Capitolo 1

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Aprii gli occhi verso la luce fioca che penetrava dalle finestre. Uno spiraglio scaldava il lenzuolo bianco che mi scopriva leggermente le gambe. Avere finalmente una casa mia era un sogno che desideravo da anni. L'appartamento era piccolo, ma accogliente. Era arredato con mobili antichi di ogni genere. Inoltre, in ogni stanza, erano presenti quadri: amavo l'arte. In particolare, nella mia stanza, era appeso "Il Bacio di Klimt".
C'erano soltanto quattro stanze: un bagno, due camere e una stanza che racchiudeva cucina e salotto. Avevamo anche una piccola terrazza sulla quale sdraiarci, in estate, per prendere il sole; oppure per vederla colma di neve in inverno. O almeno questo era ciò che immaginavo.
Come dicevo, era molto piccolo, ma comodo e tutto nostro. Infatti, non era soltanto mio, lo condividevo con la mia migliore amica Catherine: ci conoscevamo da quando eravamo piccole; solita storia delle due ragazze capitate nelle culle vicine, le rispettive mamme delle quali avevano iniziato a parlare dei vari grammi di latte in polvere da usare, di tettarelle e di pannolini... Col tempo iniziammo a conoscerci meglio e stemmo, sin dalle elementari, in classe assieme. Ci eravamo trasferite qualche anno fa, dalla lontana Inghilterra, e avevamo preso da poco, questo piccolo appartamento a Los Angeles. Insomma, eravamo inseparabili.
<<Sheryl! Svegliati! Perderemo l'autobus e tu non vuoi far tardi a lavoro, vero?>>
<<Eh...? Cosa? Di quale lavoro stai... EH?! CHE ORE SONO?!>>
<<Sono le sette e un quarto signorina, alle sette e trenta passa l'autobus e alle otto bisogna essere a lavoro. Hai un'amnesia o qualcosa di simile?>>
<<La sveglia non ha suonato. Tu come fai ad essere già in piedi così arzilla?>>
<<In realtà, mia cara Sheryl, la sveglia è suonata e l'ho sentita bene. Tu l'hai addirittura spenta e hai ricominciato a dormire.>>
<<Ho capito, va bene. Vuoi continuare a farmi la predica o posso andare a prepararmi?>>
<<Nessuno ti ha bloccata tesoro.>>
Quando iniziava a fare la sarcastica di prima mattina, lo giuro, le avrei tirato un pugno in faccia. Nonostante avessi cercato di svegliarmi stiracchiandomi lungo tutto il letto, non riuscii a togliermi il sonno di dosso. Il sogno che avevo fatto era veramente pazzesco e... oddio, non lo ricordavo già più. Maledetta vita. Ogni volta che sognavo qualcosa di interessante o di magnifico, lo dimenticavo appena cercavo di ricordarlo. Sapevo soltanto che al risveglio, avevo trovato un cuscino tra le mie braccia.
Mi allontanai a tentoni dal letto e mentre cercavo un appoggio stabile, mi trovai davanti Catherine e mi aggrappai subito a lei che, non aspettandoselo, cadde e ruzzolammo a terra.
Cathie imprecò sottovoce e si allontanò verso la porta per uscire, mentre io cercai inutilmente di rialzarmi.
Il mio corpo non voleva abbandonare il pavimento, "è così comodo" pensai tra me e me.
Finalmente riuscii ad alzarmi, andai in cucina e mangiai qualche biscotto, preso dalla credenza, inzuppato nel latte: avevo sempre odiato il caffè e il suo gusto amaro; amavo tutto ciò che era dolce. Anche se, in realtà, preferivo il salato.
Poi corsi in bagno e mi lavai i denti. In 5 minuti avevo fatto ciò che avrei fatto di solito in mezz'ora. Continuai a controllare l'orologio senza interruzione mentre mi infilavo una t-shirt rosa e dei pantaloni della tuta grigi. Controllai un'ultima volta l'orolgio, mi infilai le All Stars, mi sistemai i capelli, un po' di trucco, profumo, ricontrollai e via che si andava. In dieci minuti, ero riuscita a fare l'impossibile.
<<Cathie! Sono pronta! Esco ora!>> le gridai dalla porta invano: era già andata. Mi infilai la giacca, presi la borsa, chiusi la porta a chiave e vruuuum, uscii di casa correndo. Sembrava quasi che stessi volando da quanto percorsi velocemente la strada per arrivare alla fermata, dove mi stava già aspettando Cathie, un po' innervosita. Quando era ansiosa e infastidita, Catherine tendeva a incrociare le braccia e a camminare avanti e indietro, alzando più volte gli occhi al cielo.
<Oh finalmente direi.>>
<<Scusa.>>
<<Ma ehi... traquilla okay? Scherzavo. Insomma, non sono realmente arrabbiata con te. E poi nel frattempo, stavo ascoltando Alex.>>
<<Alex? Chi è?>>
<<Davvero non conosci Alex Turner degli Arctic Monkeys? Oddio dovrò farteli ascoltare. Forza, intanto saliamo su quest'autobus e raggiungiamo Charlie, ha detto che ci sono news nel bar: due nuovi baristi stanno per unirsi a noi. Poi magari ti farò sentire qualche loro pezzo.>> disse, poi salimmo appena in tempo sul pullman e ci accomodammo nei posti a metà del mezzo, laddove il finestrino era più ampio e concedeva una migliore visuale delle strade periferiche di Los Angeles. Appoggiai la testa al vetro e iniziai ad ascoltare musica dagli auricolari di Cathie. In poco tempo mi sarei sicuramente appisolata.
La tranquillità che concedevano gli autobus in movimento, era ineguagliabile: riuscivo quasi ad assopirmi più facilmente qui che a casa, dove invece dovevo sopportare Cathie mentre russava sonoramente. Spesso era anche sonnambula! Difatti un giorno mi svegliai di soprassalto per un rumore proveniente dalla sua stanza; mi avvicinai alla porta spalancata e la scorsi sdraiata a terra, con la faccia rivolta verso il pavimento. Si alzò di scatto e mi saltò addosso abbracciandomi: sembrava alquanto terrorizzata... soltanto più tardi mi raccontò che aveva aperto gli occhi e si era ritrovato in un piccolo spazio buio (era claustrofobica proprio come me), aveva tirato un calcio all'anta dell'armadio ed era caduta fuori. Possibile che fosse potuta entrare lì dentro e aver dormito lì tutta la notte senza accorgersene? La cosa non mi sconvolse affatto dato che, il giorno dopo, intorno alle 3 di notte, l'avevo beccata mentre mangiava pavesini con su spalmata della nutella; e la mattina seguente, dopo averle spiegato cosa era successo, non si ricordava già più niente!
Era un pericolo pubblico quella ragazza!
Ma anche io non scherzavo: tendevo ad agitarmi molto nel sonno, disfacendo il letto e ritrovandomi più volte scoperta. Prima di addormentarmi ero solita dondolarmi come in una culla, cosa che non avrebbe aiutato se di fianco ci fosse stato qualcuno. Avevo inoltre la capacitá di occupare un letto matrimoniale intero! Non sarei mai potuta stare assieme ad un ragazzo a dormire insomma...

Continuai a far riemergere qualche pensiero, poi diedi un ultimo sguardo al di fuori del finestrino prima di piombare in un sonno profondo.

When the sun goes down |Alex Turner|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora