Capitolo 12

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Raggiungemmo la spiaggia in una decina di minuti.
Alex allentò la presa delle sue braccia attorno al mio corpo facendomi scendere. Poi si tolse il telo che aveva avvolto attorno ai fianchi, lentamente, quasi lo facesse per attirare la mia attenzione e l'aveva decisamente attirata. Lo stese poi accanto a quello di Samuel, completamente nero con una linea bianca spezzata al centro: sembrava quasi il disegno di un battito cardiaco.
Squadrai Alexander: non aveva un costume... aveva soltanto un paio di slip grigi addosso!
I miei pensieri iniziarono a vagare dalla sporgenza resa evidente da quelle mutande striminzite, ai capelli scompigliati, non più tenuti fermi da quello strato di gel che si ostinava a mettere.
Non sapeva di essere bello anche senza?
<<So di essere bello, ma potresti anche evitare di mangiarmi con gli occhi, non credi?>> mi disse ridendo, probabilmente leggendomi nel pensiero. Non mi diede il tempo di arrossire, prendendomi nuovamente in braccio nello stesso modo di poco prima.
<<Dài! Mettimi giù!>> gli gridai paonazza, non appena mi accorsi che si stava dirigendo verso il mare. Alex continuò a correre, ma quando raggiunse l'acqua, mi bagnai la schiena rabbrividendo e stringendomi più forte a lui.
<<Oh non se ne parla affatto!>> rispose alla mia richiesta, ridendo nuovamente: e che risata aveva... La sua tristezza sembrava essere del tutto scomparsa così decisi di non essere la guastafeste di turno assecondandolo.
Continuò dunque la sua corsa verso Samuel, che era distante pochi metri da noi, nell'acqua più alta. Fortunatamente da bambina, avevo frequentato numerosi corsi di nuoto, di conseguenza me la sarei cavata se mai, come piano, avesse avuto quello di portarmi lontana e affogarmi.
<<Che intenzioni hai...?>> gli chiesi quando ormai la mia pancia chiedeva pietà, essendo schiacciata sulla sua spalla. Inoltre quella posizione mi impediva la vista della sua faccia, cosa a dir poco svantaggiosa, siccome non potevo vedere le smorfie che faceva, le quali mi sarebbero state d'aiuto nel prevedere le sue mosse.
<<Lo vedrai.>> rispose, e avrei potuto scommetterci la mia pancetta che, mentre diceva quella frase, aveva sorriso maliziosamente, anche se non potevo averne la conferma.
<<Oh eccovi! Ci avete messo un'ora ad arrivare.>> ci salutò Samuel sbuffando e schizzandoci l'acqua addosso.
<<Non è colpa mia se questo sacco di patate...>>
<<Mi chiamo Sheryl!>> lo interruppi imbronciata.
<<E va bene! Se Sheryl camminava lentamente: l'ho dovuta prendere in braccio e portare fin qui.>>
<<Non te l'ho chiesto io, potevi benissimo correre dietro a lui e lasciarmi lì.>> gli risposi a tono.
<<Ah ma così non sarei riuscito a fare questo...>> disse prima di scaraventarmi in acqua.
<<Che deficiente sei!>> non riuscii a trattenere una risata appena riemersi, e cominciai a schizzargli, creando così una furiosa lotta a suon di spruzzi, alla quale si unì anche il riccio.
Io ed Alex ci girammo e ci guardammo per un istante interminabile, mentre Samuel continuava a schizzare alle nostre spalle; poi, insieme, ci voltammo nuovamente e iniziammo a scalciare, in modo tale che l'acqua bagnasse soltanto Samuel, il quale poco dopo si arrese.
<<Ok basta, mi arrendo.>> disse in un sussurro, come se fosse stremato. E forse lo era davvero.
Io e Al ridemmo.
Poco dopo però, calò la calma, e per qualche minuto riuscii a rilassarmi, notando che i due si erano allontanati a chiaccherare tra loro. Mi sdraiai sull'acqua 'facendo il morto' e ammirai il cielo: era un'immensa distesa azzurra, nessuna nuvola l'ostacolava, oggi. Mi sentivo così piccola dinanzi ad esso che quasi mi meravigliavo di quanta gente, in realtà, non lo guardi mai. Le persone alzano lo sguardo al cielo soltanto quando sono tristi, per non piangere. Mentre io lo fissavo, guardavo, osservavo, cercando di vederne la fine senza un preciso scopo, se non quello di evadere dalla realtà. Ma non ne aveva una: è così difficile per la condizione umana, credere all'infinito; non ce ne capacitiamo.
Ma neanche la calma scesa poco prima sarebbe stata infinita, difatti i due ritornarono poco dopo con un sorriso malizioso sul volto.
<<Che avete intenzione di fare?>> chiesi prontamente, ricomponendomi e tornando in piedi.
<<Senti com'è calda l'acqua qui...>> disse Al rilassandosi come avevo fatto io poco prima. Samuel, dietro a noi, cominciò a ridere rumorosamente e soltanto allora capii: una chiazza giallognola fece capolino sulla superficie dell'acqua che ci circondava.
<<ALEX! Sei un porco! Ma che schifo! Ti sembra il caso di fare pipì qua di fianco a me?!>> gli urlai contro prima di allontanarmi di qualche metro da lui.
<<Eddai, resta qui. Dove stai andando?>> mi chiese rialzandosi, ma continuando a ridere.
Non gli risposi e mi avviai verso la spiaggia, disgustata dal pessimo scherzo che mi avevano fatto.

When the sun goes down |Alex Turner|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora