Everything I try to do, Nothing seems to turn out right

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-Vuole vederti! Sta bene...- si affrettò a dire, fortunatamente prima che avessi un attacco di panico.
Quindi si era già svegliato. E il suo primo desiderio era quello di vedermi, nonostante la nostra brutta discussione del pomeriggio precedente. Forse non sarebbe stato così difficile sistemare le cose.
All'improvviso però mi resi conto che c'era un altro problema di cui lui non sapeva nulla: l'aborto. Gli avevo promesso che avrei tenuto il bambino, e invece non c'era più. Non era stata colpa mia, però. Forse avrei potuto prevenirlo standomene tranquilla e lasciando che qualcuno lo operasse al posto mio... ma in fondo avevo fatto la cosa giusta. Avevo salvato lui.
Avrebbe capito? O se la sarebbe presa ancora una volta con me?
-Emma? Ti sei incantata... vieni o no?
-Sì, sì. Certo che sì. Andiamo.- decisi infine. Non potevo mandare mia sorella a dirgli che non volevo vederlo, sarebbe stato peggio.
Ci incamminammo verso la sua stanza, e notai come con la coda dell'occhio mi guardasse ogni tanto: ero certa avrebbe voluto riempirmi di domande sulla gravidanza e poi farmi da psicologa, ma non era quello il momento adatto. Forse l'avrei anche accontentata, un giorno a casa davanti ad una tazza di cioccolata calda.
Si fermò davanti alla porta, prima che entrassimo.
-Vai. Penso che dovrei lasciarvi da soli...
-Ok. Vai al bar ad avvertire Regina per favore...
Mi salutò e si diresse a passo svelto in direzione dell'ascensore. Da una parte avrei voluto chiederle di rimanere, perché se ci fosse stata non si sarebbero potute creare situazioni imbarazzanti tra me e Jones, ma avevo bisogno di un po' di privacy.
Entrai lentamente nella sua camera, ed era sdraiato esattamente come prima di essere operato. Non sembrava uno che poche ore fa aveva rischiato di morire dissanguato. In più però aveva un sondino naso gastrico per la nutrizione e una flebo. Probabilmente non avrebbe potuto mangiare da solo per almeno le prossime 48 ore.
Aveva gli occhi aperti, e voltò piano la testa verso di me con un sorriso.
-Sei molto sexy con questi pantaloni di pelle... non che il look da dottoressa non ti doni, ma...sai. Evidenzia meglio le due doti...- commentò, mentre mi avvicinavo.
Scoppiai a ridere incredula, anche dopo un intervento difficile come il suo riusciva a mettersi a scherzare e punzecchiarmi.
Avvicinai la solita poltrona al letto e mi ci sedetti accavallando le gambe e incrociando le braccia, per poi squadrare il suo volto divertita.
-Come ti senti?- gli domandai infine.
-Credo di essere imbottito di antidolorifici... quindi non mi sento poi così male. Cos'è successo?
-Avevi un'emorragia bella tosta. Ma l'ho fermata... starai bene. E non farmi più scherzi del genere, chiaro?!
-Cercherò di fare del mio meglio, tesoro... anche se non nascondo che mi eccita sapere di avere le tue mani su di me...
-Anche dentro di te. Nel tuo petto, letteralmente. E credimi, non l'avresti trovato eccitante- commentai ora seria, ripensando al terrore che avevo provato per il breve istante in cui avevo creduto di non riuscire a salvarlo.
Forse se ne rendeva conto anche lui e scherzava per cercare di minimizzare la situazione e tranquillizzarmi, ma non me la sentivo di ironizzare sull'argomento.
-Scusa. Tu come stai invece? Mi dispiace aver interrotto le tue ore di pausa, avresti bisogno di riposare...- sussurrò, afferrandomi la mano destra che mi stavo tormentando con l'altra.
-Non ti preoccupare, sto bene. Quando ho scelto di studiare medicina ho messo in conto che il sonno non sarebbe potuto essere la mia priorità...- sorrisi. Non volevo dirgli di aver perso il bambino, almeno non in questo momento... l'avrei fatto preoccupare, conoscendolo, e non era proprio il caso. Doveva pensare a sé stesso ora, a riposare e a rimettersi in forze.
Avrei voluto vederlo fuori da quel letto, anche se ciò avrebbe voluto dire che presto sarebbe stato dimesso e non l'avrei visto tutti i giorni a tutte le ore.

-Emma...- parlò ancora, e il suo tono di voce non promise nulla di buono, almeno non per me. Solo dal modo in cui aveva pronunciato il mio nome fui sicura che volesse affrontare l'argomento che tanto volevo evitare.
-Dovrei lasciarti riposare...- borbottai, cercando di far cadere il discorso anche se già sapevo che non ci sarei riuscita.
-Vorrei spiegarti perché ti ho chiesto di fare quella promessa. Poi ti lascerò andare...
Mi guardò supplichevole, e mi fece così tanta tenerezza che non riuscii ad aprire bocca per dirgli di no. Ma doveva anche sapere la verità prima che fosse troppo tardi e ci rimanesse troppo male.
-Va bene, ma prima...
-Lasciami spiegare. Poi potrai dirmi tutte le tue ragioni- mi bloccò, non dandomi modo di dire niente.
-Sì, ma...- tentai ancora ma invano, aveva già iniziato a parlare.
-Avevo nove anni quando mio padre ci abbandonò. Lo fece nella notte, da codardo. Mia madre era incinta del terzo figlio, era al terzo mese... Volevo una sorellina, avendo già un fratello. Per lei fu dura accettare che lui ci avesse davvero lasciati, soprattutto in quel momento... dopo che era sembrato tanto entusiasta di questo bambino, ma ovviamente era stata una farsa. Lui voleva girare il mondo, da solo. Preferì sacrificare la sua famiglia... Lei cadde in depressione, e decise di abortire. Era certa di non avere le forze per crescere un bambino da sola, nonostante io e mio fratello le promettemmo che avremmo aiutato. Non se la sentiva lo stesso, e quindi l'ha fatto, ha abortito.- si fermò un attimo e chiuse gli occhi, prendendo un gran respiro. Non sapevo se stesse male o era per via della sua storia, quindi gli afferrai la mano e la strinsi tra le mie.
Sorrise ad occhi chiusi e ricambiò la stretta, per poi riaprirli.
-I mesi successivi furono un inferno. Mia madre stava sempre peggio, una notte la sentii piangere e andai di soppiatto a origliare e spiare dal buco della serratura della sua camera. Piangeva su dei completini da bambino, molto piccoli... rosa. Capii quindi che aveva anche saputo il sesso della bambina, sicuramente durante la visita del giorno prima che mio padre ci lasciasse. E poi... ha iniziato a parlare da sola... o meglio, con questa bambina immaginaria. Anche davanti a noi, come se non si rendesse conto di dove fosse... ma erano solo dei momenti, ci assicurava ogni volta di stare bene e di aver bisogno di tempo, quindi non chiedemmo aiuto. E poi, un bel giorno, tornato da scuola trovai mia madre senza vita sul divano. Aveva bevuto qualcosa e...beh, puoi immaginare.
Restai col fiato sospeso, era orribile solo immaginare la scena a cui aveva dovuto assistere. Un bambino che tornava da scuola e trovava la madre morta suicida. Gli strinsi la mano ancora di più, per fargli forza, e inoltre per trattenere le lacrime dovetti usufruire di tutta la mia forza di volontà.
-Aveva lasciato un biglietto. C'era scritto... che l'aveva fatto per noi. Che non meritavamo una madre simile... una madre debole che invece di farsi forza e magari darci un nuovo padre, ha preferito uccidere nostra sorella. Ha aggiunto che non voleva rovinarci la vita costringendoci a occuparci di lei quando sarebbe impazzita del tutto... ci ha chiesto di essere felici, e andare avanti con forza. Di imparare dai suoi errori e da quelli di nostro padre, in modo da poter essere persone migliori. E la scritta "addio" era sfocata... come se avesse pianto, e fosse caduta lì una lacrima...- si voltò a guardarmi negli occhi, i suoi erano lucidi come i miei.
-Per questo Emma ti chiedo di non farlo. Forse sono ancora traumatizzato e sto esagerando ma... uccidere un figlio potrebbe segnarti in un modo che neanche puoi immaginare, potresti sentirti in colpa per tutta la vita. Tu sei una donna molto forte, sei dolce, premurosa... puoi essere una fantastica mamma per questo bambino, e tuo figlio sarà sicuramente felice di aiutarti col suo fratellino o sorellina...- detto questo mi poggiò una mano sulla pancia e sorrise rassicurante, mentre io scoppiai completamente in lacrime.
Piansi perché capii che quella promessa per lui era stata molto importante, e io l'avevo sottovalutata. L'aveva fatto per me, perché gli importava di me e aveva paura che potessi soffrire per tutta la vita. Mi aveva fatto promettere di risparmiarmi un dolore di cui non avevo neanche percepito la minaccia, ma che ora comprendevo benissimo.
-Tesoro, Emma... sta tranquilla. Non... non volevo turbarti tanto, non credevo...- fece in tono dispiaciuto. L'avevo anche fatto sentire in colpa, non riuscivo a farne una giusta. Continuavo a fare errori, a sbagliare e rendermene conto solamente dopo. Ero la regina degli errori.
-Non... non è colpa tua. Ho solo... solo una domanda. Perché fai tutto questo per me?- gli domandai tra i singhiozzi, sforzandomi di guardarlo.
-Perché... tu sei la donna che mi ha salvato la vita. E sei il tipo di donna che ammiro. Lo so che faccio battutine sul tuo aspetto... e insomma, sì, tu sei bellissima... ma non è la prima cosa che ho notato di te. È l'unione della tua determinazione e della tua dolcezza che mi hanno colpito subito. Così... così piccola, hai tirato via quella trave per salvarmi la vita rischiando di annegare e ferirti gravemente. Invece sei riemersa dall'acqua gelata, e come niente fosse ti sei occupata di me... e ti sei messa a dare ordini a quel poliziotto- aggiunse con una piccola risata, e ciò non fece che farmi sentire peggio.
Lui mi vedeva perfetta, mi vedeva come un modello di donna, ma non aveva idea che io non ero nulla di tutto questo. Con la determinazione che tanto ammirava di me avevo condannato mio figlio a morire ancor prima di nascere.
-S... scusa Killian. Non... non ce la faccio. Torno dopo.- dissi tra i singhiozzi e corsi via prima che potesse chiamarmi indietro e convincermi a rimanere. Perché sarebbe davvero bastato solo un piccolo richiamo, e non volevo che accadesse. Non ero pronta a dirgli la verità; ora che conoscevo la sua storia avevo ancora più paura di dargli un dolore.

Rescuing the Jolly Roger helmsman - Storybrooke HospitalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora