Capitolo Quattordici

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Mentre ti guardi intorno cerchi di ricordare il motivo per cui, poco prima, hai dato una risposta affermativa.
Devi aver pensato a qualcosa di preciso, magari anche a qualcosa di particolare, altrimenti, come hai fatto sempre, avresti risposto semplicemente di no.
Beh... sempre. È già successa una cosa del genere; una volta sola, certo, ma è comunque già successa.
Il punto, almeno, era che la scorsa volta già sapevi cosa avresti fatto, per quanto tempo, e, più o meno, anche dove. Ora, invece, è tutto in balia del caso, O'Dampand non vuole dirti niente, e, ad essere sinceri, stai cominciando a credere che neanche lei abbia veramente idea di cosa stia mai facendo.
Eppure, mentre 'camminate' sul marciapiede, la ragione per cui hai risposto di sì alla sua domanda ancora non ti affiora alla mente.
Forse hai passato un momento di totale debolezza, forse addirittura non eri in te, forse quella pazzia a cui, ogni tanto, rivolgi il pensiero si è finalmente mostrata in tutta la sua concretezza.
"Questo pomeriggio le va di uscire?" era stata la domanda di O'Dampand, infatti.
"Di uscire?" hai ripetuto tu.
Non che non avessi capito e volessi ricevere la conferma che almeno le tue orecchie ancora funzionassero bene. Eri solo... sorpreso.
Perché non era possibile che te lo stesse chiedendo per l'ennesima volta.
"Sì, di uscire. Potrebbe fare una passeggiata." ha risposto.
'Potrebbe', non 'potremmo'. Così si ottiene un effetto più distaccato, cosa che O'Dampand deve aver capito che preferisci di gran lunga. Forse, nel profondo, anche questa poteva essere l'acerbo frutto di una qualche astuzia da donna.
E tu hai detto di sì.
In realtà, mentre camminate sul marciapiede, passando di fronte ad un palazzetto d'epoca, potresti anche averla trovata, una sorta di plausibile motivazione al tuo comportamento: estenuazione. O'Dampand ti ha fatto quella domanda così tante volte che forse il tuo cervello si è rifiutato di far uscire dalle tue labbra la medesimo risposta di sempre. Forse voleva... variare.
Sì, la prossima volta che vedrai Sherman - la prossima volta che lui verrà da te - dovresti chiedergli qualche parere riguardo i primi sintomi della malattia mentale.
L'aria è fresca, però, non pungente da darti fastidio, e c'è anche il sole, anche se leggermente nascosto da qualche nuvola di passaggio. Quindi c'è il fresco - ma non troppo - e c'è il sole - ma non troppo - e O'Dampand sembra apprezzare questa particolare combinazione climatica.
Non che tu riesca davvero a vederla in viso, dato che cammina dietro di te. Per farlo, dovresti piegare all'indietro la testa - osservandola con una visuale inversa, oltretutto - ma, per Salazar, non ci tieni affatto, a farlo. Quando, però, passate di fronte alla vetrina di un negozio, di un ristorante, di una cartoleria - insomma, passate di fronte ad una qualsiasi vetrina - puoi osservare il suo riflesso. E sì, puoi confermare che ad O'Dampand quel clima piaccia. Sempre che stia pensando al clima, ovvio, ma non vedi altre cose anche solo lievemente piacevoli a cui possa pensare, sul momento.
Sul tuo riflesso, invece, cerchi di non soffermarti affatto.
Ma alla fine è piuttosto inutile - riesci ad ammetterlo a te stesso - rimuginare sul perché e sul percome O'Dampand sia riuscita nel suo intento, dato che hai addosso il tuo soprabito e che state camminando sotto alcuni alberi di passaggio.
Magari ha utilizzato una lieve Maledizione Imperius. Ma no, è impossibile, sei debole - non debole come all'inizio, ma sei comunque debole, sei malato - ma te ne saresti comunque accorto subito. E poi ti sei detto di smettere di pensarci, ormai il danno è fatto.
Così sollevi la testa, distogliendo gli occhi dalle tue ginocchia, e ti guardi seriamente attorno, stavolta. Credi che abbia contribuito ad attirare la tua attenzione il fatto che O'Dampand abbia rallentato fino a fermare se stessa e, di conseguenza, anche te, in realtà.
Siete fermi di fronte ad una caffetteria, e tu alzi leggermente la testa per poterla osservare meglio. È fatta completamente a vetri, tanto che riesci a vedere chiaramente quei pochi clienti che sono già al suo interno. A parte i larghi e altri vetri, a predominare è il colore bianco. Inarchi un sopracciglio, mentre la tua attenzione si sposta all'interno del locale: non corrisponde affatto all'esterno, è più... buio, scuro, non perché cupo, ma perché non è il bianco o qualche altro colore neutro, quello principale. Data la presenza dei grandi vetri, non ti è difficile studiare l'ambiente, la metà delle pareti di finta pietra - presumi sia finta, almeno - mentre le altre di legno, così come il pavimento, e i vari tavoli. E anche le sedie, sebbene i cuscini della seduta e dello schienale siano neri, invece.
A questo punto, però, giri leggermente la testa verso O'Dampand, dato che non ha neanche detto una parola. Non che il tuo esaminare abbia richiesto più di qualche secondo.
"Perché ci siamo fermati qui?" chiedi, infatti, attirando finalmente la sua, di attenzione.
Lei posa gli occhi su di te.
"Pensavo che sarebbe stata una buona idea fermarci un momento e prendere qualcosa. Un caffè, un tè, quello che vuole." risponde, e tu la guardi incerto "Stia tranquillo, signor Piton, glielo offro io."
Ignori l'ultima frase, dato che la tua espressione non è causata da un qualche pensiero sui soldi.
"Non credevo che a Spinner's End potesse esserci un posto del genere." è il tuo commento, non sai bene se rivolto più che altro a se stesso o pronunciato per continuare la conversazione con O'Dampand.
"Beh... Non siamo più a Spinner's End, abbiamo cambiato quartiere."
La tua espressione perplessa si accentua.
"Per quanto abbiamo camminato?"
Oh, non che tu non abbia fatto altro se non startene seduto, ma la frase, detta così, ti suona almeno dieci volte meglio. E ti appunti mentalmente che dovresti estraniarti dal mondo un pochino di meno, certe volte, e concentrarti su dove state andando, che la tua - o vostra - destinazione sia conosciuta o meno, o desiderata o meno.
"Abbastanza." fa O'Dampand, in ogni caso "In realtà, pensavo anche di riposare un po' i piedi." conclude, prima di emettere una piccola, quasi impercettibile risata.
"Mmh." è tutto quello che dici.
Guardi nuovamente l'entrata di quella caffetteria che non hai mai visto prima, facendo caso al fatto che non ci sia neanche nessuna insegna. Un luogo senza nome. È interessante.
E alla fine, sebbene dopo un altro paio di minuti, decidete di entrare. Non completamente all'unanimità, forse, ma alla fine vi ritrovate comunque dentro.
L'interno è esattamente come hai visto all'esterno, ma adesso hai anche la visuale del bancone, di legno anch'esso, ma più chiaro e visibilmente più recente rispetto - se non al pavimento e alle pareti - perlomeno ai tavoli e alle sedie. I tavoli, a proposito, sono delle dimensioni più disparate. In altri posti sarebbero stati tutti della stessa misura e, nel qual caso si fossero presentate più persone di quante ne potessero accogliere, sarebbe bastato unirne assieme un paio o, all'estremo dei casi, addirittura tre.
Ma sono solo sottigliezze, queste, e quando O'Dampand si ferma, assieme a te, ad un tavolo da due in disparte, tu getti un'ultima occhiata al lampadario moderno - e quindi ulteriormente in contrasto con il resto - e poi all'uomo che si avvicina a voi con uno dei soliti sorrisi di circostanza che tanto detesti. Non è come quei sorrisi della gente del San Mungo, ovviamente; è meno... irritante, certo, ma non ti evita di provare un certo fastidio.
Sembra che se non si riesca a sorridere le cose potrebbero addirittura andare male, o peggio di quanto altrimenti ci si aspetterebbe. Il volto dell'uomo ha quella definita fisionomia, la piega delle labbra umane è piatta per natura. È fatto così. Il sorriso è un qualcosa di costruito. Il volto umano neutro, così come dovrebbe essere, non presuppone nessun sorriso. Perché allora nascondercisi dietro?
"Buon pomeriggio, signori, cosa prendete?" fa, in ogni caso, il giovane uomo appena arrivato.
Giovane uomo che se ne va in neanche un minuto portando con sé l'ordinazione di un cappuccino e un tè. Tu hai scelto il tè.
"Quel cameriere non avrà neanche bisogno di radersi, per quanto è pivello." commenti, subito dopo.
"Ed è un male?" ti chiede O'Dampand.
Ti rendi conto solo in quel momento di aver espresso il pensiero a voce alta.
"No." rispondi, un po' più cupo "Nulla di cui preoccuparsi."
O'Dampand fa un leggero sorriso - non è di circostanza, il suo, però - e tu sposti lo sguardo verso la sedia che lei ha tolto per far spazio alla tua, personalissima e meccanica.
Ti chiedi quand'è che smetterai di usarla. Ti chiedi se smetterai di usarla.
Non ci sono stati miglioramenti fisici, negli ultimi tempi, per quanto riguarda la tua... malattia. Miglioramenti a seguire il 'risveglio' della tua caviglia destra, si intende.
All'inizio avevi pensato che non potevi sapere con certezza se quello fosse l'ennesimo scherzo del destino oppure se davvero fosse l'incipit di qualcosa di più grande, ma ancora non è successo nulla di nuovo, per cui...
Ti incupisci un altro po', e rotei istintivamente il piede destro, quasi senza neanche accorgertene.
Fosse almeno successo, quel risveglio, al tuo braccio, o a tutta la gamba. Avresti di sicuro preferito poter camminare totalmente da te, magari anche privandoti dell'utilizzo di un intero braccio, piuttosto che stare così.
"Beh, preferirei poter muovere tutto, a dire il vero." pensi, sul momento "Perché limitarsi, nei sogni ad occhi aperti?"
Ma si tratta veramente di... sogni? Tu non hai mai avuto tempo, per quelli. I sogni sono per chi ha la possibilità di scegliere, per chi, quando si trova davanti ad un bivio, non deve per forza seguire la freccia che indica una della due vie, può decidere. Può provare ad arrivare dove vuole.
Oh, anche tu hai sognato, in passato. E quel passato ti sembra così lontano che temi che siano passati secoli, piuttosto che poco più di un paio di decenni. Hai sognato, certo, e anche tu hai avuto la facoltà di poter scegliere cosa fare della tua vita, quale via scegliere, quale sentiero imboccare.
E, l'unica volta che hai scelto davvero, hai fatto un errore madornale.
Da quel momento in poi ha ritenuto più opportuno smettere di sognare, hai capito che i sogni non fanno per te, che, se solo ci avresti provato, avresti sbagliato altre mille volte. È stato molto più facile, più logico, più giusto che tu percorresti un sentiero già tracciato da qualcuno, che tu compissi gesti già preordinati da qualcun altro, che tu portassi a termine compiti che servissero a rimediare.
Oh, non che le cose sarebbero cambiate - beh, sarebbero cambiate eccome, certo, ma non per te - ma almeno avresti potuto sperare di sentirti meno in colpa. Poteva comunque essere una sorta di sogno anche questo? Beh, anche ora ti sei sbagliato, perché forse sarà anche vero che il senso di colpa si sia attenuato - magari un pochino - ma è anche vero che tu, in compenso, non senti assolutamentenient'altro.
Ma, a parte i sogni, il 'bello', in tutto ciò, è che non puoi neanche dare per certo che quel giullare che è il destino ti abbia beffato di nuovo. Sì, l'hai pensato, sì, ne sei praticamente convinto, ma a volte succede qualcosa che, anche se sono per un briciolo di secondo, ti fai ricredere.
Oh, nulla a che vedere con membra funzionanti e che magari, subito dopo, ricadono nel torpore lasciandoti in bocca l'amaro più amaro che ci sia.
È più una sorta di formicolio: nei momenti più disparati della giornata, mentre leggi, o sei a letto, o mangi, o fissi semplicemente il muro od il soffitto, o addirittura quando sei al bagno ed O'Dampand, imperterrita, ti aspetta fuori dalla porta, senti qualcosa formicolare, pizzicare. Come quando si addormenta un braccio: prima lo si sente addormentato, quasi gonfio - sebbene in realtà non lo sia, quasi una parte estranea al nostro - o il tuo, in questo caso - stesso corpo; poi comincia a formicolare - appunto - e anche solo toccarlo dà una sensazione a metà tra il solletico ed il dolore.
Ebbene, tu provi spesso, negli ultimi giorni, questa sensazione, sebbene poi, dopo, il braccio non è che torni a funzionare, ma rimane nuovamente addormentato, simil-gonfio, estraneo.
E così si viene a creare un andirivieni di emozioni, senza che nessuna di esse possa ben radicarsi definitivamente dentro di te, senza che tu riesca a capire cosa stia davvero succedendo, e non riesci a pensare davvero, non riesci a decidere se aggrapparti solamente ad un 'è finita' o, invece, ad un 'è finita?'. A volte un punto interrogativo fa la differenza, ma non per questo rende la tua mente più tranquilla. E tu detesti non avere il controllo anche delle più piccole azioni altrui, figuriamoci quelle riguardanti il tuo stesso corpo.
In quel momento ti distrai, perché il cameriere sbarbatello di prima è appena tornato con uno di quei vassoi tondi di plastica, e sta posando il tè e il cappuccino sul vostro tavolo; peccato per il fatto che abbia dato il tè ad O'Dampand ed il cappuccino a te.
Anche se dovresti pensare che il ragazzo non abbia tanto causato una distrazione, quanto che ti abbia riportato alla realtà dai tuoi pensieri - probabili che siano stati quelli, la tua momentanea distrazione.
Stai proprio per dire al cameriere di essersi sbagliato e che avrebbe dovuto dare una svegliata alla sua memoria, che, però, guardi O'Dampand, e lei pare quasi averti letto nel pensiero, data la faccia che fa. Ha le sopracciglia aggrottate e lo sguardo... penetrante, i suoi occhi verdi, sebbene così chiari, sembrano addirittura leggermente più luminosi.
Tu distogli lo sguardo per puntarlo nuovamente sul ragazzo in piedi accanto a te, ma quando ti volti noti che in realtà lui se n'è già andato. Ti chiedi perché non te ne sei accorto sul momento.
Dopodiché, in ogni caso, O'Dampand si prende il proprio cappuccino e avvicina a te la tua tazza fumante, facendola leggermente strusciare sul legno del tavolino. Rumore del quale, però, tu non ti curi quasi per nulla. E non ti sei curato per niente neanche del fatto che, per quei minuti, tu ed O'Dampand non vi siete scambiati neanche un parola; e ti chiedi perché la cosa dovrebbe anche solo... disturbarti minimamente, dato che un comportamento simile è quasi sempre nella prassi.
Bevi un sorso di tè, allora, rimanendo in silenzio senza farti troppi problemi.
"Mmh." ti scappa dalle labbra.
"A proposito di cosa?" ti chiede O'Dampand, allora, ma è come se si fosse collegata ad un'affermazione appena pronunciata da te.
E tu hai detto semplicemente 'mmh'. Ultimamente starai anche pensando a molte cose, e magari staranno succedendo anche dei fatti che a volte potrebbero anche mandarti leggermente in confusione, ma a te, perlomeno, la memoria funziona ancora bene.
"Io non ho detto niente." dici, infatti.
O'Dampand risponde solo dopo aver dato un sorso alla sua grande tazza.
"Oh, ma io gliel'ho letto negli occhi che stava pensando a qualcosa."
Tu, dal canto tuo, ti ritrovi ad incurvare leggermente verso l'alto un angolo delle labbra.
"Signorina, si sorprenderebbe nel sapere a quante cose penso durante la giornata."
"E lei si sorprenderebbe nel sapere che lo immagino già." puntualizza lei, sorridendo appena "Certo, ancora mi sfugge l'oggetto dei suoi ragionamenti, ma insomma... ho due occhi per osservare."
"Sì, e due orecchie per ascoltare. Ed io non ho detto un bel niente, signorina O'Dampand."
Lei annuisce.
"Lo so, infatti ancora ci sento. Ma lei ha espresso un... un verso che lasciava intendere una qualche soddisfazione."
"Un... verso."
"Già."
Evidentemente devi proprio temere che quella ragazza ti legga nel pensiero. Forse dovresti ricominciare ad esercitarti con l'Occlumanzia.
Eppure, nonostante queste considerazioni, ti ritrovi a rispondere anche abbastanza presto. Non che solitamente tu faccia passare troppo tempo, ma... non fai nessun altro commento alle sue affermazioni, per il momento.
"E' accaduto solamente che questo tè ha superato le mie aspettative."
"Quindi è buono."
"Non ho detto 'le mie migliori aspettative'. In realtà intendevo l'esatto opposto."
Tu ghigni, mentre O'Dampand inarca entrambe le sopracciglia.
"Quindi, allora, in realtà è pessimo. Si può dire che faccia... schifo, praticamente."
Tu continui a ghignare.
"Sto scherzando, O'Dampand."
Lei prima mantiene la stessa espressione di prima, poi scuote leggermente la testa mentre dà un altro sorso al suo cappuccino, ma riesci comunque ad intravedere un lieve sorriso che increspa le sue labbra, prima che la tazza gliele copra.
"Se questo posto la fa addirittura scherzare" commenta lei, poi "dobbiamo venire qui più spesso."
"Tzk. Non si tratta di questo anonimo posto."
"E allora di cosa?"
Inarchi un po' il sopracciglio e poi fai un movimento come a voler dire che la cosa non rientra tra i tuoi interessi, non la sai spiegare, e, francamente, neanche ti va di preoccuparti nel cercare una risposta plausibile.
"Quel moccioso avrà messo qualcosa nel mio tè."
O'Dampand dà un altro sorso alla sua tazza facendo esattamente gli stessi movimenti di un attimo prima. O, almeno, così ti sembra.
Ti guardi nuovamente attorno, mentre state nuovamente in silenzio. Non perché non avete nulla da dire, ma, più che altro, perché adesso state bevendo. Certo, non puoi mettere la mano sul fuoco nel pensare che, in caso contrario, vi sareste fatti una grande conversazione, ma... Beh, ma di cosa ti lamenti, poi? Una qualche conversazione l'avete appena avuta, non c'è bisogno che tu ti soffermi ancora sull'argomento.
Perché poi tu ti ci stia, appunto, soffermando così a lungo, è una questione che ti premunirai di sondare quella sera stessa, magari.
Ti stai guardando intorno, dunque. La caffetteria non è molto piena, e, volendo concentrarti su cosa invece sta accadendo all'esterno, ti rendi conto che, con quella prospettiva, non riesci a scorgere granché. Evidentemente ciò che era valso per quando ti trovavi ancora sul marciapiede non vale adesso; tutto quello che riesci a guardare è una sottospecie di cespuglio tondo che è stato posizionato poco più il là della porta d'entrata, a cui prima non avevi affatto fatto caso. Ti soffermi, allora, su quelle poche persone presenti all'interno della caffetteria: il giovane cameriere sta parlando con la ragazza che lavora dietro al bancone, e si alliscia con tre dita il pizzetto leggermente lungo, sorridendo, come a volersi dare un'aria più vissuta. Fosse sufficiente un po' di barba spelacchiata, a diventare più grandi, sarebbe tutto molto più semplice. La ragazza, dal canto suo, sembra invece leggermente annoiata, ma è evidente che lui, invece, non se ne sia accorto per niente. Sarebbe divertente - pensi, sogghignando leggermente tra te e te - andare al bancone per pagare il conto e fare un breve ma pungente commento che avrebbe causato in quei due sia imbarazzo che una lieve confusione. Qualche mese prima la cosa sarebbe stata anche realizzabile.
Muovi ancora gli occhi, dunque, cambiando l'oggetto di osservazione. Una ragazza, seduta da sola in un angolo, ha una grande tazza di fronte a sé, sul proprio tavolo, ed un libro tra le mani. Da quella distanza riesci comunque a distinguere i marshmallows bianco-rosati nella sua tazza, per cui non può che trattarsi di cioccolata calda. In estate? Beh, è una stranezza. Ma, data la ragazza in questione, la cosa non sembra sorprenderti: è vestita di colori tra il nero ed il viola, con un trucco leggermente pesante - ci mancherebbe poco che quel nero le accentui le occhiaie, invece che farle risaltare gli occhi stessi - e per quanto riguarda i capelli... corti, sì, ma senza una forma definita, sono completamente 'sparati' in tutte le direzioni. Scuri, sì, ma con qualche striatura rosa qua e là. Non puoi evitare di inarcare il sopracciglio; la palla verde fuori dalla porta è più ordinata di quella capigliatura. In qualche modo ti ricorda un po' Ninfadora Tonks.
Salazar. Non hai pensato mai a certe persone, quando le incontravi con la frequenza di una, due volte a settimana, mentre ora nomi su nomi compaiono nella tua mente, a volte, sovrapponendosi l'uno all'altro.
In ogni caso, lei sembra fin troppo assorta nella lettura, visto che la cioccolata, per quanto inusuale sia in quella stagione, ha smesso già da un po' di spandere attorno a sé una sottile scia di vapore caldo.
Chiudi gli occhi, ed provi ad applicare uno dei pilastri dell'Occlumanzia: svuotare la mente.
Quando riapri gli occhi, li posi su O'Dampand. In fondo potresti osservare anche lei, come hai iniziato a fare con tutto il resto della misera clientela. Però c'è una cosa, proprio in quel momento, che ti distrae - di nuovo - anche se per un tempo relativamente breve, data la natura prettamente comune dell'evento.
Sono semplicemente entrate dalla porta di vetro due persone, due nuovi clienti, ovviamente, che si sono andati a sedere ad un tavolo poco distante dalle grandi pareti trasparenti. Non due ragazzetti come poteva esserlo il cameriere, due adulti, un uomo ed una donna, presumibilmente appena usciti dallo studio o dal negozio in cui lavorano e che ora si gustano un momento di pausa prima di tornare a casa. Certo, sono tutte tue supposizioni, ma ti danno quest'impressione.
"Ma si può sapere che cosa sta guardando?" ti dice, improvvisamente, O'Dampand, così la guardi subito, per l'ennesima volta.
Non fai neanche in tempo a risponderle che lei si gira verso quelle due persone appena entrate. E tu inarchi un sopracciglio, per questo. È ovvio che lei non si sia resa conto che non è che tu stia osservando proprio quei due da così tanto tempo, ma che hai scandagliato con gli occhi un po' tutti quanti, per mero interesse personale, ma evidentemente O'Dampand sul momento non ci ha pensato, e la sua curiosità ha precluso ogni tuo tentativo di spiegazione.
Potresti anche lanciarle una frecciatina su questo suo bisogni di... impicciarsi, tutto così tipicamente femminile, quando la sua espressione ti blocca con la bocca già semichiusa.
Sembra... sorpresa, mentre osserva i nuovi arrivati; davvero, è come se non si sarebbe mai aspettata di vedere quei due. Che poi, a dirla tutta, ti sembrano così banalmente anonimi...
La sua, di spiegazione, quantomeno, non tarda ad arrivare, quando lei si volta nuovamente verso di te con un gran sorriso, un sorriso diverso da tutti quelli che le hai visto sul viso fino a quel momento.
"Io li conosco, quei due!" quasi esclama, ma, fortunatamente, il suo tono di voce non attira l'attenzione di nessuno.
"Sul serio?" rispondi - con una domanda - tu, sempre con un sopracciglio inarcato.
Il tuo, di tono di voce, è piuttosto annoiato.
"Sì, lei è una mia amica." continua, però, lei, come se nulla fosse "E'... Mi sembra veramente un secolo, che non la vedo."
E si gira nuovamente verso questa amica, però non nella stessa maniera spudorata di poco prima.
"Mmh. Sì, mi sono accorto che, ultimamente, nella sua vita è stata occupata a fare altro."
Lei ti guarda ancora.
"Non era un rimprovero nei suoi confronti, signor Piton. Era solo... Beh, è un dato di fatto, una mia osservazione innocente."
Tu, di tutta risposta, non... rispondi, e, sul momento, ti sembra molto più interessante guardare il cameriere andare a prendere l'ordinazione dell'amica di O'Dampand e del suo misterioso accompagnatore.
"Quante cose ha smesso di fare, O'Dampand, a causa del suo... ultimo lavoro?" ti esce dalle labbra, prima che tu possa fermare le parole.
"Non troppe." risponde lei praticamente in maniera immediata, senza neanche pensarci due volte, pare "Non ho una vita così interessante, e non ho dei figli a cui badare o un marito da dover tenere d'occhio per evitare che mi tradisca." fa un piccolo sorriso, di nuovo differente da tutti gli altri "Più che altro ho una casa che ormai sarà invasa dalla polvere. E gli amici che non vedo spesso, ovvio, ma sia io che loro, dopo tutti questi anni, ci siamo abbastanza abituati."
Tu aspetti un po', prima di rispondere.
"Mmh." dici, e sei sicuro che lei stia pensando che avresti potuto risparmiarti di aspettare a rispondere, dato che ciò che produci non si può classificare neanche come mero monosillabo.
"A proposito, però," continua comunque O'Dampand "vorrei andare a salutarla, la mia amica. Mi concede qualche minuto?"
Fai una smorfia, prima di rispondere.
"Chi siamo, noi, carceriere e carcerato o viceversa? Faccia un po' quelle che ritiene opportuno, O'Dampand, specie se la cosa non mi tocca personalmente."
"Oh, beh, meglio così." sembra concludere lei, difatti, un momento dopo, si alza, evitando da far strusciare le zampe della sedia sul pavimento.
Non passa praticamente alcunché che lei è già arrivata al tavolo a cui è seduta la sua amica.
Oh, sono subito baci, abbracci, e O'Dampand pare conoscere anche l'accompagnatore della ragazza. E poi va a finire che proprio quest'ultima dice qualcosa - in effetti, pare parlare in continuazione - facendo segno con la mano alla terza sedia presente al loro tavolo. Un chiaro invito a sedersi, ovviamente, e O'Dampand si gira un momento verso di te, non appena l'amica finisce di formulare la sua domanda. Tu ricambi lo sguardo con espressione più che neutra, piatta, e O'Dampand finisce per sedersi, per l'appunto.
Tu riprendi in mano il tuo tè e ricominci a bere.
O'Dampand non si è neanche portata dietro il suo cappuccino, la cui tazza è ancora piena per almeno metà - valuti, dandole un'occhiata all'interno - e quindi finirà per raffreddarsi. Poco male, la questione non rientra tra i tuoi problemi di importanza vitale.
E poi peggio per lei, che ti ha lasciato lì come uno stoccafisso.
L'avevi detto che, in simili condizioni, saresti stato l'equivalente di una palla al piede. O meglio, l'avevi pensato, più che altro. Ma gliel'avevi fatto comunque capire, ai suoi tempi, e lei non ti ha voluto ascoltare comunque...
Devi smetterla di pensarci.
Poi, però, torni comunque a guardare il tavolo col terzetto. Stanno parlando tutti quanti, tra sorrisi vari, ammiccamenti e brevi risate nascoste dal palmo di una mano; per quanto riguarda le donne, certo.
Poi le risate varie smettono, al che ti chiedi di cosa abbiano mai cominciato a parlare. Te ne fai una certa idea quando sia l'amica di O'Dampand che l'uomo guardano nella tua direzione, apparentemente cercando di non dare nell'occhio. Col fatto che, tu, invece, li stai proprio tenendo d'occhio, la cosa non ti sfugge assolutamente.
Beh, di bene in meglio, non c'è che dire.
Dai per scontato che quei due siano anche loro dei maghi; è più probabile, in questo modo, che siano amici di O'Dampand. Per questo motivo, allora, presumi anche che loro ti conoscano. Se non di viso, quantomeno di nome.
A dei comuni Babbani, invece - e, ancora, sei tu che immagini che non lo siano - avresti sicuramente dato l'impressione che tu ed O'Dampand siate addirittura una coppia: la santa moglie che si occupa del povero marito menomato.
A questo punto, quasi-quasi, preferisci lo sguardo che ti lanciano i maghi - anche se la linea che separa le tue emozioni alle due immagini è alquanto sottile.
In ogni caso, un tempo avresti fatto di tutto per poter essere sulla bocca di tutti, ma adesso... Beh, di sicuro non sei sulla bocca di tanta gente, in quel periodo, per le stesse cause che ti eri immaginato da giovane.
Dopo che comunque ti hanno guardato per bene, e che tu hai ricambiato lo sguardo riducendo gli occhi a due fessure, il loro chiacchierare si fa molto più serio di quanto fosse prima, come se non bastasse; e le loro espressioni non sono molto... soddisfatte. Di sicuro non sono molto contenti del lavoro che sta svolgendo O'Dampand, potresti metterci la mano sul fuoco.
La mano che non funziona, tanto per andare sul sicuro.
Da quella posizione, però, non puoi vedere quella di O'Dampand, di espressione, dato che ti sta dando la schiena. Non devi, però, aspettare molto per scoprirlo, dato che, subito dopo - o quasi - proprio O'Dampand si alza, con l'evidente - o, almeno, così ti sembra - intenzione di congedarsi.
Altri sorrisi, baci, abbracci, strette di mano, pacche sulle spalle... Ti aspetteresti addirittura che scoppiassero tutti in lacrime.
"Oh, povera, piccola, indifesa O'Dampand." pensi, dando l'ultimo sorso al tuo tè, e poi posi nuovamente la tazza sul tavolo.
Il rumore della ceramica che sbatte leggermente contro il legno sbiadisce nel momento stesso in cui O'Dampand si risiede di fronte a te.
"Ci ho messo tanto?" fa lei.
Ti umetti leggermente le labbra, prima di rispondere, e posi lo sguardo involontariamente sul suo cappuccino.
"Per me poteva anche rimanere a parlare lì, con i suoi compari." dici, semplicemente.
Lei assume un'espressione perplessa e non commenta. Forse si sta chiedendo perché sembri 'avercela' con lei. E lei potrebbe benissimo chiedertelo direttamente, al che cosa le risponderesti? Beh, la verità. Che lei si è alzata, si è allontanata... e che poi chissà cosa avrà mai detto a quei due laggiù, dato che continuano a parlottare tra di loro anche adesso, mentre di tanto in tanto ti lanciano qualche veloce occhiata.
Di conseguenza anche tu li guardi; certo, è un po' che li stai guardando, però adesso li fissi sul serio, e non tanto benevolmente. E loro cominciano a guardare fuori da quella specie di vetrata. In ogni caso, O'Dampand non dice proprio niente, per cui ti spieghi direttamente tu, in poche parole, e magari utilizzando più o meno le stesse parole che hai pensato poco prima.
"Posso immaginare benissimo l'entità della sua appena passata conversazione, O'Dampand, e, magari, prima di farlo di nuovo dovrebbe anche..." chiederti il permesso? "... farmelo sapere, prima. In modo da redarguirla."
"Dica direttamente sgridarmi, signor Piton. È più diretto."
Inarchi un sopracciglio.
"Bene." ti attieni a quanto di ha appena detto lei, dunque "Allora la prossima volta eviti chiaramente di sparlare di me alle mie stesse spalle, così non dovremo portare avanti un'altra volta una conversazione di questo genere."
O'Dampand posa gli avambracci sul bordo del tavolo, avvicinandosi così un po' più in avanti con il busto.
"Posso essere diretta anch'io, a questo punto?"
"Da quando, per cose come questa, mi chiede il permesso?" ribatti, e lei si stringe nelle spalle, poco prima di spostare di lato la sua ormai imbevibile ed inutilizzabile bevanda.
"Io non sparlo di lei alle sue spalle, signor Piton. non sparlo e non parlo neanche, direttamente. Non deve continuare a vedermi come una nemica per qualsiasi cosa leggermente diversa dalla routine che faccio. È ovvio che i miei amici l'abbiano guardata, ma è perché la conoscono per conto loro, io non ho fatto niente."
Mmh. Sì, in effetti l'avevi ponderata, una cosa del genere; la seconda parte, quantomeno.
"Come se non avesse mai detto loro che sarebbe venuta a... lavorare proprio da me." rispondi comunque.
E lei fa dei cenni di diniego con la testa.
"Mi sembra molto improbabile." continui tu.
Ancora non dice niente, lei, e intreccia le proprie dita, congiungendo le mani sul tavolo. In realtà c'è mancato poco che non desse una botta a quella maledetta tazza. Sarebbe proprio... esilarante, in quella situazione, frantumarla in mille pezzi.
"Al San Mungo mi hanno chiaramente detto di non andare a spifferare ai quattro venti in cosa sarebbe consistito il mio nuovo incarico. E così io ho fatto. Quando sono venuta per la prima volta a casa sua, signor Piton, non l'avevo proprio detto a nessuno. Il che mi ha causato pure un po' di fastidio, lo ammetto, sa."
"Viene a parlare a me, O'Dampand, di mantenere i segreti?"
Per un momento riesci a zittirla.
Per un momento, certo.
"Ma... Ma no, non l'ho detto, non ho sparlato, non ho fatto proprio niente, e neanche in seguito. Se poi, in una banale caffetteria, due miei amici l'hanno riconosciuta, io che colpa ne ho?"
Lei fa un leggero sorriso, e stavolta sei tu che rimani zitto.
Non sai cosa ti è esattamente preso, sai solo che adesso ti senti leggermente... stupido. L'avevi anche considerato, che i maghi è possibile che ti riconoscano per una mera foto pubblicata su La Gazzetta del Profeta. Evidentemente quell'uscita un po' improvvisa e senza un vero e proprio scopo ti ha stancato più del previsto.
"Non ha finito di bere." dici solamente.
Forse O'Dampand si aspetta persino che tu le faccia le tue scuse, ma tu ti limiti prima a distogliere leggermente lo sguardo e poi a cambiare argomento, tirando in ballo quel dannato cappuccino di cui ti eri prefissato addirittura di non curarti più per niente.
Lei, però, non ribatte. Non ti fa pesare il fatto che non ti sei comportato come magari lei si sarebbe aspettata - sei praticamente sicuro, di questo. Si limita a rispondere a quella tua ennesima osservazione.
"Oh, è vero. Poco male." dice, infatti, e poi si stringe nuovamente nelle spalle, piegandosi - di nuovo - un po' in avanti, proprio come prima "Le rivelo anche una cosa: in realtà non mi è piaciuto quasi per niente."
Fai uno sbuffo, a metà tra il divertito e l'infastidito. Anzi, tra il divertito e il sentirti preso alla sprovvista.
"E ha avuto pure da ridire quando ho detto io, che non era un granché."
"Ma lei poi ha detto di stare scherzando. E chi sono, io, per contraddirla?"
"Sì, peccato che lo fa in continuazione, O'Dampand."
Non c'è bisogno che nessuno di voi due aggiunga nient'altro. Così rimanete in silenzio entrambi, stavolta. Però è un silenzio diverso, rispetto a quello di poco prima. Questo non ti dà fastidio, è... più sereno.
"Che dice, signor Piton, andiamo via o rimaniamo un atro po'?"
"Io il mio tè l'ho finito da un pezzo. Non c'è motivo per cui io rimanga."
"O che rimaniamo." prova a correggerti lei.
Fai uno di quei soliti gesti della mano, a mezz'aria, più o meno all'altezza del tuo stesso viso, per mostrare un po' di indifferenza a quello che lei ha appena detto.
"Sono solo sottigliezze." dici, difatti.
Lei, però, pare persino piuttosto... divertita.
"E questo a che cosa lo dovrei?" chiedi, infatti.
"Per la faccia che ha fatto."
Inarchi per l'ennesima volta il sopracciglio. Non è veramente la più pallida idea di che diamine di espressione tu possa aver appena fatto. Una faccia indifferente, sarà stata, dato il tuo intento, quindi non arrivi comune a capire il perché del comportamento di O'Dampand.
"Donne." mormori tra te e te, mentre lei sta saldando il conto - ha insistito lei "Donne psicopatiche."
Pochi minuti dopo siete finalmente fuori dalla caffetteria. Appena fuori dai un'ultima veloce occhiata all'insegna che non c'è, subito prima di concentrarti sulla strada che state per percorrere. Stavolta sei sicuro che ti concentrerai sulla via del ritorno piuttosto che perderti nei tuoi soliti pensieri.
In ogni caso, proprio poco prima di uscire, O'Dampand ha salutato quei due suoi famosi amici, che, col fatto che stavolta ci sei anche tu, vicino a lei, non sono stati più tanto espansivi. In realtà, poi, hanno guardato anche te, e per un momento hai creduto che fossero addirittura in procinto di darti il buon pomeriggio. Poi però li hai visti entrambi indecisi, entrambi titubanti, con quella faccia che dice 'lo faccio o non lo faccio? Cosa faccio?'. E alla fine non hanno fatto - o detto - proprio alcunché.
Poco male, la cosa non ti tocca. L'unica cosa negativa è che, ad una loro prima parola, avresti potuto fare un commento sulle loro ebeti espressioni facciali e, magari, anche linguistiche.
In realtà avresti potuto fare questo commento anche senza che loro pronunciassero nulla, ma, dopo neanche un paio di secondi, ti ritrovi - appunto - fuori dall'edificio, sul marciapiede, per cui puoi dire di aver sprecato l'occasione.
Ti appunti a mente che, la prossima volta, non te la lascerai sfuggire. Semmai ci sarà dolorosamente una prossima occasione, ovvio.
In ogni caso sia tu che O'Dampand - ed è anche inutile sottolinearlo, che siete sempre voi due - vi appropinquate sulla via del ritorno.
Sempre. Costantemente. Insieme.
Già.
Detta così sembra una delle peggiori torture esistenti. Ma almeno puoi contare sul fatto che sembra che tu ci abbia fatto un minimo di abitudine, e la tortura è semplicemente una tortura di medio livello. Forse a volte non è neanche una tortura vera e propria. Certe volte soltanto.
Adesso, comunque, così come ti eri prefissato di fare giusto un minuto prima, fai più attenzione al percorso che dovete compiere. Andate anche abbastanza lentamente, il che ti fa chiedere come mai, all'andata, il tempo ti sembra essere passato tanto velocemente da non farti neanche accorgere che avete addirittura cambiato quartiere, per raggiungere la caffetteria senza nome.
Già, avete cambiato quartiere. E siete capitati proprio in quel quartiere, proprio di fronte a quella caffetteria. Che sia veramente tutto un caso?
Ti volti leggermente all'indietro, senza farti notare troppo - senza farti notare per niente, in realtà, complice il fatto che il collo, adesso, ti fa meno male - per guardare verso O'Dampand. Certo, la vedi dal basso - che frustrazione - ma riesci comunque a constatare che sembra quantomeno rilassata. Normale, più che normale, a dirla tutta.
Poi ti giri e guardi nuovamente di fronte a te. Sì, siete capitati proprio in quella caffetteria, e, sempre molto casualmente, avete incontrato anche gli amici di O'Dampand. Qualcosa ti suggerisce che in realtà non sia stato un caso proprio per nulla.
Però la sua reazione sorpresa ti era sembrata sincera, altrimenti questo dubbio ti sarebbe venuto sul momento, invece che adesso. No, dev'essere stato solamente un caso, O'Dampand non dovrebbe essersi stufata a tal punto della situazione da programmare incontri clandestini tanto per riuscire ad evadere da quella che ormai è la sua nuova ennesima quotidianità.
"O'Dampand." la chiami, per l'appunto.
"Sì?"
E a questo punto ti chiedi proprio perché tu l'abbia chiamata, anche perché non è che tu debba chiederle proprio una cosa in particolare; o meglio, una cosa da chiederle l'hai appena pensata, ma di certo non era tua intenzione fargliela presente in maniera così... esplicita.
"È stata felice di incontrare nuovamente i suoi amici?"
Che domanda idiota. Sei un idiota. È ovvio che lo sia stata.
"Beh, sì... È parecchio tempo che non li vedevo."
Appunto. Idiota.
Non rispondi, dato che non c'è proprio nulla da rispondere. Hai fatto una domanda inutile, quindi eviti di portare avanti un'inutile conversazione.
"Comunque," è però lei, a parlare, e la cosa ti sorprende e non ti sorprende al tempo stesso - sentimento strano "mi spiace se in quel momento l'ho lasciata da solo. Avrei dovuto pensarci."
Si sta... scusando? Beh, ha detto 'mi spiace', non è proprio come 'scusi', ma è una cosa abbastanza simile.
"Non si preoccupi." senti dire da te stesso "Non è stata la fine del mondo, su questo non c'è dubbio."
Prima ti eri offeso, per questo motivo, e poi le dici una cosa simile. Cos'avevi pensato, una o due ore prima? Pazzia? Beh, ecco che si ripresenta, puntuale. Si era solo presa una pausa, a quanto pare.
È come se tu stia vivendo la scena... dall'esterno, come se non sia veramente tu a dire quelle parole, eppure invece è proprio così. È la stessa sensazione strana che si era presentata giusto un attimo prima.
"E comunque" continua O'Dampand, attirando nuovamente la tua attenzione, svanita solo per la frazione di un istante "Sarei stata bene lo stesso, anche senza i miei amici spuntati fuori all'improvviso. E sono stata bene praticamente in ogni momento."
E questo cosa c'entrerebbe? Perché te lo sta dicendo? È per farti contento? Ti sta per caso trattando come un bambino troppo cresciuto?
Tutte queste domande, però, sembrano svanire subito, e tu ti senti rispondere immediatamente altre poche parole.
"Sì, ma... sono stato bene anche io."








Angolo Autrice:

Ehilà!
Scusate se ci ho messo tanto, ad aggiornare, ma eccomi, alla fine!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere che ne pensate, il feedback fa sempre piacere. Non siate timidi! :)

Alla prossima, bellezze (o bellezzi?),
Iurin  

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