affinato il suo udito, dopo molto tempo, per ascoltare tutti i pettegolezzi della scuola ed essere sempre aggiornata. Quello che aveva sentito quella mattina le si presentò su un piatto d’argento, facendole subito maturare l’idea di aver procurato un biglietto di sola andata per Adele ed essersene, finalmente, liberata.

POV Adele

Di solito non ero molto agitata, ma quel pomeriggio l’ansia mi stava mangiando lo stomaco. Continuavo a fare su e giù per la mia stanza dando, di tanto in tanto, una sbirciata all’armadio per scegliere un vesti da indossare.

Me ne stavo seduta a gambe incrociate sul letto, ancora in tuta, quando il campanello cominciò a suonare. Scesi velocemente per vedere chi fosse, ma quando arrivai, davanti alla porta c’era solamente una busta bianca.

She wrote on her armsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora