Epilogo

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Non era un buon segno. Era quello che credeva Domagel, il signore degli angeli dopo la caduta di Lucifero.

Era lì, ai suoi piedi, morta. Un mucchietto di piume candide e lorde di sangue. E pensare che fino ad un momento prima era sospesa nel cielo, libera e pura.
Poi però erano arrivati loro: due mezzi corvi dagli occhi infuocati. Abomini provenienti da chissà quale remoto meandro dell'Inferno. L'avevano inseguita e sfiancata, fino a che con i loro becchi empi non l'avevano uccisa. Domagel ne aveva sentito da lontano il canto disperato mentre le straziavano la carne. Non l'avevano predata per cibarsene.
L'angelo si chinò sulla colomba e ne raccolse con delicatezza il corpicino da terra e diciassette piume si posarono fluttuando sull'asfalto di quella strada umana.
Stava accadendo qualcosa di tremendo, lo sentiva nell'aria e dentro la carne.
In giro non si vedeva neppure un demone.
" L'Inferno sta tramando qualcosa"


Splendevano come fari le maestose torri del Pandemonio, meravigliosamente illuminate dai fuochi fatui che si divertivano a disegnare sulle mura di ossidiana le forme di alcuni draghi, demoni di ogni razza o semplicemente coreografavano forme a caso.
I demoni fuori dalle mura di cinta che attendevano trepidanti di poter entrare nella città-castello, rimanevano incantati a guardarli danzare, forse perché la luce era cosa rara nell'oscuro mondo dei demoni.
L'aria era gravida di eccitazione, paragonabile solamente all'atmosfera delle nozze del re con la donna umana di nome Manami che col tempo era riuscita ad accattivarsi le simpatie dalla maggioranza dei diavoli coi suoi modi gentili e mai crudeli e che rendevano il loro re stranamente felice.
A due anni di distanza da tale avvenimento, ecco che il popolo delle tenebre si riuniva nuovamente, infinitamente più numeroso della volta precedente, per omaggiare il loro figlio, di cui si era certi, sarebbe nato quella notte.
Ed infatti, oltre le mura, nella mastodontica torre centrale dove erano collocati gli appartamenti reali vi era un via vai di demoni-servi che entravano ed uscivano dalla camera imperiale da cui provenivano le grida di dolore della regina.
- Respiri lenti e profondi, mia regina, con calma - la incoraggiò la principessa infernale Lilith, rinfrescandole la fronte madida di sudore con un panno umido.
- Dov'è Satan? - domandò la regina con un filo di voce e il volto contratto dal dolore.
- Sta arrivando, maestà. Abbiamo mandato il suo corvo a richiamarlo - le rispose con voce carezzevole accarezzandole il ventre estremamente rigonfio.
L'ennesima doglia fece sfuggire un altro grido dalle belle labbra della regina il cui corpo esile si tese come la corda di un arco inarcando la schiena, poi si lasciò cadere pesantemente sul materasso ed il capo dorato sprofondò nei cuscini di seta nera.
" Ti prego, fa in fretta. Ho paura "


Le urla continuavano imperterrite, sempre più acute e laceranti, come ne stessero scuoiando viva la proprietaria.
- Ne avrà ancora per molto? - domando annoiato uno dei principi ad un demone-servo che l'imperatore aveva messo a disposizione di ciascun aristocratico.
- La prego di pazientare, mio signore. Come lei ben sa il parto di una donna umana può richiedere delle ore, a volte perfino dei giorni - rispose quello con un profondo inchino, mentre le gambe caprine gli tremavano per la paura d'irritare per sbaglio il principe.
- Ma perché non le aprono la pancia e tirano fuori il bastardello? - propose il principe svogliatamente da una coppa di cristallo nero che conteneva un liquido dorato piuttosto denso, probabilmente sangue di angelo.
Altri principi e principesse corrugarono la fronte con sdegno di fronte alla palese insubordinazione del principe, e gli angeli caduti agli ordini dell'imperatore gli ringhiarono contro come ad intimargli di cambiare discorso.
- Ma mio signore ... Manami è la vostra regina... - mormorò il servo confuso a testa bassa.
Il principe rimase a fissarlo per qualche secondo poi gli sorrise in maniera angelica. Tutti si sarebbero aspettati che rimediasse con una qualche sviolinata santimonia, ma non fu così.
Veloce come il morso di un cobra si alzò dal divano in pelle di Oni* ed afferrò il servo per la gola.
- A me la puttana di Satan non rappresenta nulla -
Poi con inaudita violenza fracassò la testa del servo sul pavimento d'ossidiana.
La sala fu percossa da alti ruggiti e accuse di alto tradimento. I demoni soldato sguainarono le spade e spalancarono le ali nere pronti ad affrontarlo.
Ma proprio quando le cose stavano iniziando a degenerare ecco che una sagoma enorme e scura prese via via forma e proporzione al centro della sala ed ogni suono si eclissò all'istante. L'energia negativa che trasmetteva faceva tremare l'aria e perfino il sorriso malvagio del principe sparì.
L'ombra pian piano prese forma e si addensò in un angelo caduto con sei possenti ali nere e gli occhi di un rosso indescrivibile. Rossi come l'odio, come il sangue, come il fuoco, come l'amore.
Il principe fu colto dal terrore e mettendo un'espressione affabile sul viso provò a rimediare - S-Satan ... io ovviamente mi stavo solo prendendo gioco del tuo servo, non oserei mai offendere la mia adorata sovrana, io ...-
- Taci -
Bastò quella semplice parola che il principe incominciò a pentirsi di essere stato creato.
Si avvicinò al cadavere del suo servo dove la pozza di sangue gli imbrattò un poco la veste e vi si posizionò sopra.
Sollevò un braccio e si conficcò in profondità gli artigli nel palmo della mano. Gocce di sangue scuro caddero giù e si mescolarono a quelle del demone defunto.
- Pulisci - ordinò al principe.
- Mio signore, la prego! Giuro che se oggi mi lascerete vivere sarà il primo ad inchinarmi e giurare incondizionata fedeltà a vostro figlio - pregò il principe.
Ma Satan fu sordo alle sue preghiere -pulisci- ripeté -con la lingua-
Il principe tremò, ma non osò sottrarsi all'ordine, sapendo che era molto meglio la morte delle torture che gli avrebbe potuto infliggere.
S'inginocchiò di fronte al suo signore che lo fissava con il volto privo di qualsiasi espressione umana, poi rassegnato, accostò le labbra al liquido divenuto scurissimo dopo che i due fluidi vitali del servo e del padrone si furono mescolati.
Tramante, intinse la punta della lingua.
Un istante dopo le sue urla superarono di gran lunga quelle della partoriente: la sua lingua aveva preso a sciogliersi come neve sul fuoco.
Disperato tentò di rialzarsi ma Satan mise il piede sulla testa del principe immergendogli la faccia nel sangue.
Il povero diavolo prese a dimenarsi con gesti convulsi, sporcandosi le mani, la pancia e il petto con quel liquido corrosivo. Meno di un minuto dopo di lui non rimase neppure la voce.
- Qualcun'altro vuole assaggiarne? - sibilò Satan ai presenti; nessuno di essi osò rispondere.


Quando il re arrivò nella camera, suo figlio era già nato.
Era un maschio, decisamente troppo grande per essere un bambino umano: le ali, già completamente formate ma ancora prive di piume, erano ripiegate dietro la schiena e si muovevano a scatti quando il neonato udiva un rumore più forte degli altri.
Poppava con avidità dal seno della madre che nel mentre lo benediva con un bacio sulla testa glabra e sporca di sangue.
Quando la regina si accorse della presenza di Satan gli rivolse un sorriso talmente bello e gioioso che per un istante al re parve di guardare il sole.
Si accostò al letto e si sedette sul bordo, vicino a Manami.
- E' bellissimo - disse la regina sfiorando con le labbra la fronte del neonato.
- Ovviamente, non poteva essere altrimenti con un tale patrimonio genetico - chiarì lui accarezzando la fronte del figlio che, al suono della sua voce, spalancò i suoi giganteschi occhi rossi e per qualche istante smise di poppare per fissarlo meglio.
- Credo abbia riconosciuto la tua voce - disse Manami.
- No, ha sentito che la mia aura è più forte della sua e sta cercando di capire se sono una minaccia per te e per lui - rispose. A dimostrazione del fatto emise un basso brontolio animale. Il bambino sgranò gli occhi e snudò le zanne già formate ammettendo un ringhio sommesso e poco rassicurante capace di penetrare nel cervello e graffiare le orecchie.
Manami lo baciò sulla guancia e quello smise subito di ringhiare, come tranquillizzato dalla presenza materna. Un istante dopo riprese a succhiare il latte infischiandosene di ciò che accadeva intorno a lui.
- Ricordi l'ultimo accordo, vero? Se fosse stato moro avresti scelto tu, se biondo io ... - domandò la regina posando il capo sulla spalla del re.
- Sì, ma non puoi sapere di che colore ha i capelli, è calvo -
- Ha le sopracciglia chiare, è ovviamente biondo - disse lei.
- Quindi?-
- Quindi Iago, come mio padre; glielo devo dopotutto ... -
Satan fece una smorfia, ma non ribadì.
Per alcuni minuti rimasero seduti a guardare il bimbo che si era assopito: la pelle non era chiara come quella del padre ma non aveva neppure il color pesca della madre. Le labbra diafane e leggermente dischiuse parevano il bocciolo di una rosa.
Poi un gemito di dolore fuoriuscì improvviso dalle labbra della regina.
Lilith, che era rimasta a fissare con un espressione di malinconia mista a malcelata gelosia, si fece subito avanti, prendendo immediatamente Iago dalle braccia di Manami.
Satan poggiò la mano artigliata sul ventre convesso e rimase immobile per qualche istante.
- Perché ha di nuovo le doglie? - domandò voltandosi verso la principessa che in quel momento tentava di calmare il bambino che si era appena svegliato e messo a piangere.
- Non lo so, mio signore, il bambino è nato ancora avvolto nel sacco amniotico, ha già espulso la placenta - rispose quella guardando con ansia la sua regina che si contorceva dal dolore nelle lenzuola sporche di sangue.
La mano del diavolo si spostò più giù, in prossimità dell'utero.
- C'è ne un altro - disse con voce incolore.
Manami spalancò gli occhi sorpresa, ma poi un'altra doglia le attraversò il corpo. Gridò con quanto fiato aveva nei polmoni.
- Perché non hai mai sentito la sua presenza? - domandò stringendo i denti mentre una lacrima le scivolava lungo la guancia.
Satan non rispose.
Passarono ore; Manami diventava ogni secondo più stanca e alla fine, nelle ultime spinte, non aveva neppure più il fiato per gridare. Fu solo dopo qualche minuto che si accorse di non aver udito alcun pianto. Neppure un minuscolo vagito. Iago aveva da subito scalciato e strillato come a mettere bene in chiaro che lui non era affatto contento di essere stato sfrattato dal ventre materno.
- P-perché non lo sento piangere? - sussurrò talmente flebilmente che fu a malapena udita.
Non ebbe alcuna risposta.
Nonostante fosse esausta e ogni cellula del suo corpo la implorasse di riposare puntellò con i gomiti e si alzò a sedere con gran fatica. I suoi sforzi non ebbero alcun senso poiché il grande corpo di Satan le impediva la visuale.
Una disperazione indicibile le attanagliò il cuore.
- Cosa succede? Dimmelo ti prego - scongiurò sentendo le lacrime pizzicale gli occhi.
- E' morta mia signora ... non sento vita dentro di lei - rispose Lilith tetra. Anche Iago aveva smesso di piangere come se capisse la gravità di quelle parole. Fissò la gemella che immobile giaceva tra le braccia del padre. Lei a differenza sua aveva ereditato i capelli corvini del padre e la pelle color alabastro.
Il demone la scrutava intensamente, con una mano premuta sul corpicino, in prossimità del cuore. Non batteva. Provò ad attivarle i centri di energia, a farle battere il cuore usando la magia e a soffiarle dentro i polmoni dell'aria, ma il corpo rimaneva comunque immobile anche se caldo.
Non c'era nulla da fare, così si tolse il mantello e glielo avvolse attorno. Poi la depose dentro la culla sfarzosa, leggermente illuminata dai fuochi fatui, in cui avrebbe dovuto riposare.
Nell'istante in cui la luce bagnò il suo viso, gli occhi della bambina si aprirono.
Satan ne vide il colore, quello originale, prima che divenissero rossi come quelli dei demoni.
Per un istante vide il riflesso degli occhi di Lucifero ed ebbe un tremito in tutto il corpo.
Si riscosse, prese la figlia in braccio. Viva.
- Vuoi conoscere tua madre, Vitani? -

Virgin Crisis - Amore SatanicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora