Eleven.

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"Dove diavolo hai messo il nastro dorato?"
"April! Dov'è la carta da regalo con i fiocchi di neveee?"
"APRIL? DOV'E' LO SCOTCH?!"

Se io stavo impazzendo nel sistemare tutta casa per la festa di quella sera, in confronto a Jess ero la persona più sana ed equilibrata del Sistema Solare. La mia amica si era -come sempre- ridotta all'ultimo per fare ed incartare i regali, troppo presa ad organizzare un super-mega-iper-bellissimo regalo a Louis, ed adesso stava completamente dando di matto.

Alla fine, soprattutto grazie all'opera di convincimento di Tommo, eravamo riusciti a farle cambiare idea e avevamo organizzato una piccola festa tra di noi, quel 24 dicembre sera: io avevo offerto la casa e mi ero occupata degli alcolici -avevo preparato il mio classico ponch a cui nessuno poteva resistere-, mentre Jess aveva preparato tutta una serie di manicaretti giapponesi e scozzesi, un accoppiata decisamente strana ma erano le eredità gastronomiche della nonna di Tokyo e della nonna di Glasgow.

"Jess calmati. Mancano ancora quattro ore. E comunque trovi tutto nella scatola blu sul tavolo in cucina" le risposi, mentre finivo di spostare la poltrona contro il muro, stando attenta a non buttare giù il grande albero di Natale.

Dopo qualche minuto, una raggiante Jess uscì dalla cucina, portando in braccio una catasta di regali impacchettati veramente... male. Per essere una ragazza sempre impeccabile, spontaneamente elegante e precisa come pochi, era veramente negata ad incartare i doni.

"Wow, Jess, quest'anno ti sei superata: più che dei regali, sembrano aborti spontanei di tricheco!" dissi sarcasticamente, guardando con orrore quei pacchi.
Mi beccai una occhiataccia fulminante.

"Bene, vorrà dire che il tuo aborto di tricheco me lo tengo" rispose indignata.

Mi sollevai da terra, andando ad abbracciarla "Daaai, lo sai che scherzo, adoro i tuoi pacchi. Sono stilosissimi, nel loro essere inguardabili" replicai, stampandole un bacio a schiocco sulla guancia, per poi andarmi a buttare sul divano.

Mi meritavo dieci minuti di pausa, dopo aver tirato a lucido e sistemato tutto il mio appartamento. Ero sul punto di accendere la tv, quando il telefono che avevo nella tasca della felpa cominciò a vibrare.

"A che ore dobbiamo essere là stasera? xx Z."

Deglutii, mentre il cuore fece un triplo tuffo carpiato con avvitamento finale.
Avevo evitato Zayn dalla sera del quasi-non-diciamo-cosa. Nonostante mi fossi convinta che fosse stato solo frutto della mia fantasia e avessi scaricato la colpa sulla sindrome pre-mestruale, l'idea di vedere o parlare con Zayn mi metteva incredibilmente a disagio. Il che non aveva senso, lo so. Dopotutto, lo ribadisco, non era successo proprio un bel nulla. Ma leggere quel messaggio sullo schermo del mio cellulare mi riportò a quei pochi secondi, durante i quali avevo completamente perso la bussola, tra i suoi occhi profondi e il suo profumo di dopobarba e sigaretta.
Ancora non mi ero posta il problema di come affrontare la sua presenza quella sera. Alla fine dei conti non lo vedevo da solo due giorni, quindi nessuno aveva notato che lo stessi deliberatamente evitando, forse nemmeno lui stesso. Certo, avevo evitato di rispondergli su Skype il giorno prima, quando mi aveva scritto per chiedermi se avevo letto l'ultimo numero di Capitan America, e certo, non ero andata a trovare Harry quella mattina perché Zayn e Fiona erano passati a fargli visita. Ma nessuno avrebbe mai sospettato che lo stessi scansando di proposito. Magari sarebbe andata meglio del previsto, magari lui era una persona molto più matura di me e non si era lasciato sconvolgere da una sciocchezza del genere.

"April. Stai fissando il telefono da dieci minuti, senza muoverti. Stai bene?" la voce di Jess mi riportò alla realtà.

Il punto è che sì, stavo bene. Ma ero confusa, decisamente confusa.
Risposi velocemente all'sms, per poi correre a prepararmi per la serata: il mio vestito rosso babbonataloso mi stava aspettando.

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