Epilogo

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Il rumore dei fuochi d'artificio invadeva l'aria.
Non li guardavi, non ti interessavano; d'altronde ti eri sistemato in un punto del salotto dal quale, anche guardando per sbaglio fuori dalla finestra, non avresti rischiato di catturare con lo sguardo luci luminose che esplodevano in cielo.
Al massimo, se proprio gli occhi, in un momento di disubbidienza, avessero seguito il rumore e i rombi lontani, avrebbero incontrato solo il riverbero colorato contro le tende alla finestra del salotto. E così hanno fatto. Si sono imbattuti nel rosso scarlatto, nel verde brillante, nel luminoso giallo, nel blu elettrico, addirittura.
Ti sono sembrati i colori delle Case di Hogwarts.
Ma poi altre sfumature si sono aggiunte a quelle, e il pensiero è volato via, lontano, raggiungendo gli ultimi secondi di quell'anno appena finito, spariti anch'essi tra la trama di quella cosa chiamata 'Passato'.
Il duemila, il nuovo millennio. Un evento storico, e tu di eventi storici ne hai vissuti a sufficienza, diversi anche in prima persona.
E tutto, in quel momento, è come se ti avesse detto – sì – che non era solo un semplice nuovo anno, quello che, in quel momento, gli inizi del primo gennaio portava sulla propria scia; era il primo anno del nuovo millennio. Il duemila, un bel due con tre zeri in fila, così candidi, così tondi, senza spigoli e interruzioni. Un anno che finisce con zero ha al suo interno le promesse dell'infinito, uno che ne aveva tre ne portava con sé l'imposizione.
Era come... Era come un sogno. Come una piccola e fastidiosa visione che era venuta a visitarti, entrando dalla tua finestra sulla scia di quelle luci colorate. Come un piccolo e altrettanto seccante Pix, ma immaginario.
Il Tempo. Un ometto con gli occhiali e la tuba, il panciotto e le ghette; i baffi che parevano due lancette per le ore e i minuti; snello, perché il Tempo non riesce a star fermo nello stesso posto per più di un fuggevole secondo, così piccolo e incalcolabile. Difatti saltava, il Tempo. Saltava come un matto, di mattonella in mattonella, si appendeva per un breve istante al lampadario, dondolava. Hai sferrato uno schiaffo alle sue gambe quando è saltato sul bracciolo della tua poltrona, ma sei riuscito a colpire solo l'orlo dei suoi pantaloni.
"Che cosa vuoi?" gli hai chiesto.
"Son più vecchio, son più vecchio!"
"Chiunque è sempre più vecchio, ogni secondo di più. Tu più di chiunque altro."
"Ho ventun'anni, sono appena diventato maggiorenne negli Stati Uniti d'America. Oh, non è estremamente divertente questa faccenda?"
"Anni?"
Il Tempo si è messo a ridere.
"Un mio anno è un millennio, mi sentirei troppo vecchio davvero, a contarli tutti uno per uno. E non ho neanche i capelli bianchi, non è un po' un controsenso?"
E' saltato sul divano, e tu ti sei limitato ad osservarlo, perplesso. Stranamente, i cuscini non si sono scomposti affatto.
"Che cosa vuoi?" hai chiesto.
"Darti il benvenuto," ti ha risposto l'ometto saltellante, "tu cominci come comincio io, come questo anno nuovo."
A forza di seguirlo nei suoi continui movimenti, hanno cominciato a farti male gli occhi.
"Io non comincio. Ho quarant'anni, sai? Fra poco più di una settimana. Vado verso il declino. A quanto pare, sono più vecchio di te."
"Ma il mio tempo non è uguale al tuo, io sono il mio stesso tempo!"
Un salto a destra, uno a sinistra.
"Non posso stare fermo," ha continuato, "prima sono in un punto, poi in un altro, ed ogni secondo è anche un nuovo inizio. Tutto è sempre nuovo. Tutto sempre ricomincia!"
"Nuovo? Vai così veloce che sarai stato negli stessi luoghi milioni di volte. Nulla di nuovo, per te."
"Persino questa tua casa ogni momento è sempre nuova, ogni mattonella diversa da quando l'ho visitata giusto dieci secondi fa. Tutto scorre – Panta rei!"
"Non è più tempo per gli inizi," hai sentenziato.
"A me vieni a dire per cosa è tempo e cosa no? Sono io che decido, in queste faccende."
"Tu decidi?" hai ridacchiato, non potendone fare a meno. "Ognuno è padrone delle proprie azioni."
"Ma il tempo! Se non c'è tempo per mettere in atto le tue azioni, l'importanza stessa delle tue azioni non può che svanire nell'aria."
"Il mio tempo è già stato tempo fa."
"'Tempo fa' è passato, e il passato neanche io lo colgo più. Passato è Passato, ed è un ombra che mi segue e mai mi raggiunge. Fastidiosa. Con il fiato sul collo. Anche se a volte ci piace giocare al gioco dei mimi. Passato è dietro le spalle. 'Tempo fa' non va bene, io direi 'Tempo ora'," ha fatto una piccola pausa, a questo punto, e ti si è fermato, con le gambe piegate e sulle punte dei piedi, direttamente sulle tue ginocchia. "Il tuo 'Tempo fa' continua con il tuo 'Tempo ora', perché, se, dopotutto, Passato ti piace, puoi riprenderlo e continuare da lì, proprio dove ti sta aspettando."
"E dove? Dov'è che mi aspetta?"
"In Scozia."

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