Capitolo 7.

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Capitolo 7


La successiva battaglia non fu programmata, i Greci furono costretti a scendere a combattere poiché un attacco a sorpresa degli Ittiti, ancora più vicini a Sparta, aveva messo in allarme la popolazione.
Era piena notte e il buio non avrebbe giovato a favore di nessuno dei due schieramenti.
"Achille, fa attenzione!" esclamò Giada, sulla soglia della sua camera dove Achille stava passando la notte, mentre il biondo si allontanava.
Lui le lanciò uno sguardo rassicurante, ma una strana sensazione tormentava la principessa.
"Atena ti prego, proteggilo" sussurrò la ragazza, con le mani strette attorno al medaglione che portava al collo, unico cimelio che aveva di sua madre.
"Finalmente una sfida vera!" aveva esclamato Patroclo, con lo scudo ben saldo tra le mani, mentre insieme al cugino e ai Mirmidoni avanzava spedito verso le truppe Ittite.
"Attento cugino, non posso combattere se sono in ansia per te*" si raccomandò Achille, con uno sguardo ammonitore al quale Patroclo rispose con un sorriso.
"Tu non preoccuparti, cugino, che ad uccidere ci penso io."
Rispose il più piccolo.*
Tabal, con un sorriso vittorioso, era a capo del suo esercito, che poco prima dell'arrivo dei greci si era divertito a spaventare i contadini delle terre circostanti uccidendo parte del loro bestiame.
"Te lo avevo detto, Agamennone, che sarebbe stata la tua popolazione a pagare le conseguenze delle tue azioni. E' la tua ultima possibilità, consegnami Sparta!"
Senza battere ciglio, l'Atride* estrasse la spada dal fodero e la sollevò in alto, in direzione dei suoi avversari.
"Achei, all'attacco!"
Con un boato micidiale, i due eserciti corsero uno contro l'altro, in un caos di urla, lance e sangue.
Achille uccideva avversari su avversari, regalando ad Ade uno stormo di anime da tenere con sé nell'aldilà.
In fondo uccidere era il suo talento, era venuto al mondo per stroncare vite, dicevano.
Finalmente il sovrano di Ftia si ritrovò davanti Tabal.
"Principe, è giunta ora di combattere!" lo incalzò, puntandogli contro la spada.
L'altro, con un sorriso, accettò volentieri la sfida e scese da cavallo.
"Sono pronto, Achille. Fammi vedere di cosa sei capace."
"Non sai cosa ti aspetta, stolto!"
Il duello iniziò e Achille dovette ammettere che Tabal era un avversario più che valido; rispondeva colpo su colpo.
Agamennone, in disparte con Ulisse, osservava il tumulto della battaglia e in particolare lo scontro tra il principe Ittita e il mirmidone.
"Stavolta il tuo amico sembra in difficoltà" commentò il sovrano di Sparta, vagamente preoccupato.
"Dai tempo al tempo, Agamennone"
"Ho tutto meno che tempo! Asfaldo, vai e toglimi davanti quello sciocco principe!" esclamò, richiamando sull'attenti uno dei migliori guerrieri spartani, che a grandi falcate fece per raggiungere Tabal ed Achille.
Ulisse sapeva che non sarebbe stata una buona idea.
Il biondo, dopo aver fatto inciampare Tabal, si girò verso il guerriero inviato da Agamennone.
"Cosa vuoi?! Dii al tuo re che nessuno deve intromettersi nei miei...-"
S'interruppe boccheggiando, quando la spada del principe gli ferì la coscia.
Estrasse la lama con rabbia, pronto a colpire mortalmente Tabal, ma questi era già arretrato di parecchio, richiamando a sé il suo esercito che ancora una volta aveva subito parecchie perdite.
"Torna qui e combatti, vile!" urlò Achille, sotto gli sguardi di tutti i greci.
Ancora una volta Tabal lasciò che fosse un sorriso mellifluo a rispondere per lui.
"Va a curarti le ferite, mirmidone. Voglio uno scontro ad armi pari" lo provocò, prima di galoppare via in sella al suo purosangue dal pelo nero.
Dire che Achille era furente era dir poco.
Era tentanto di voltarsi indietro e trapassare con pochi colpi di spada prima quello stupido guerriero spartano e poi Agamennone.
Lo aveva giurato, prima della sua fine avrebbe riso sul cadavere di quell'idiota.
Trattenne il fiato e contò fino a cinque, ricordando le parole di Giada.
Per la prima volta in vita sua, riuscì a controllare la propria rabbia.
Eudoro, leggermente timoroso, si avvicinò a lui.
"Mio Signore..."
"A Sparta, forza in marcia" ordinò il biondo, mentre con un sorrisetto serafico Agamennone osservava il sangue che gli colava lungo la gamba.
Immortalità o meno, ora si sentiva molto più soddisfatto.
Quando Giada vide Achille sanguinante tornare a palazzo il suo cuore perse un battito.
Noncurante che qualcuno potesse vederli o sentirli, appena il ragazzo ebbe varcato la soglia del palazzo, lei gli corse incontro.
"Che succede?! Perché sei ferito?!"
"Le interferenze di tuo zio in battaglia non sono molto utili"

Disse lui, seccato, abbandonando tra le mani di un servo la sua spada e l'elmo che andavano nuovamente lucidati.

"Oh per tutti gli Dei..! Mi dispiace tanto, lui è così stupido certe volte...!"

"Non devi scusarti, Giada. E comunque non è niente, ci vuole ben altro che un insulso colpo di spada per mettermi fuori gioco."

Le disse, facendole un occhiolino.

Preferiva cambiare argomento piuttosto che sentire il nome di Agamennone ancora una volta, avrebbe potuto non rispondere delle proprie azioni stavolta.

"Forza, andiamo nella mia stanza.."

Lo invitò lei, prendendogli la mano.

Il servitore di Agamennone, furtivamente nascosto dietro ad una colonna, aveva ascoltato la conversazione e li osservava mentre si allontanavano.

Achille cominciava a sentirsi sempre più a proprio agio nella camera della ragazza e si sedette sul baule ai piedi del letto, mentre lei armeggiava con chissà cosa sulla propria toletta.

Quando si girò la vide con una ciotola di acqua e delle bende tra le mani; inarcò un sopracciglio.

"Tu vorresti...?"

"Medicarti? Ovvio che si, a cosa credi che servano queste?"

Rispose lei, senza batter ciglio.

Si sedette accanto a lui, ma Achille si ritrasse.

"No senti, non è per te ma.. insomma, Giada, non c'è bisogno che lo fai!"

"Come vuoi, ma abbassare le proprie difese di fronte ad una persona a cui sei legato non ha mai ucciso nessuno, Achille"

Il tono di voce di Giada, leggermente più basso del normale, lo sfiorò come una brezza leggera.

Il biondo alzò lo sguardo e lo puntò negli occhi della ragazza, che senza risentimento lo fissava con un mezzo sorriso.

Restarono immobili qualche secondo, fin quando Achille non tornò alla sua posizione originale e Giada gli poggiò delicatamente una benda piena d'acqua ed unguento sulla gamba per pulire la ferita.

Nessuno dei due osò parlare, ma la ragazza non smise un secondo di sorridere.

Era importante per lei che Achille si lasciasse andare.








NOTE:

* Citazione del film Troy, del 2004.

* Secondo l'epica, Achille dovrebbe essere il più piccolo tra lui e Patroclo, ma mi sono ispirata al film Troy dove Patroclo è il minore dei due.

* Patronimico di Agamennone (e di Menelao), poiché figlio di Atreo.

La principessa di Sparta [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora