Capitolo 9

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<<Cos'è successo?!>> le chiese Catherine quasi urlando e portandosi entrambe le mani davanti alla bocca. Era sempre stato tipico di Cathie preoccuparsi ed essere così terribilmente teatrale: la maggior parte delle volte, piangeva vedendo qualcun altro stare male. Anche io ero molto empatica, ma soltanto nei confronti delle persone a cui tenevo particolarmente...
<<Beh...ecco... ieri sera sono tornata a casa prima e ho aspettato il mio ragazzo tutta la notte... ed è per quello che sono arrivata tardi a lavoro... non ho chiuso occhio...>> disse Taylor fra i vari singhiozzi. Non riusciva a smettere di piangere e di tremare.
<<Beh e quindi? Avete litigato?>> le chiese ora Miles, cingendo la sua vita con un braccio e guardandola in modo apprensivo, quasi fosse suo padre. E che sguardo profondo ed intrigante aveva... non si capiva mai se voleva proteggerti da qualunque calamità, come se fosse un supereroe, o svestirti all'istante. Ma andava bene in entrambi i casi!
Taylor tirò sul col naso prima di parlare.
<<Ragazzi... non è tornato... e... non ho la più pallida idea di dove possa essersi cacciato!>> disse prima di ricominciare a piangere ancora più rumorosamente. Le lacrime scorrevano giù per le sue guance come se fossero cascate.
<<'Sta tranquilla Tay, faremo di tutto pur di ritrovarlo, d'accordo?>> intervenne Charlie.
Ci fu un lungo minuto di silenzio.
<<Secondo me dovremmo lasciar perdere. Io lo conosco da anni e forse è scomparso perché ha soltanto bisogno di trascorrere del tempo da solo... sapete come è fatto, no? O meglio, sai?>> disse Miles rivolto a Taylor.
<<Si, forse hai ragione... ora sarebbe meglio ch'io ritornassi a lav...>>
<<Guarda che se hai bisogno di tempo e se stai male, puoi anche stare a casa. Magari controlli che non sia ritornato e tutto quanto.>> le disse Charlie interrompendola, come faceva sempre.
<<No Charlie, preferisco staccare un po' la spina, non pensarci... se lavoro è probabile ch'io mi distragga e di sicuro sto meglio qui che là, dato che là lo cercherei continuamente... e poi stamattina, mentre mi preparavo per venire qui, non ho neanche visto la sua giacca di pelle... significa che non è nemmeno passato di casa! In poche parole... resto.>> disse Taylor tutta d'un fiato, asciugandosi le lacrime e cercando di sistemarsi il trucco che nel frattempo si era sbavato. Cercava di stare calma, ma non ci riusciva, era più forte di lei. Penso che una delle cose peggiori nella vita, sia ascoltare una persona mentre sta parlando di qualcosa veramente doloroso, cercando di essere forte; il momento in cui si ode una rottura nella sua voce, quasi impercettibile per l'ascoltatore ma struggente per chi parla.
Il coraggio è sottovalutato in certi casi.
Ma... aspetta... una giacca di pelle...? Oddio! Nonononono, non poteva essere vero! Stamattina ne avevo vista una nera identica a quella di Alexander tra le lenzuola! E mentre uscivo di casa, una marrone scuro sull'appendiabiti. Prima non c'erano mai state! Non erano certamente di Catherine!
Ma poi perché due?...
<<Ehi tu, vieni con me.>> Catherine prese per un braccio Taylor e si incamminò verso il bagno, interrompendo il corso dei miei pensieri.
<<Dove mi porti?>> le chiese strofinandosi gli occhi.
<<A rinfrescarti e a pulirti la faccia, dato che sembri letteralmente un panda.>>
Risero assieme a quell'affermazione e quasi provai gelosia nel vedere la mia migliore amica assieme ad un'altra, perché lei, per me, era il mio tutto. Era la mia persona e questa definizione, l'avevamo presa dalla nostra serie tv preferita: Grey's anatomy. Secondo Meredith e Christina, nonché le protagoniste delle prime stagioni, essere la persona di qualcuno, significa 'esserci'. E a loro non importa la distanza che le separa o le situazioni in cui si trovano, loro ci sono sempre, l'una per l'altra. Ma ora avevo appena discusso con Cathie, e speravo vivamente che le cose si risolvessero entro stasera: avevo un gran bisogno di parlarle e di sentirla vicina a me. Quel giorno era anche il compleanno di mio papà, ma lui non c'era ed io non potevo chiamarlo per fargli gli auguri...
Nel momento in cui fui travolta da una nuova ondata di pensieri, in quello stesso istante, il mio cellulare cominciò a vibrare nella tasca dei pantaloni: era mamma. Aveva sempre avuto un tempismo perfetto.

When the sun goes down |Alex Turner|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora