Capitolo 10.

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Capitolo 10.


Mentre Agamennone sbraitava contro i suoi generali, quella stessa notte, Achille aveva raggiunto Giada in camera.
La principessa era fuori al grande balcone, mentre il cielo si andava man mano schiarendo in vista dell'alba.
Il guerriero, che procedeva lentamente alle sue spalle, non sapeva nemmeno come cominciare il discorso.
Giada percepì la sua presenza ma non si girò, osservava gli uomini di suo zio preparare la pira sulla spiaggia per gli omaggi funebri alla regina.
"Non avrei mai voluto che succedesse" iniziò Achille.
La ragazza rimase un po' sorpresa nell'udire una punta d'insicurezza nel suo tono di voce.
Era raro leggere incertezza negli atteggiamenti del più forte guerriero acheo.
"A cosa ti riferisci? Sono successe un bel po' di cose nelle ultime ore..."
Non voleva risultare così distaccata, ma non era dell'umore adatto.
Sentì il biondo sospirare.
"A tutto, Giada. La guerra spesso colpisce anche chi non c'entra niente, come tua zia"
Fece una breve pausa.
"La guerra ti rende diverso..." riprese, con un tono di voce più grave.
A quel punto la ragazza si girò, ritrovandosi faccia a faccia con Achille, ora pulito dal sangue che prima lo avvolgeva, senza più indosso l'armatura.
"Gli uomini comprendono solo la guerra, la pace li confonde. Se uccidere è il tuo unico talento, allora è anche la tua maledizione"* sussurrò lei, abbassando lo sguardo.
Achille le cinse la vita con le braccia, attirandola a sé.
I loro nasi si sfiorarono.
"Gli Dei ti fanno dei doni. Mia madre dice che quando mi ha immerso nello Stige, Ade ed Ares le dissero che la mia furia in battaglia avrebbe accresciuto le file dell'Oltretomba e diventai così anche un prediletto di Atena. Il più forte guerriero che la Grecia avesse mai visto. Sono tornato da Troia ricoperto di gloria, ho ucciso i più forti soldati dell'Egeo. Eppure mi rendo conto di quanto questa cosa abbia un peso diverso da quando ti conosco, Giada. Non volevo che mi vedessi combattere, non volevo che mi vedessi uccidere"
La principessa lesse la profonda sincerità di quelle parole nei suoi occhi azzurri, così si strinse di più in quell'abbraccio e appoggiò la testa contro il petto muscoloso di Achille.
"Non scegliamo chi essere... Non posso chiederti di smettere di fare ciò per cui sei nato, è stato solo difficile vedertelo fare. Te l'ho detto la prima sera che ci siamo visti, non ti temo per questo, né ti disprezzo"
Achille fu sorpreso e gratificato dalla comprensione della ragazza.
Le lasciò un bacio sulla tempia.
"Ti prometto che quando tutto questo finirà ti porterò via da questo posto. Solo io e te, basta uccidere, basta nascondersi. Mia madre e la tua ci aspettano a Ftia"
Finalmente un piccolo sorriso si fece strada sul volto di Giada che si rigirò tra le braccia del ragazzo e gli prese il viso tra le mani, unendo le loro labbra in un bacio passionale, quasi disperato. Teti allora gliel'aveva detto.
Stavolta l'informatore di Agamennone non si perse la scena e corse immediatamente ad avvisare il suo re.
Il giorno successivo Sparta sembrava una città fantasma, nessuno osava uscire dalla propria casa e solo al tramonto, per i funerali della regina Clitemnestra, il popolo si riunì in spiaggia.
Agamennone bruciò la pira e restò in prima fila, con Giada e i generali achei, fin quando non fu ridotta in cenere che la principessa raccolse cautamente in un vaso.
Achille, seppur in modo estremamente discreto, tentò di avere sempre un piccolo contatto fisico, come lo sfiorarsi delle loro mani, con Giada.
Sapeva che sua zia era l'ultima rimasta della famiglia di Elena e non voleva lasciare la ragazza ad affrontare quella perdita da sola.
Una volta tornati a palazzo però, il Re dei Re convocò immediatamente la nipote nella sala del trono, allontanandola dalle attente premure di Achille.
"Zio, volevi vedermi?"
Giada non aveva idea del perché di quella convocazione, si aspettava di essere lasciata in pace almeno dopo i funerali di sua zia.
Agamennone sorrise, ma in modo nervoso.
"Ah Giada... non mentire su cose ormai chiare a chiunque"
La ragazza s'irrigidì.
"Non so proprio a cosa tu ti stia riferendo"
Agamennone si alzò, il viso che cominciava a ritornargli rosso per la rabbia.
"Per le sacre frecce di Apollo! Pensavi che fossi stupido, Giada? Che non ti avrei fatta controllare?! Tu non passerai il resto della tua vita col quel bruto e ben poco onorevole mirmidone!" urlò il sovrano di Sparta, mentre i timori di Giada divennero realtà.
Aveva capito, lui sapeva.
Eppure, piuttosto che essere spaventata, sentiva la rabbia montarle dentro a sua volta quando udì le parole con cui lo zio aveva descritto Achille.
"Non hai nessun diritto di parlare di lui in questo modo! Achille vale mille volte più di te in fatto di onore!" ribattè la ragazza, che ormai non aveva nulla da perdere.
Agamennone aveva deciso quasi tutto nella sua vita dopo la scomparsa dei suoi genitori ma non avrebbe avuto voce in capitolo riguardo la persona che amava.
"E' un assassino! Tu non c'eri a Troia, non lo sai che razza di mostro può diventare!"
"Io lo amo! Non mi interessa ciò che pensa la gente, io so com'è in realtà!"
Giada strinse i pugni, sull'orlo delle lacrime.
"Parli esattamente come tua madre! Non permetterò che ti rovini come ha fatto lei! Voglio che tu stia lontana da lui, sono stato chiaro?! E se non mi ascolterai vi separerò con la forza!"
La principessa tremava per la rabbia, una lacrima sfuggita al suo controllo le rigò la guancia e lei la scacciò via finendo quasi per graffiarsi con le sue stesse mani.
"Ti odio!" urlò con la tutta la forza che aveva in corpo ed uscì sbattendo la grande porta di legno dalle rifiniture dorate.
Corse su per le scale, finendo per sbattere però contro Patroclo, che vedendola in quelle condizioni si accigliò.
"Giada che ti prende? E' successo qualcosa?"
Ormai scossa dai singhiozzi la ragazza non riuscì a parlare, così il ragazzo si limitò a stringerla a sé e a portarla nella propria camera nella speranza di calmarla.
Dopo minuti intensi, il pianto parve arrestarsi.
Giada era stesa sul letto di Patroclo, mentre quest'ultimo le accarezzava il braccio per tranquillizzarla.
Era stanca, segnata dalla morte di sua zia e dalla decisione immonde di Agamennone, con un forte mal di testa per aver pianto così tanto in quei due giorni.
"E' per Achille, vero? Tuo zio vi ha scoperti"
"Da quanto lo sai? Te ne sei accorto anche tu? Perché non ci hai detto niente?" chiese stupita la principessa.
Eppure erano stati così attenti a non farsi scoprire...
Patroclo fece un mezzo sorriso.
"Diciamo che un po' mi ha aiutato Telemaco, poi ho tirato le somme ed effettivamente tutto tornava. Vedrai che si sistemerà tutto..."
Lei annuì per niente convinta.
Tirò su col naso stropicciandosi gli occhi lucidi ed arrossati.
"Ho bisogno di parlargli, devo dirgli cosa sta succedendo"
"Agamennone avrà messo parecchi servitori alle vostre calcagna. Torna in camera, vado io a parlare con lui, non bisogna rendere la situazione più difficile di quanto non lo sia già"
Giada non disse niente e con passi lenti e pesanti ritornò nella propria stanza, nell'ala opposta del palazzo, e si lasciò cadere stancamente sul letto.
Affondò il viso nei cuscini ma non pianse, nessuna lacrima riusciva più ad uscire dai suoi occhi.
Pochi istanti dopo Afrodite era seduta accanto a lei e le accarezzava i capelli.
"Sono sola, sono di nuovo sola..." sussurrò Giada, con la voce spezzata.
"Verrà punito per aver ostacolato un amore consacrato dalla sottoscritta, tesoro mio. Agamennone pagherà" sibilò la dea dell'amore e della bellezza, senza spostare gli occhi dal corpo della nipote.
Nel frattempo Patroclo, chiuso nell'armeria insieme ad Ulisse e ad Achille, aveva spiegato a quest'ultimo la situazione.
Inutile dire che la furia che investì il biondo fu delle più funeste e se non ci fossero stati il cugino e il re di Itaca a fermarlo probabilmente avrebbe già raggiunto le stanze di Agamennone armato di spada.
"Stavolta la sua codardia non lo salverà! Non mi importa di questa stupida guerra, appena avrò l'occasione, è bene che lo sappiate, Agamennone morirà per mano mia! Avrei già dovuto ucciderlo molto tempo prima. Adesso nessuno di voi potrà fermarmi. Quando sarà il momento, spedirò la sua anima tra le braccia di Ade"
Ulisse, a braccia conserte, non osò ribattere.
Finché era per motivi di guerra sapeva come raggirare la sua rabbia, ma quando si trattava di Giada il saggio re sapeva bene che nulla avrebbe potuto placare Achille.
"Quindi cosa intendi fare? Non combatterei?" chiese serio Patroclo, temendo un'altra decisione avventata come quella presa a Troia.
Achille fece un sorriso amaro.
"Gli Ittiti hanno ucciso la regina, la zia di Giada. Ucciderò Tabal e dopo Agamennone. Non si fanno prigionieri qui, non si tratta di onore né si fanno favoritismi. Da questo momento combatto per me e per le mie idee, non seguirò le strategie di Aiace o di qualunque altro. Qualsiasi Mirmidone che non sia d'accordo con questa mia scelta è libero di tornare seduta stante a Ftia"
"Sai bene che ti seguiremo sempre, cugino"
La riposta di Patroclo fu pronta e i due si strinsero in un abbraccio.








NOTE:
– Frasi pronunciate da Briseide nel film Troy del 2004.

La principessa di Sparta [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora