Life and Death

1K 64 12
                                    

EMMA POV

Restai in silenzio. E anche lui fece lo stesso.
Ora era sicuramente schifato di me, non sarei più stata la sua dottoressa preferita. Si sarebbe fatto cambiare medico, non avrebbe sopportato neanche solo la mia presenza.
E come dargli torto! Dopo quanto avevo fatto, per chissà quale motivo idiota, anch'io ero schifata di me stessa: non avevo più alcun diritto di giudicare Ruby. Non ero stata migliore di lei, ma anzi, forse addirittura peggiore.
Non osai guardarlo, già il fatto che avesse smesso di accarezzarmi i capelli era poco rassicurante.
Perché diavolo avevo deciso di dire di questa mia bravata idiota proprio a lui? Perché non avevo aspettato di parlarne con Regina piuttosto? Mi avrebbe insultata e mi avrebbe fatto una bella ramanzina per la mia stupidità... ma non mi avrebbe odiata.
Mi alzai dal letto senza ancora il coraggio di rivolgergli lo sguardo, ma mi sentii afferrare per la mano.
-Aspetta.- sussurrò.
Io scossi la testa e cercai di allontanarmi, ma la sua stretta era ben salda. Era forte, e non voleva lasciarmi andare.
Feci più di un tentativo di divincolarmi, senza esagerare per paura di fargli del male, quindi ovviamente fallii.
-Lasciami stare Killian... per favore.- lo supplicai.
-Guardami.
-No. Mollami!
-EMMA!- esclamò con forza, e per lo spavento mi voltai di scatto, istintivamente.
Mi guardò negli occhi, e io rimasi incantata a perdermi nei suoi. Non c'era traccia di disgusto, o ribrezzo. Ci lessi invece amarezza e preoccupazione. Forse anche compassione, pietà.
Possibile che mi avesse capita? Che avesse capito il mio gesto più di quanto io stesso ero riuscita a fare? E soprattutto, come poteva non essere schifato? Quella sarebbe stata la reazione più ovvia da parte di chiunque conoscesse la situazione, e lui la conosceva.
-Ora siediti.- mi ordinò, e io non potei fare altro che obbedire.
Quindi mi scrutò ancora una volta, il suo sguardo era così penetrante che mi sentii come se mi stesse scavando un buco nella fronte.
-Io non posso giudicare la tua vita. Non dico neanche di capire il tuo gesto, posso solo fare supposizioni. Però non puoi piangerti addosso. Quel che è fatto è fatto.
-Non lo capisco neanch'io il mio gesto- borbottai, cercando di studiare ogni suo minimo movimento, ogni sguardo, per provare a capire cosa pensasse.
Restammo entrambi in silenzio, imbarazzati. O meglio, io per imbarazzo... al suo silenzio invece non ero in grado di dare una definizione.
Alla fine aveva deciso di giudicarmi? Di trasformare l'amarezza in disgusto? Oppure stava semplicemente cercando di capirci qualcosa in più? Odiavo non avere risposte a riguardo, perché in quei pochi giorni avevo imparato a tenere a lui come persona. Dietro le sue battutine, che non potevo negare mi facessero anche piacere, c'era un animo dolce, comprensivo, sensibile. Inoltre fino ad oggi aveva provato ammirazione per me, per il mio carattere, la mia forza, il mio lavoro.
E adesso gli avevo mostrato una parte molto brutta di me, che nemmeno io pensavo di possedere... e invece...
-Dio mio, sono una zoccola!- lasciai sfuggire il pensiero a voce alta, disperata per quella consapevolezza. Non era quello il tipo di persona che volevo essere.
-Ehi ehi, calma. Non esagerare adesso!- nel dirlo sogghignò leggermente e allungò una mano verso il mio viso, quella sbagliata però.
Trattenni il fiato. Oltre ad avergli dimostrato quanto potessi essere orribile, per colpa mia si sarebbe sentito uno schifo anche per il suo arto mancante.
Invece ritirò il braccio: come se non fosse successo nulla allungò l'altro, e prese la mia mano nella sua.
-Dicevamo?
-Dicevamo che non sto esagerando. Mi sono... venduta, per un intervento!
-Hai fatto sesso in cambio di un intervento?- alzò un sopracciglio, sorpreso.
-No! Certo che no! Prima c'è stato l'intervento. E poi... poi non lo so, che ne so! Non so perché ci sono stata!- ero esasperata, non sapevo che dirgli. Non lo sapevo semplicemente perché non avevo idea di cosa pensare di me stessa. Non sapevo cosa rispondermi. Probabilmente non sarei mai stata in grado di dare una spiegazione a quello che avevo fatto. Mi ero lasciata andare, ero stata debole... e basta.
-Dillo.- feci guardandolo negli occhi.
-Cosa dovrei dire?
-Dillo che ti faccio schifo. Dai, ammettilo, capirò.
-Ma no Emma, tu non mi fai schifo, è solo che...- si morse un labbro, guardandomi.
-Non mi offendo! Dillo e basta, ti prego. Mettilo in chiaro!
-Non è questo che voglio dire...
-Sì invece lo so, è normale. Dillo!
-La smetti?! Vuoi che io ti dica che mi fai schifo?! Bene, mi fai schifo allora! Visto che è ciò che vuoi! Ma la verità non è questa... la verità è che mi da' fastidio tu sia andata a letto con lui! È una cosa che non mi fa piacere sapere! E ora esci!- urlò arrabbiato, lasciando la mia mano.
Sembrava davvero furioso, era la prima volta che lo vedevo in quello stato. Faceva paura.
Avrei voluto correre, scappare via, ma questa sua esplosione poteva provocargli seri danni alla salute, il suo fisico era ancora troppo debole per certi sbalzi improvvisi.
-Calmati... devi... devi calmarti. Non ti fa bene.- tentai.
-Vattene. Sto bene, non ho bisogno di niente.
Diedi un'occhiata veloce ai suoi parametri sullo schermo. Nonostante tutto era stabile, quindi uscii dalla sua stanza, di nuovo in lacrime.

Rescuing the Jolly Roger helmsman - Storybrooke HospitalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora