KILLIAN POV
Il giorno prima
Guardammo Emma allontanarsi, fino a che non sparì nell'ascensore. Mi voltai verso suo padre, che a sua volta mi stava squadrando con espressione indecifrabile.
-Andiamo Jones, la accompagno in stanza.
-Non ce n'è bisogno dottore, la ringrazio.
-Mia figlia mi ha chiesto di farlo, ed è quel che farò. E voglio scambiare due parole con lei.
Annuii, seguendolo nel secondo ascensore per salire al mio piano.
Ero un po' preoccupato, la prima volta che era passato insieme alla madre di Emma era stato di poche parole ma non mi era sembrato di essergli molto simpatico... anche se ero piuttosto sicuro di essere piaciuto alla donna, che invece era stata molto dolce.
Quando raggiungemmo la mia camera, mi fece cenno di mettermi a letto, e non sembrandomi il caso di disobbedire lo feci, restando seduto con la schiena contro il cuscino.
Lui venne a prendere posto dove solitamente si sedeva Emma.
-Allora Jones, la devo ringraziare.- disse, facendomi rimanere a bocca aperta.
-Mi... mi dia del tu.- riuscii soltanto a dire.
-Va bene, ma non puoi fare lo stesso... non ancora. Comunque, grazie. Lo so che sono un dottore e non dovrei incitare alla violenza ma... l'hai fatto per mia figlia.
-Sì- gli assicurai -Io tengo molto a Emma, fin dal primo momento. E col tempo ho iniziato a tenerci sempre di più. Non posso sopportare l'idea che le venga fatto del male...
Lui annuì pensieroso, e lo vidi stringere un pugno: probabilmente stava ripensando a ciò che aveva subito la sua bambina. Era lacerante per me, non osavo immaginare quanto dovesse esserlo per lui.
-Avrai notato che Emma è una donna molto forte. Ma ferite come questa... la cicatrice le rimarrà per tutta la vita. Però si può fare in modo che cicatrizzi in fretta, e che col tempo diventi il più invisibile possibile. Tu la puoi aiutare, ho visto nei suoi occhi quanto ti vuole bene.
-Farò tutto il possibile dottor Nolan, e anche l'impossibile. Ma le giuro che farò di tutto perché Emma possa superare il prima possibile questo trauma, voglio vederla di nuovo felice- gli assicurai sorridendo, ripensando al suo bel sorriso, ai momenti in cui ci eravamo divertiti stretti nel letto...
-Lo so. Ammetto che non mi sei sembrato molto simpatico... ma vedo quanto tu ci tenga, e quanto lei tenga a te. Quindi per favore, stalle vicino... falle tornare il sorriso.
-Lo farò. Ho tutta la pazienza del mondo quando si tratta di lei- gli garantii, contento che avesse deciso di darmi una possibilità.
-Bene. Ma osa torcerle un solo capello, o non perderai solo l'altra mano...- mi minacciò, ma sapevo che stava scherzando. Forse non proprio, mi avrebbe davvero ucciso se le avessi fatto del male, ma stava comunque scherzando.
-Non si preoccupi. La sua felicità è la mia priorità dottore.
-Bene- ripeté -ora ti lascio. Puoi chiamarmi David tra parentesi, ma devi continuare a darmi del lei... devi guadagnartela la mia fiducia, ragazzo.
-Oh, succederà presto... David. Buon lavoro!-Ehi, è permesso?
Nonostante avessi riconosciuto subito la sua voce, mi voltai verso la porta per assicurarmi che non fosse frutto della mia fantasia.
Il giorno prima non si era più fatta vedere, e avevo pensato di dover portare ancora molta pazienza prima che decidesse di passare da me. L'altra dottoressa, Ruby, aveva detto che Emma era molto fragile e instabile, e che probabilmente non voleva farsi vedere in quello stato.
Invece eccola lì, sulla porta, con un vassoio pieno di pietanze, due bicchieri e una bottiglia. Dovevo ammettere che aveva un enorme equilibrio la ragazza.
-Wow, come fai a tenere tutta quella roba su un vassoio senza farla cadere?- le domandai curioso, mentre chiudeva la porta con un calcio e si avvicinava a me.
-Ho fatto la barista Jones, per ben tre anni in realtà. Sono molto brava.
-Lo vedo- sorrisi, mentre liberavo il comodino perché potesse poggiare il vassoio.
-Pensavo...- riprese, ora più imbarazzata -che insomma, potremmo pranzare insieme. Ho... ho portato delle cose dalla mensa, insieme a dei dolci che ho fatto con Regina l'altro giorno.
-Se ti fa piacere, hai pensato molto bene tesoro... vuoi... che ti faccia spazio sul letto? Mi metto nell'angolino...- tentai, col solo fine di farla stare un po' più comoda.
-No... scusa, non me la sento. E scusami anche per non essere più passata ieri, è che...
-Non importa, non devi scusarti di niente- mi affrettai a dire; potei giurare che la sua voce si fosse incrinata per un attimo, e l'ultima cosa che volevo era vederla piangere di nuovo.
Annuì e mi porse uno dei piatti, che conteneva un hamburger gigante e delle patatine fritte; era una vita che non ne mangiavo! In ospedale tendevano a portarmi pasti piuttosto salutari, ovvero poco saporiti. Solo lei ogni tanto mi portava qualcosa di buono, senza farsi beccare.
Feci per addentare il mio panino, quando notai che il suo piatto conteneva soltanto mezzo pomodoro e qualche foglia di insalata.
-Voglio sperare che per strada ti sia mangiata il resto del tuo pranzo...- dissi, guardandola serio, ma quella continuò a guardare nel proprio piatto.
-E' solo che non ho molta fame. Sta tranquillo, non sono sulla strada per l'anoressia... per favore- mi supplicò affinché non insistessi, e per quanto mi risultò difficile optai di darle ascolto per non finire male.
Mangiai il mio pranzo, mentre lei a fatica mandava giù quel poco che aveva nel piatto, ma decisi di guardare il lato positivo: se non altro si stava sforzando di mangiare, nonostante dovesse avere lo stomaco chiuso. Non si stava lasciando andare del tutto, stava tentando di andare avanti.
-Vuoi dare un morso?- proposi all'improvviso, mostrandole il panino.
La donna mi guardò incerta, poi spostò lo sguardo sull'hamburger; dopo degli attimi di esitazione, si avvicinò e diede un morso deciso, per poi masticarlo e mandarlo giù.
-Mmh... ancora uno? Posso?
-Certo- sorrisi -anzi puoi anche finirlo tutto!
-Nono... non esageriamo adesso.
Per un attimo sembrò essere tornata la Emma di sempre, sciolta e allegra, ma una volta mandato giù quest'ultimo pezzetto la sua espressione tornò inquieta. Passò la fame anche a me e misi da parte il piatto, non riuscivo ad accettare che sarebbero passati mesi, se non anni prima che riuscisse a superare completamente l'accaduto.
-Ieri sono venute delle persone a parlare con me- disse improvvisamente, catturando subito la mia attenzione.
-Erano un poliziotto a un'assistente sociale... volevano una deposizione.
-Anche l'assistente sociale?- le domandai confuso.
-No. Cioé sì, doveva sapere... ma sai, l'orfanotrofio ha deciso di propormi ufficialmente di avere almeno l'affidamento temporaneo di Lily. Dato che è ciò che la mamma avrebbe voluto...
-Aspetta. L'affidamento temporaneo di Lily? Ti affiderebbero la bambina? Davvero?
Lei annuì pensierosa: -Forse...
La guardai confuso, non riuscivo a capire dove volesse arrivare.
-Gli assistenti sociali prima di potermi affidare una neonata devono assicurarsi che io possa prendermene cura. E uno stupro recente non aiuta. Non aiuta per nulla. Io... non avevo pensato all'adozione, ma... ora che me l'hanno proposto, non so se riuscirei a sopportare il fatto di non poterla avere...- ammise abbattuta, poggiandosi contro lo schienale e chiudendo gli occhi.
-E' andata male?
-No, non credo... non ancora. Sono stata molto... calma, mentre parlavo con il poliziotto. L'assistente sociale guardava... e non credo di aver fatto trasparire ansia o altro... sai insomma, mi so controllare. Però ha fissato un colloquio... per domani. E purtroppo deve parlare anche con Hopper essendo legalmente uno psicologo che mi segue. Io non volevo tutto questo... se non fosse stato per August, la notizia sarebbe stata meravigliosa... al 99% me l'avrebbero affidata, e poi chissà...
-La vuoi adottare? Lily?
-Non lo so. Non ci ho mai davvero pensato. Però...
Riuscii a capire perfettamente il suo stato d'animo.
Probabilmente non avrebbe più potuto avere figli suoi, ed ora le si era presentata l'occasione di adottare una bambina a cui teneva, una bambina che per lei era importante. Sarebbe stato di certo come se fosse sua, ne ero convinto... nessuno più di lei avrebbe potuto prendersene cura meglio. Anche con un'adozione vera e propria.
-Forse sarò inopportuno... ma... le donne single possono adottare?
-Killian- si ridestò incredula -siamo nel ventunesimo secolo, e siamo in America. Sai, sono state fatte leggi ultimamente... ma tu da che pianeta arrivi?
-Scusa... sai, vita da marinaio. Non sono molto esperto...
-Lo vedo... comunque sì, posso adottare, volendo... e sinceramente, per un affidamento temporaneo ho subito detto di essere interessata. Non voglio che quella bambina rimanga nella nursery di qualche orfanotrofio mentre aspetta di trovare una famiglia... Killian, mi abbracceresti?
-Eh?- mi maledissi subito per quella reazione, ma mi colse del tutto alla sprovvista. Fino a pochi minuti prima non se la sentiva neanche di accomodarsi accanto a me, e ora voleva addirittura un abbraccio...
-Dai, so che vuoi farlo. E io sono sicura di volerlo... provaci, ti prego- si tirò su e venne a sedersi con cautela accanto a me, guardandomi negli occhi.
Deglutii, darle un abbraccio era ciò che più avrei desiderato in questo istante, mi mancava come l'ossigeno. Eppure avevo paura di farla star male, di farle tornare in mente momenti poco felici... e sarebbe scappata via. Se quel piccolo avvicinamento che eravamo riusciti a reinstaurare in così poco tempo si fosse spezzato di nuovo? Sarebbe stato ancora più difficile superarlo stavolta.
Alla fine, però, non potei fare altro che cedere al suo sguardo supplichevole. Voleva davvero un mio abbraccio, e io glielo diedi.
Sussultò immediatamente al contatto, e il suo corpo si irrigidì; ma quando fui sul punto di lasciare la presa, scosse la testa e affondò il viso nella mia spalla.
Non voleva che mollassi, non voleva che mi arrendessi... quindi insistetti, e rimasi a coccolarla nell'abbraccio più delicato che fui in grado di darle. I suoi capelli odoravano di fiori, e inspirai quel profumo a cui da qualche giorno non avevo più avuto accesso.
Il suo respiro però si fece pesante, come se si sentisse soffocare. Chiusi gli occhi per riuscire a non piangere, mentre faceva scivolare le mie mani via dalla sua schiena.
Eppure non volle rompere il contatto, rimase poggiata a me, mentre i battiti del suo cuore iniziavano a rallentare.
Lentamente, portò le mani sui miei fianchi, facendole salire pian piano, fino a cingermi in un abbraccio dolce e perfetto.
Io non mi mossi, lasciai che fosse lei a fare tutto. Lei a intensificare la forza della sua stretta, lei a darmi un piccolo bacio sulla spalla, fino a che non la sentii finalmente rilassata.
Solo in quel momento vidi sua madre sulla soglia della porta, con le lacrime agli occhi e un gran sorriso sulle labbra.
Le sorrisi a mia volta, facendole cenno di avvicinarsi, ma lei scosse la testa e uscì con lo stesso silenzio con cui era entrata, lasciandoci godere quel contatto tanto desiderato.
Il corpo della ragazza era caldo, e scaldava a sua volta il mio. Volevo che quel momento durasse il più a lungo possibile, volevo addormentarmi e risvegliarmi nel suo abbraccio, rendermi conto che tutto era stato un brutto sogno, e nessuno le aveva fatto del male.
-Grazie Killian...- sussurrò vicino al mio orecchio -ora mi sento davvero molto meglio. Grazie per la tua pazienza... ti prometto che cercherò di superare tutto al più presto, e quando sarai fuori di qui potremo avere un appuntamento in qualche ristorante carino, poi ti inviterò a prendere un caffé... e poi...- non finì la frase, ma capii cosa avrebbe voluto dire. Che avremmo fatto l'amore.
Perché era amore... ormai non c'era alcun dubbio, ero innamorato perso di quella dottoressa, la amavo più di ogni altra cosa al mondo.
-Tesoro, quando si tratta di te io ho tutto il tempo del mondo... prenditene quanto te ne serve, e per quanto posso ti aiuterò a chiudere questa ferita. Non oserei mai e poi mai lasciarti sola.
-Pare una cosa tipo "nella buona e nella cattiva sorte"... mi stai sposando per caso?- alzò lo sguardo per guardarmi negli occhi, e il mio cuore si riempì di gioia.
Finalmente i suoi bellissimi occhi sorridevano, si era riaccesa quella luce che fino a questo momento era rimasta spenta e cupa.
-Poi te la prendi se faccio io le battute sul matrimonio...- scherzai, baciandola piano sulla fronte. Non si irrigidì, non successe nulla. Anzi, il suo sguardo si illuminò ancora di più. Era quella la Emma che volevo vedere sempre.
-Non osare rinfacciarmi le cose. Io ho sempre ragione, e tu torto. Chiaro?
-Chiarissimo tesoro.
-Ok. Senti, io ora dovrei andare. Ho la visita per... insomma. E poi devo andare da Hopper. Per la mia fantastica seconda seduta dallo psicologo.
-Andrà tutto bene, vedrai- la rassicurai, accarezzandole i capelli. Sentii che quel gesto la fece irrigidire, e anche se non disse nulla lasciai stare e le strinsi la mano.
-Magari parlaci bene. Se devono avere anche un suo parere per poterti affidare la bambina... fagli capire che sei in grado di farlo. Non guardarmi così, tu sei davvero in grado di prenderti cura della piccola.
Lei annuì un po' più convinta, e guardò verso il comodino dov'erano ancora rimasti i resti del pranzo che non avevamo più finito.
-Puoi bere, mangiare... quando torno voglio sapere cosa ne pensi dei dolci, mi raccomando!
-Assolutamente sì, ma scommetto che saranno deliziosi! A dopo dolcezza- le feci l'occhiolino mentre si alzava in piedi.
-Da tanto non mi chiamavi così. Mi mancava in un certo senso. A dopo Killian!- mi salutò a sua volta, e uscì dalla stanza. Mi sentivo meglio anch'io insieme a lei, vederla migliorare così mi aveva scaldato il cuore.
Ne aveva di strada da fare, ma aveva fatto dei passi da gigante; ero felice di essermi innamorato di una donna come lei.

STAI LEGGENDO
Rescuing the Jolly Roger helmsman - Storybrooke Hospital
أدب الهواةEmma Swan è una specializzanda al quarto anno di chirurgia. Durante un tragico incidente dove presterà soccorso, riuscirà a salvare il timoniere della Jolly Roger: Killian Jones. Non ci si dovrebbe mai innamorare di un proprio paziente, ma le regol...