Capitolo Sette

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Non vi siete parlati per due giorni.
O meglio, vi siete parlati, sì, ma solo per quanto concerneva le argomentazioni abitudinarie: pozioni da assumere, 'Giri la testa, devo scioglierle le bende'... Richieste di questo genere, e ogni conversazione o semplice sporadica frase che vi siete rivolti non ha mai abbandonato il sentiero del puro rapporto medico-paziente.
Non hai chiesto altro, nella tua mente, fino a quel momento, ergo la cosa dovrebbe arrecarti sollievo, o comunque darti quella sorta di calma interiore che trovi sempre – o quasi sempre – quando finalmente vieni lasciato in pace.
Eppure c'è ancora qualcosa che ti irrita. Hai ancora un peso sullo stomaco che ti fa salire l'amaro in bocca, sei ancora... insoddisfatto. Sicuramente non basta il fatto che lei smetta di fare la 'carina', per farti contento, dovrebbe proprio andarsene.
Ecco, è questo il fatto.
Ma sai che non accadrà, quindi, per tutto il tempo che verrà, convivrai comunque con quella sensazione alle viscere.
Dannazione.
Non che poi tu faccia qualcosa di diverso rispetto a quando trascorrevi l'estate a casa, lontano da Hogwarts, alla fine di ogni anno scolastico, quindi la situazione, ritrovato il silenzio, in quella casa, non dovrebbe continuare effettivamente ad infastidirti.
Sì, era la semplice presenza di O'Dampand, non c'era dubbio.
"Il pranzo." Sono le uniche parole che ti rivolge attirando la tua attenzione, in quel momento.
Sì e no la quinta e la sesta della giornata
Ci metti un po' ad arrivare in cucina, lei neanche si disturba a chiederti se hai bisogno di una mano, e di nuovo la cosa ti infastidisce,sebbene tu sappia che è questo che vuoi. Finalmente cambi stanza, e sul tavolo trovi due piatti pronti, posti uno di fronte all'altro. Pronti in tutti i sensi, sono quelle specie di zuppe che basta riscaldare in pentola, d'altronde. Oh, ma tu non sei mai stato un buongustaio, ti sei sempre adeguato.
Certo, Hogwarts ti ha abituato a ben altri standard, ma di sicuro non farai lo schizzinoso. O magari sì, solo per la soddisfazione di rimproverarle qualcosa; dopotutto, dopo la strigliata su Harry Potter, non vi siete più parlati, si, e neanche avete più litigato. Forse non sarebbe tanto male farle un commento acido.
O magari no, perché sai che ti risponderebbe a tono seduta stante, e una conversazione con lei non la vuoi, dopo che si è dimostrata ancora più stupida e, per questo, insopportabile.
Ecco, è veramente insopportabile.
Ti sistemi al tuo solito posto e fissi il piatto che hai davanti. Lo stomaco ti si contorce. Non stai mangiando molto, di recente, si vede dal fatto che i tuoi zigomi sono sporgenti persino sotto la barba – non l'hai ancora tagliata, a chi dovrebbe importare? – le dita delle mani ossute, e la vita di sicuro non è stata mai più stretta di così. Sai che, probabilmente, se tu indossassi un sacco di tela sformato non si noterebbe alcuna differenza con i vestiti che hai addosso.
Il giorno prima hai dovuto interrompere il recente silenzio tra te e O'Dampand per chiederle tra i denti di farti un altro buco alla cintura.
Lei ti ha guardato con disapprovazione, quasi con rimprovero, ma poi ha semplicemente risposto che andava bene ed ha preso tutto l'armamentario occorrente.
È la tua curatrice, non la tua nutrizionista.
"Oggi pomeriggio presto dovremo andare al San Mungo." Ti dice ad un certo punto lei, ma sei talmente assorto e con lo sguardo perso che sul momento neanche le fai caso, sebbene lei abbia finalmente interrotto il silenzio.
No, non finalmente. Purtroppo.
"Davvero?" Rispondi.
"Deve farsi controllare, ogni tanto, se l'è dimenticato?"
Annuisci. "Ogni due settimane. Lo so."
Sono passate solo due settimane. Oppure 'sono passate già due settimane'. Non sai quale versione preferire, di preciso.
"Bene." Fa lei, e, dopodiché, non dice niente altro.
Presumi che la breve conversazione sia finita.
"Quindi veda di mangiare quello che le ho messo davanti."
No, l'hai pensato troppo presto, evidentemente.
"Aveva detto di non essere la mia balia, si attenga a tale dichiarazione."
"Se muore per mancanza di cibo, questo comporterà una nota rossa sul mio curriculum." La sua espressione è puro sarcasmo "Sarebbe una scocciatura."
"Stia tranquilla, se vuole firmerò una dichiarazione in cui la sollevo dalle sue responsabilità, in questo determinato campo."
A quel punto fa una faccia seria, continuando a rimanere in piedi a fissarti. In questo modo ti guarda dall'alto in basso, e non ti piace.
Hai sempre pensato che tra gli elementi per incutere qualcosa – che sia timore, rispetto o altro – l'altezza fosse qualcosa di piuttosto indispensabile. Certo, a meno che non voglia ricorrere ad altri... metodi.
Ma tu, che tendi a parlare più che a menare le mani, sai che guardare dall'alto una persona, anche continuando a parlarle in maniera più che tranquilla, mette l'altra persona abbastanza in soggezione.
Perché in molti uffici i direttori hanno le proprie poltrone rialzate rispetto a quelle che si trovano dall'altra parte della scrivania? Perché la statura crea così tanti complessi di inferiorità anche a gente alla quale l'estetica importa relativamente?
Per questo vorresti che lei si sedesse. In quel modo le cose ritornerebbe al loro... livello naturale.
E invece no, rimane in piedi e a fissare te con quella faccia.
"Non ne ho voglia. Lo capisce, sì?" Puntualizzi.
"Oh, suvvia, non mi racconti fandonie."
"Devo metterle anche questo per iscritto?"
Lei alza entrambe le sopracciglia. "Per favore, signor Piton..."
"Non mi sembra così indispensabile."
"Cosa?" Stavolta sembra genuinamente sorpresa, come se tu abbia detto chissà quale bestialità "E che vorrebbe fare, lasciarsi morire sul serio di fame?"
Magari il tuo inconscio ha già formulato una risposta due settimane fa. Ora la tua parte conscia richiede suggerimenti dalla sua sorella più recondita. È una risposta con cui concorda?
Nel frattempo non rispondi; ma, tanto, anche nel caso in cui tu avessi voluto dire qualsiasi cosa, anche che saresti stato disposto a mangiarti un bue, O'Dampand era già partita a parlare a raffica.
Magari sta recuperando il tempo perso senza parlare di quei giorni.
"Lei mi ha chiesto se la conoscessi già, signor Piton, beh... non è difficile non conoscerla: lei è uno dei sopravvissuti della guerra!" Continua infatti "E... E... Non fa altro che starsene lì con la faccia come se volesse uccidere tutti! Beh, certa gente è morta sul serio."
"Ma io no."
"No, lei no, infatti! E quelle persone, se potessero, farebbero subito a cambio di posto con lei!"
"Farei uno scambio del genere immediatamente, signorina O'Dampand."
... E' questa la risposta?
Sorpresa, sul suo viso. Beh, anche qualora non fosse la risposta che cerchi, è valsa la pena averla detta solo per la sua faccia.
"E' serio?"
"Effettivamente ho un senso dell'umorismo tutto mio, ma perlopiù sono una persona non incline alle battute ludiche, no."
A quel punto lei si siede, probabilmente sconvolta.
Oh, sì, ne è valsa proprio la pena.
"Perché dovrebbe? Perché anche solo le viene in mente?"
"Quanta preoccupazione, O'Dampand, ha davvero paura di quella nota rossa, allora."
"Perché è così ingrato alla vita?"
Ingrato alla vita? Se non fossi sicuro del fatto che lei sia più che seria, data la natura del discorso, penseresti che sia una delle migliori battute dell'anno.
Come semplicemente osa pensare una cosa simile? Ingrato alla vita? No, non che tu ogni giorno ringrazi il Cielo di esserti svegliato di nuovo, ma... Chi, al posto tuo, sarebbe così gioioso di svegliarsi? E lei lo dice con così tanto... stupore, e anche con un certo dispiacere. E' evidente che non ti conosce per niente, né che abbia mai passato un singolo giorno anche solo vagamente somigliante ad uno dei tuoi.
"Ingrato? Alla vita?" Ripeti per la terza volta, ma stavolta ad alta voce "Quale vita? Quella che ho avuto io di sicuro non può considerarsi tale!" Ti viene naturale alzare il tono di voce "Qualsiasi cosa io abbia avuto – perché vita non era – avrei preferito finisse prima che venissi portato al San Mungo!"
Hai il fiatone.
Ecco, è questa la risposta. È venuta fuori da sola, e l'inconscio aveva ragione, quindi. In fin dei conti, eri anche sicuro di saperlo già da prima.
"Prima che Harry Potter la portasse all'ospedale, sì..."
"Sì, proprio Potter. Una cosa giusta non riesce proprio a farla."
O'Dampand scuote la testa, visibilmente demoralizzata.
"Ecco perché ce l'ha tanto con lui da cacciarlo via di casa."
"Lo so che lei mi reputa ingrato anche verso di lui, non c'è bisogno che me lo dica apertamente."
"Io no ho detto nulla."
"Non mi prenda in giro..."
Potrebbe anche essere questo il motivo che l'ha spinta a smettere di parlarti, per solidarietà verso Potter. Oltre che come conseguenza alla tua sfuriata, certo, ma d'altro canto, per una come lei, in effetti due giorni già stavano cominciando a sembrarti eccessivi.
È sempre per Potter, anche ora.
Oh, che pensiero lodevole.
Guarda verso il basso, lei, sui piatti di minestra ormai freddi, pensierosa. Di certo, probabilmente, non si aspettava una simile dichiarazione. Anche le labbra assumono una posa che fa pensare al suo stato d'animo; sono quasi arricciate.
"A quanto pare, però, una cosa non l'ha considerata." Dice poi, rialzando improvvisamente gli occhi su di te.
Sul momento ti limiti ad inarcare un sopracciglio, e lei probabilmente lo interpreta come un invito a proseguire.
"Anche... Anche se 'in ritardo', non può pensare che quella di ora sia una vita?" Continua, infatti "Lei dice di non averla mai avuta; ora, però, può cominciare a costruirsene una, immagino. Se non pensa di essere ingrato con il passato o con il presente, almeno non sia stupido e superbo nei confronti del futuro."
Sei ancora con il sopracciglio alzato.
"Lodevole discorso. Certo." Rispondi "Peccato che ciò che mi si prospetta davanti non sia un panorama dei più idilliaci."
"A cosa si riferisce?"
"O'Dampand, per quale diamine di motivo lei è qui?"
Inaspettatamente sul suo viso non compare altro se non un piccolo sorriso.
"Oh, scommetto tutto quello che vuole che entro la fine dell'estate lei non avrà più neanche bisogno di me."
"Certo, perché sarò morto."
"No, non per quello." Lei rotea appena gli occhi, prima di tornare a guardarti "Perché si sentirà meglio, sarà guarito e io tornerò ad occuparmi di qualcun altro."
Fai uno sbuffo di derisione, a quelle parole.
"Se questo mai accadrà, O'Dampand, mi taglierò i capelli."
Il suo sorriso aumenta appena.
"Bene, signor Piton. Allora mi premunirò di un paio di forbici adatte."
Quella conversazione molto sicuramente la considererai rivoltante e stucchevole e inappropriata di lì a qualche secondo; ma sul momento non pensi proprio a niente.
Per quanto riguarda lei, invece, pare che l'aver affrontato un argomento che riguarda il tuo... approccio alla vita, le abbia fatto sciogliere la lingua. Sicuramente più di prima, almeno.
Eppure non sei veramente sicuro che tutto questo ti dispiaccia, in fin dei conti.
Finché O'Dampand continuerà a parlare di cose perlomeno intelligenti, probabilmente riuscirai a sopportarla. Meglio così, in effetti, piuttosto che quel silenzio che ti irritava costantemente, perché – adesso l'hai capito – era un silenzio teso. Teso perché lei aveva quelle sue preziosissime considerazioni che avrebbe voluto lanciarti addosso e che invece teneva esclusivamente per sé.
Non che tutto quel che lei veramente pensa di te ti stia necessariamente a cuore, ma se ascoltarla mitiga l'atmosfera anche di poco... meglio. Mezza cosa in meno a cui pensare, tra le innumerevoli.
Tanto ti limiti ad ascoltarla e – al massimo – a risponderle a tono; mica le dai ragione.
Proprio per questo, alla fine, non pranzi. Non solo non hai fame, al momento, ma almeno per quel giorno si tratta proprio di una questione di principio.
Lei ti guarda comunque con rimprovero, a quella tua decisione.
Che ingiustizia.
Eppure, mentre ti prepari per andare al San Mungo, quel giorno, il discorso affrontato da poco non fa che tornarti in mente.
Oh, no, non perché la tua corrotta anima vi ha visto chissà quali illuminanti principi o sproni a fare chissà cosa. Semplicemente ti ritorna in mene e basta.
Ti vesti, allora, pensando bene di darti una mossa, sebbene quel giorno i tuoi movimenti siano anche un po' più lenti del solito... del 'solito' che è diventato tale nelle ultime settimane, almeno.
Quando sei pronto, uscite. Non è buio come quando hai fatto il medesimo viaggio, solo che al contrario. Era stata scelta la notte come espediente naturale per far sì che tu fossi nascosto ad occhi indiscreti; ora non sei nascosto dall'oscurità, eppure nessuno pare comunque fare caso a te, sebbene gli occhi indiscreti potrebbero esserci comunque: vicini, anche i soliti giornalisti o ficcanaso qualunque. Ti si potrebbe dire che sei talmente egocentrico da dare per scontato che tutti stiano lì, frementi, ad aspettare che tu metta il naso fuori di casa, ma solo Merlino sa quanto passare inosservato in realtà ti stia bene, in quel momento.
"Le dà fastidio la Smaterializzazione?" Ti chiede allora O'Dampand, non appena svoltata in un vicolo ancora più deserto.
"No." Rispondi seccamente. Solo dopo una manciata di secondi continui la frase "Mi sposto sempre così, ergo non mi crea disturbi di alcun tipo."
"Bene, meglio così."
E subito ti lasci guidare da lei in una Smaterializzazione congiunta, al termine della quale senti un incomprensibile senso di nausea. Perfetto, il tuo fisico continua imperterrito ad essere di impaccio, ora si diverte persino a contraddire le tue stesse risposte. Che odio.
Ma, nonostante questo, la sensazione svanisce quasi subito, e il San Mungo ti compare a poca distanza non appena i tuoi occhi rimettono a fuoco l'ambiente; guardi la grande struttura mentre O'Dampand comincia a camminare di nuovo, e tu con lei. Tremi appena per il fatto che incontrate qualche sasso di troppo lungo la strada, e tra te e te inveisci contro chiunque sia stato a ritenere soddisfacente il manto stradate tanto da pensare di poterlo lasciare così. Uno di questi sassi finisce anche per bloccare una delle ruote anteriori di quel trabiccolo su cui ti ritrovi, e O'Dampand deve per forza fermarsi e toglierlo di lì.
"Witherington aveva troppo da fare per potermi venire a prendere lui?" Chiedi a quel punto, e nel frattempo la tua... accompagnatrice ricomincia a spingere la tua sedia con le ruote.
"Qualcosa non va in come la sto portando io?"
Ponderi un momento se rispondere in maniera affermativa o negativa, e poi decidi di evitare l'impaccio direttamente.
"Mi diverte... stuzzicarlo."
"Lo fa anche con me, sa, signor Piton?"
"Sì, ma lei ha spesso e volentieri una rispostaccia pronta. Non c'è divertimento."
Rispostacce discutibili, certo, ma immagini che lei lo sappia già da sé.
Quando arrivate oramai in prossimità dell'entrata del Sam Mungo, in ogni caso, non puoi fare a meno di notare che lì non vige la stessa desolazione di Spinner's End. Ti importa poco che si trattino di giornalisti o meno, sono quantomeno persone, persone che non esiteranno a dirti cose che ti faranno ribollire il sangue per un motivo o per l'altro, e che ti guarderanno con quello sguardo che non hai dovuto più sopportare in quelle ultime settimane.
Perché O'Dampand non ti guarda come Sherman, per esempio, e neanche come Witherington, e men che mai come L'altro.
Non ci hai neanche mai fatto caso.
"Mmh." Fa poi lei proprio in quell'istante "Lei che ne pensa, signor Piton?"
"Di cosa, della società odierna, dell'universo, o di qualcosa in particolare?"
"In verità avrei voluto chiederle qual è secondo lei il senso della vita, ma temo che la sua risposta potrebbe non piacermi."
Inarchi un sopracciglio, anche se lei, trovandosi dietro di te, non può affatto vederti.
"Comunque..." Continua allora "Intendevo un'altra cosa, ad essere sinceri, ma credo che anche agendo di testa mia potrei stupirla."
"Attenzione, O'Dampand, numerosi disastri storici probabilmente sono accaduti proprio dopo che qualcuno ha pronunciato una frase del genere."
"Così come tanti colpi di genio. Aspetti un attimo."
Si muove, allora, ed un momento dopo si ferma non molto lontano, in un punto che però vi cela alla vista di tutti. Si mette davanti a te, allora, e vedi che in mano ha anche la sua bacchetta.
Il sopracciglio ti si alza nuovamente, praticamente in automatico.
"Disillio." Dice, puntando prima la bacchetta su di te e poi su se stessa.
In un batter d'occhio la vedi letteralmente scomparire da sotto il tuo naso. Beh, quasi. Un Incantesimo di Disillusione ben fatto, devi ammetterlo – a mente, non a voce – ma non perfetto. Ma d'altronde quasi nessuno è capace di scagliarlo alla perfezione, neanche tu, con molta probabilità. Giusto il Signore Oscuro o Albus erano tanto bravi da riuscirci. Proprio per questo motivo, sebbene O'Dampand, ad un veloce sguardo, potrebbe risultare del tutto invisibile, in realtà, guardando bene, puoi ancora notare i suoi contorni.
Supponi che anche tu e tutta l'attrezzatura mobile che ti porti dietro abbia avuto la stessa sorte.
Incredibile come abbia indovinato i tuoi pensieri di poco prima.
"Come sto?" Fa allora lei.
La vedi muoversi, e intuisci, a rigor di logica, che stia mettendo a posto la sua bacchetta.
"E' sublime non poterla vedere, O'Dampand." Rispondi con un ghigno che lei con molta probabilità neanche può scorgere.
"Per una volta concordo pienamente, sa?"
"Grazie per il complimento."
Detto ciò la senti – e la intravedi appena – tornare dietro di te, e capisci di aver indovinato, dato che un momento dopo riprendete a muovervi; in men che non si dica tornate sui vostri passi, verso l'entrata principale del San Mungo, ma ora sai di poter passare inosservato tra le persone.
Certo, sempre che non andiate a sbattere contro qualcuno, ma questo va a discrezione di O'Dampand. E, in ogni caso tu, potrai sempre darle nuovamente la colpa delle sue mancanze. Però va tutto liscio, invece: ci sono persone, sì, ma non c'è una gran folla, né una calca di gente che si spinge a vicenda per poter entrare all'ospedale. Dopo due settimane, sebbene sia relativamente un tempo neanche troppo lungo, supponi che la situazione si sia più o meno normalizzata e il senso di panico notevolmente affievolito. Grazie a questo, riuscite ad entrare passando per anonimi individui nella più totale tranquillità.
Passando loro accanto ti soffermi a guardare i loro visi, sapendo di non poter essere visto a tua volta. Nessuno si può dire che abbia un'aria propriamente... felice: alcuni sembrano assorti tra i loro pensieri, altri hanno il volto scavato, proprio come te – o quasi. Nel migliore dei casi l'espressione di quelle persone rimane seria, stanca.
Bah, per quanto la situazione non sia idilliaca, di sicuro tu sei messo molto peggio di loro. Se solo a loro fosse capitata anche solo una parte delle cose che sono successe a te, avrebbero espressioni ben più afflitte, sui loro visi.
Puoi anche smettere di guardarli, dato che la loro situazione non ti crea nessun giovamento.
Superate l'ingresso del San Mungo, a questo punto, il grande cartellone con su scritti i vari piani e i vari reparti, sapendo bene che tu sei diretto all'ultimo di essi. Ah, che gioia. Entrate in un ascensore, allora, e, da come la senti muoversi, intuisce che O'Dampand si sta riposizionando di fronte a te.
Ecco, sì, guardando bene adesso puoi vedere la sua sagoma un po' più opaca contro la parete marroncina dell'ascensore.
"Tutto bene?" Ti chiede lei mentre con un colpo di bacchetta pone fine al suo Incantesimo di Disillusione.
Prima su di sé e poi su di te, come prima.
"Oh, magnificamente, non si vede?"
Lei fa bellamente finta di scrutarti.
"Nah, forse era meglio trasparente."
Fa un leggero sorriso, lei, mentre tu alzi gli occhi al cielo.
Un paio di minuti dopo siete finalmente giunti a destinazione.
L'ultima volta che hai visto quel corridoio di giorno, era completamente pieno di gente, con tanto di Rita Skeeter in agguato. Ora invece non c'era quasi nessuno. Appena fuori dall'ascensore vedi un paziente solitario, in vestaglia e pantofole, camminare dalla parte opposta alla tua e fermarsi di fronte alla finestra per guardare di fuori. Ti chiedi chi possa essere; ma, in effetti, potrebbe essere chiunque.
Ti viene in mente che, a proposito, a non troppi metri di distanza dovrebbero alloggiare i signori Paciock, addirittura. Strano che tu non ci abbia pensato prima. Hai anche rischiato seriamente di incontrare il giovane Paciock in persona, pericolo che avrebbe dovuto metterti in guardia, ma, evidentemente, il tuo cervello aveva deciso, in autonomia, di averti dato troppe cose, già, a cui pensare.
Quando O'Dampand, comunque, ricomincia a spingerti, da dietro un angolo sbuca un'infermiera, che, quando vi vede, si blocca, semplicemente; poi ricomincia a camminare facendo finta di niente. Potrebbe essersi fermata perché per un momento ha rischiato di finirvi addosso, ma non ne sei completamente sicuro, a dirla tutta.
Percorrete il corridoio, allora. Da dentro le porte che ci sono ai vostri lati senti provenire qualche voce più o meno forte, più o meno giovane o squillante. In una di quelle stanze un guaritore sta litigando con un paziente che non vuole sedersi, ma O'Dampand non si ferma e, a pensarci, tutto quello, in fin dei conti, non interessa neanche te.
Da qualche parte risuona una musichetta, sicuramente proveniente da qualche radio.
Beh, d'altronde la stanza in cui sei stato per un po' non è molto lontana.
Il pensiero, però, ti abbandona subito, specie perché O'Dampand stavolta si ferma, proprio lì, in mezzo al corridoio.
"Che sta facendo?" Le chiedi immediatamente.
"Credo..." Si stacca da te, facendo qualche passo in avanti "Meglio se vado a cercare il professor Sherman, lo faccio venire qui, così deciderà lui dove dobbiamo dirigerci."
E certo, troppa fatica scarrozzarti per un corridoio praticamente vuoto; neanche a dire che è in salita.
"Quindi qual è la sua intenzione, lasciarmi qui ad aspettare?"
Ti ci manca solo di essere trattato come un pacco postale.
"Arrivo subito, solo... solo cinque minuti." Dice guardando davanti a sé – ovvero il nulla – prima di voltarsi nuovamente verso di te "Tanto immagino che non sarà come quei pazienti che... sa, bisogna tenerli sott'occhio costantemente, no?"
"Ah, intende i malati di mente."
"Beh... Sì."
"Chissà, O'Dampand, potrei sorprenderla." Dici "Ma adesso si muova, già stiamo tergiversando fin troppo."
Lei non se lo fa ripetere due volte e, in men che non si dica, scompare a passi veloci per il corridoio, percorrendolo tutto, e poi girando un altro angolo e scomparendo alla tua vista.
Anche tu avresti camminato così, volendo, a grandi falcate, magari anche facendo gonfiare il tuo mantello. O'Dampand va a passo svelto per sbrigarsi, tu lo avresti fatto per consuetudine.
Beh... Prima, certo.
Adesso è tutto così deprimente.
Ti passi la mano davanti alla fronte, sospirando. Non sai se desiderare veramente che O'Dampand si muova per far passare quella giornata il più velocemente possibile, in modo da tornartene a casa, ma a pensarci... non sarebbe cambiato granché, alla fin fine. Un posto valeva l'altro, in quel momento. Anche se ti fossi ritrovato in un ostello, in un monolocale, in un bar, per te non ci sarebbe stata nessuna differenza.
Forse ad Hogwarts la differenza ci sarebbe stata. In quegli umidi sotterranei, che di sicuro avranno dato una spinta incoraggiatrice a quella che sarà la tua futura cervicale. Forse lì ti sentiresti meglio.
Meglio... Certo. Come no. Specie considerando che Hogwarts, in questo momento, è molto somigliante al rudere che di solito vedono i Babbani al suo posto. Per non parlare che, tra tutta la gente che c'è lì, non è che saresti accolto a braccia aperte. Ah, beh, volendo, Potter può aver raccontato i fatti suoi persino a Mrs. Purr.
No, non ti sentiresti bene neanche ad Hogwarts, in questo momento. Decisamente no. Almeno prima Hogwarts sarebbe bastata.
Una bella prospettiva non potersi sentire appartenente ad un luogo a tal punto da poter considerare che qualsiasi posto – o quasi – andrebbe bene per te. Potresti essere ovunque senza sentirti da nessuna parte in particolare allo stesso tempo.
Un controsenso, certo, ma ultimamente ti sembra talmente tutto un grande controsenso...
... O'Dampand ci sta mettendo troppo tempo.
E poi, nella desolazione momentanea di quel corridoio, percepisci che O'Dampand è tornata, dato che senti qualcuno sistemarsi dietro di te. Immagini che tra un paio di secondi ti dica verso quale stanza dobbiate andare. Che strada abbia fatto per comparirti alle spalle in quel modo, puoi solo supporla.
"Oh, ma allora non ti sei trasferito in Polonia!"
... Prego?
No, quella non è decisamente la voce di O'Dampand, specie considerando che è la voce di un uomo. Uomo che un istante dopo ti ritrovi davanti.
Non riesci a non farti scappare un lamento.
"Allock..." Mormori.
"Sì!" Fa lui sorridendo come suo solito. Ma non gli farà male la mascella prima o poi? "Pensavo che fossi andato via!"
"Io sono andato via, Allock, sono venuto solo per una visita."
"Una visita a me, giusto? Ah, lo sapevo! Ho immaginato che, dato che non ho fatto in tempo a darti il mio autografo, tu potevi esserci rimasto male! Ecco perché sei tornato qui, dico bene? Eh? Eh?"
Oh, per Salazar.
"Senta. L'ultima cosa che voglio adesso è proprio blaterare con--"
"Ah, ma che hai fatto alla voce? E' così... gracchiante!"
E fa una risatina, tanto per far squillare la sua, di voce. Non sai neanche fino a che punto lui l'abbia fatto veramente apposta; forse è una reminiscenza involontaria di quando era ancora una persona... normale. Beh... 'normale'. Non che sia una gran perdita.
"Allock, chi è che l'ha fatta uscire? Non dovrebbe tornare in camera? Ma quanto può essere incapace l'infermiera che deve occuparsi di lei?"
"Giusto, giusto, la mia camera: è lì che tengo i miei autografi; ora ti ci porto subito!"
Oh, Merlino, rapito da un malato di mente con ancora manie di protagonismo.
Neanche fai in tempo a replicare, comunque, che Allock ti si è messo nuovamente dietro. E ha incominciato a spingere il tuo trabiccolo.
"Ehi, è divertente!"
Preferiresti che prendesse velocita e che vi spiaccicaste entrambi contro il muro.
Ti giri appena verso di lui, per quanto i muscoli del collo te lo consentano, allora.
"Allock, stia fermo, sto aspettando una persona."
"Beh, stavi aspettando me, no? Ma tanto io sono arrivato!"
"No, Allock. E stia fermo!" Con la mano provi a staccargli il braccio dalla sedia, ma non ottieni l'effetto sperato "Ed è pregato di darmi del lei, in ogni caso!"
"Ah, quante smancerie!"
... Probabilmente neanche sa che cosa sono, le smancerie.
"Ehi, un momento, che succede?"
Stavolta la voce alle tue spalle è sicuramente di O'Dampand. Finalmente. Devi farle notare che – sì – ci ha messo decisamente troppo.
Ti volti un altro po', allora, specie quando Allock si ferma sentendosi chiamato, e vedi quindi proprio O'Dampand venire verso te, assieme a Witherington. Ah, che bella rimpatriata.
Anzi, no. Tutto questo tempo per cercare Sherman e lei nemmeno lo trova? Bah.
"Signor Allock, quante volte bisogna dirle di rimanere in camera?" Fa subito Witherington non appena si avvicina a voi assieme ad O'Dampand.
Certo, subito dopo, in realtà, aver fissato te per un momento con un'espressione glaciale poi subito mutata in un sorriso, non appena i suoi occhi si sono spostati su Allock.
"Devo solo dare un mio autografo al mio amico, sa, me l'ha chiesto così insistentemente..."
"Oh, sì... Immagino, l'autografo al suo amico. Come no." Sarcasmo neanche troppo velato.
Tu alzi gli occhi al cielo prima di guardare male entrambi.
"Potremmo darci una mossa, di grazia?" Intervieni allora tu, riattirando l'attenzione di tutti su di te, anziché su Allock "Sono venuto qui per vedere Sherman – o il contrario, forse – e non per una gita turistica."
Witherington torna a concentrarsi su di te, mentre O'Dampand si occupa di portare via Allock.
"Ehi, ci vediamo!" Fa lui nella tua direzione, ma tu neanche lo guardi.
E così rimanete tu e Witherington. Ah, che bel tête a tête. Beh, dopotutto lo sapevi che l'avresti incontrato, no? Anzi, per un momento ne hai anche pregustato il... divertimento. Ma adesso non ne sei... propriamente così entusiasta. Specie se continua a fissarti così.
"... Ebbene?" Fai tu "Dov'è Sherman?"
"Il professor Sherman al momento è assente."
"Cosa? Non sapeva che sarei venuto, oggi?"
"Certo che lo sapeva, solo... aveva da fare. Ovviamente ci sono io, però, nel caso in cui non se n'è accorto, e posso occuparmi anch'io, di lei."
"Preferirei Sherman, grazie."
"Oh, andiamo, signor Piton, anch'io seguo il suo caso, proprio come il professor Sherman!"
Fai passare qualche secondo di silenzio.
E sospiri, prima di rispondere nuovamente.
"E sia, allora."
Witherington non aspetta un momento di più, allora, e comincia a condurti lungo il corridoio, senza neanche aspettare che O'Dampand ritorni. Ma lei probabilmente è troppo occupata a convincere Allock che non è conveniente andare a distribuire autografi a gente a caso. Lo speri. A meno che non se lo stia facendo fare anche lei, l'autografo.
Beh, si presuppone che non sia un'adolescente con gli ormoni in subbuglio, almeno. Non ti sembra.
In ogni caso, alla fine, tu e Witherington giungete nella sala in cui tempo prima hai fatto delle analisi, quella in cui Sherman ti aveva spiegato il suo lavoro nel voler produrre una nuova pozione che in qualche modo potesse esserti utile.
"Le spiego subito come stanno le cose." Immagini che per Witherington dover fare le veci di Sherman debba essere frustrante, dato il quantitativo minimo di parole che esce solitamente dalla sua bocca. Tu lo guardi come per dirgli di continuare, a quel punto "La sua situazione è stabile."
"Questo lo so già."
"Proprio per questo io e il professore abbiamo cercato di modificare la sua pozione quotidiana. Vi abbiamo aggiunto un composto che ha la funzione – come dire... di svegliare il suo corpo, e dovrà cominciare a prenderla da stasera stessa."
"Di svegliarlo..."
"Sì, di farlo reagire di nuovo."
"E qual è il nome di questo... 'Innerva in provetta'?"
Prima di rispondere Witherington fa una faccia strana, come di chi si sente colto in fallo.
"Beh... E' un composto sperimentale." Risponde infine.
"Capisco, fungo sempre da cavia."
Stavolta la sua espressione tende al risentito.
"L'ultima volta ha funzionato!"
"Dettagli."
Witherington assottiglia le labbra, offeso, come suo solito, e tu non puoi fare a meno di guardarlo con un piccolo sorriso soddisfatto.
All'incitazione immediatamente successiva del guaritore – 'Diamoci una mossa.' – allora, queste analisi cominciano, finalmente, e, a dirla tutta, durano meno di quanto ti aspettassi. Consistono soltanto in un mero prelievo sanguigno, nulla di più, dopo il quale però ti senti lievemente girare la testa, tanto che sei costretto a chiudere gli occhi per un po'. E dire che, invece, non ti sei mosso praticamente per niente. Quando li riapri, trovi Witherington intento a fissarti.
"Beh?" Ti viene spontaneo dire.
"Si sente bene?" Ti chiede, invece, lui.
"Bene, male... Al momento è tutto piuttosto relativo."
"Mmh." E' pensieroso, lui, ma tu smetti di curartene dopo due secondi netti.
Certo, fino a quando non ricomincia a parlare.
"La vedo dimagrito."
"Complimenti, è anche più perspicace dell'ultima volta che l'ho vista. E poi, su, non crogioliamoci in questi convenevoli da donne."
"... Quindi è dimagrito."
Lo guardi con un sopracciglio alzato.
"Gliel'ho appena detto." Rispondi.
Possibile che lui lo faccia apposta, ad uscirsene con domande così ovvie, ergo ridicole?
Lo guardi meglio in viso.
No, no, tutta spontaneità pura e semplice.
"Allora, abbiamo già finito o c'è altro?"
"No, no, abbiamo finito. La prossima volta parleremo dei risultati ottenuti."
"Bene."
"Vado a chiamare Serena."
E detto questo prende ed esce dalla stanza, lasciandoti lì come uno stoccafisso. Va a chiamare chi...? Ah, O'Dampand. La chiami così tanto solo per cognome ed ecco che neanche ti viene automatico collegare il nome Serena al suo viso. Eh... Grandi problemi.
Comunque entrambi ritornano dopo un momento soltanto, grazie a Merlino.
"Tutto bene, signor Piton?" Ti chiede subito lei.
"Sprizzo gioia da tutti i pori." Rispondi ironico.
Anche se lei, in effetti, ti sembra piuttosto... euforica. Beh, la cosa non si spiega facilmente: avete passato due giorni senza praticamente parlarvi o quasi, avete discusso prima di pranzo, e ora... Sorriso e 'come sta signor Piton?'.
Ecco, appunto, il sorriso si è, tra l'altro, appena ripresentato.
"Fosse così la porterei qui un po' più spesso, allora." Continua lei "Torniamo a casa?"
"A casa mia, prego, e non mi tratti come se fossi un poppante. Ha detto che non è la mia balia, giusto?"
Il suo sorriso si incrina. "Beh, sì, ma..."
"Allora non si comporti come tale. E muoviamoci, qui abbiamo finito. Giusto, Witherington?"
"Sì... Giusto."
Prima, però, Witherington consegna a O'Dampand una valigetta a tracolla nella quale vi sono abbastanza pozioni 'nuove' da somministrarti per le successive settimane, e solo a quel punto, allora, non rimane veramente che andarsene via da lì; O'Dampand, difatti, ti conduce subito fuori dalla stanza, e si incammina per il corridoio, lentamente – fin troppo – per avere il tempo di salutare il suo collega con un nuovo sorriso appena ritrovato.
"Allora ciao, Abner, ci vediamo la prossima volta."
"Certo." Risponde lui facendole un breve cenno con la mano "A fra due settimane."
Un'ultima occhiata allegra, e poi O'Dampand si gira per poter guardare dritta di fronte a sé e camminare un po' più veloce.
E poi... l'illuminazione. Lei aveva iniziato a fare la baldanzosa non appena vi eravate avvicinati al San Mungo, e il tutto aveva raggiunto l'apice proprio cinque minuti prima, quando lei è venuta da te e da Witherington. Sotto quest'ottica tutto pare infinitamente più chiaro. Lampante.
"O'Dampand." La chiami, allora.
"Sì, signor Piton?"
"Lei e il signor Witherington avete avuto una relazione?"
Per poco lei non ti manda a sbattere contro una colonna per aver momentaneamente perso il controllo del tuo 'mezzo di trasporto'.
"O'Dampand, è impazzita?!"
"Io... Scusi!" Lei riprende a camminare più o meno tranquillamente "Ma è lei che se ne esce con certe cose!"
"E' lei che sta... conducendo, la sua sbadataggine non è di certo colpa mia!"
La senti sbuffare, dietro di te.
"Quindi...?" La incalzi.
Come non notare che un simile argomento addirittura la turba? Finalmente viene fuori qualcosa di lei. Di te supponi che lei sappia ben più di quanto voglia ammettere, ora è il tuo turno.
"Come le è venuta in mente una cosa del genere?" Domanda, però, lei.
"Oh, se ne sarebbe accorto anche un cieco. Era tutta sorrisoni e sbattiti di ciglia."
"Sbattiti di ciglia? Oh, ma andiamo."
"Vuole che usi il verbo 'sbattere' in altri contesti?"
Lei si ferma dato che ormai siete arrivati agli ascensori, ma forse lo fa un po' troppo bruscamente, tanto che dondoli un po' in avanti con la schiena, sul momento. O'Dampand preme il pulsante per prenotare l'ascensore e poi si posiziona davanti a te, con lo sguardo duro e le mani all'altezza dei fianchi.
Oh, allora un modo per scalfirla c'è. Un modo così prevedibile, poi... Come hai fatto a non pensarci prima? D'altronde è una donna.
"A parte che non è che sarebbero molto affari suoi." Dice lei, e tu ghigni "Comunque. Io e Abner non siamo stati insieme e no, non stiamo insieme neanche adesso."
"Ne è sicura?"
Lei ti guarda con tanto d'occhi. "Crede che non lo sappia?"
"Oh, chiedevo soltanto. Le personalità multiple stanno diventando sempre più comuni."
L'ascensore arriva, e le porte si aprono con un lieve scampanellio magico. Anzi, no, a dire il vero c'è proprio una campanella attaccata al muro. In ogni caso, entrate, e lei tira fuori la bacchetta.
"E poi non ero tutta moine, io..."
"Moine, ecco, sì." Fai un lieve gesto in aria con la mano "Non mi veniva la parola."
"... E' solo che... Insomma, sono una persona competitiva, io, lo ammetto."
"E si fa strada nella vita lavorativa a suon di sorrisi..."
"Certo che no. Beh, vede..." Lei abbassa appena il tono di voce, come se qualcuno potesse sentirvi, in quell'ascensore "Lui si crede migliore. Probabilmente lo è, d'accordo, d'altronde un motivo per cui è l'assistente del professor Sherman ci sarà, ma ciò non vuol dire che tutti gli altri siano degli incapaci." Hai dei dubbi, a riguardo "Perciò oggi ho voluto fargli vedere che sono rilassata, tranquilla, allegra e che tutto sta andando alla grande e senza difficoltà. Che so gestire la situazione, insomma."
Cala il silenzio. Tu la guardi di sottecchi, a quel punto, dal basso verso l'alto, e dopo che lei si rende conto di cosa ha appena detto, si volta per un attimo da un'altra parte. Non arrossisce, però, non è donna fino a quel punto, immagini.
"Scusi."
"Immagino lei mi trovi un uomo... difficile, quantomeno, sì."
"No, solo... Ecco..."
"Ah, non menta. L'ha già fatto con Witherington, e ho capito subito che c'era qualcosa di strano. Non si renda ridicola di nuovo, O'Dampand."
Lei assume un'espressione quasi... contrita. Oh, immaginavi che quella convivenza sarebbe stata problematica, e fino a questo momento non hai fatto altro che avere ragione.
In ogni caso, dato che siete quasi giunti al pianterreno, lei punta la bacchetta contro di te.
"Disillio." Lo dice in una specie di sospiro.


Fuoco. Senti fuoco per tutto il corpo, ma non un fuoco che ti brucia la pelle e poi i muscoli, è un fuoco che viene da dentro. Divampa da non sai bene dove, ti scorre nelle vene come lava bollente, sale dalle tue profondità.
Ti senti corrodere. Senti le pareti delle tue vene dilatarsi, rimpicciolirsi, bruciare, sciogliersi.
Ti muovi nel tuo letto in un bagno di sudore, i capelli tutti attaccati alla faccia, la camicia da notte che ti opprime come se ti stesse stritolando. Ti manca il fiato, e non riesci ad inspirarne a sufficienza dell'altro.
Sei sicuro che prima o poi ti scioglierai. Il fuoco ti cresce dentro, ti brucia, e non sai come porvi rimedio.
Apri di scatto gli occhi, e all'inizio vedi solo tutto bianco. È buio, è notte, intorno a te, ma tu invece vedi tutto bianco e non sai perché; forse il fuoco è arrivato gli occhi, li ha consumati, e ora ti sta invadendo la testa.
Sei sicuro di starti lamentando ad alta voce, ma non ti senti, non senti nessun suono. Sai solo che fa male, tremendamente male, ne morirai, stai bruciando da dentro.
Poi, alla fine, il buio.

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