Capitolo 9
Dopo una notte di passione, Giada dormiva tranquilla stretta tra le braccia di Achille e riscaldata dallo strato di coperte che li avvolgeva.
Sparta giaceva addormentata in una notte senza stelle, oltre al leggero rumore delle onde del mare e al verso di qualche animale sulle alture non si sentiva volare una mosca, l'unica fonte di luce era la luna e nel palazzo le varie fiaccole accese sui muri dei corridoi.
Nella camera da letto che condivideva con Agamennone, Clitemnestra aprì gli occhi di scatto, come colta da un tremendo presentimento.
Un leggero vento si alzò, muovendo le cime degli alberi.
Fu un istante e dei rumori, prima sconnessi tra loro, diventarono sempre più insistenti e fastidiosi.
Rumori di metallo, rumori di spade.
Nel momento stesso in cui anche Achille aprì gli occhi si cominciarono a sentire le prime grida: "Ci attaccano!"
E a quel punto si scatenò l'inferno.
Anche Giada, spaventata, scattò a sedere svegliandosi bruscamente.
Achille era già con l'armatura addosso.
"Aspetta! Dove stai andando?!"
"Non muoverti da qui per nessun motivo al mondo, mi sono spiegato?" le ordinò lui duramente.
Giada annuì, stringendosi nelle coperte spaventata mentre vedeva il biondo sbarrare accuratamente l'entrata della stanza.
Eppure la ragazza fremeva dalla voglia di uscire da quelle quattro mura, voleva capire cosa stesse succedendo. Guardando dalla finestra notò gruppetti di soldati achei che tentavano con forza di respingere fuori dalla città gli Ittiti.
Erano entrati, ci erano riusciti.
L'animo di Giada si inquietò ancora di più, prima d'ora nessuno aveva espugnato Sparta con così tanta facilità.
Al piano di sotto la grande sala da ballo era intrisa di sangue, si notava tra i combattenti Patroclo che abilmente faceva cadere i nemici con precisi colpi di spada.
Nell'androne guerreggiava Achille, contro di lui crollavano tutti senza nemmeno riuscire a muovere un dito per opporsi.
Perché, si domandava Telemaco, ora impegnato ad impedire che altri Ittiti entrassero nel palazzo, avevano oltrepassato le porte di Sparta pur sapendo che i loro migliori eroi li avrebbero sbaragliati?
Suo padre Ulisse, sgozzando un altro guerriero che tentava di salire le scale principali, si chiedeva la stessa cosa.
Per la prima volta anche Agamennone, ancora con le vesti da notte, combatteva in preda alla furia per essere stato sorpreso nel suo palazzo in tale barbaro modo.
Il bel Tabal non tardò a farsi vedere, gli occhi azzurri come l'oceano che saettavano da una parte all'altra della sala del trono, dove cominciò un possente scontro con Aiace.
Giada, con il cuore oppresso dai tremendi presagi, lasciò la propria camera ma non prima di essersi fatta scivolare sotto la manica della veste da notte un pugnale ben affilato.
I piedi la condussero di loro spontanea volontà verso la camera da letto dei suoi zii e nel vedere la tenda smossa provò un vivo terrore.
Con le mani tremanti l'aprì completamente per poi cadere in ginocchio sull'uscio quando vide sua zia, l'unica vera ancora che continuava a legarla realmente a sua madre, immobile sul letto nuziale.
Una macchia rossa sul ventre, nel punto in cui la preziosa camicia da notte era strappata.
Ai piedi del letto, un'arma sporca di sangue.
E la regina Clitemnestra cerea, fredda, morta.
Ecco il perché dell'arrivo degli Ittiti, la loro era una minaccia, volevano spaventarli, far capire che potevano distruggerli dall'interno nonostante l'esercito ridotto ad un numero infimo.
Il pianto disperato di Giada squarciò l'aria mentre delle lacrime calde le scendevano copiose dagli occhi chiari.
Non seppe dire quanto tempo passò in quello stato pietoso, addolorata come non mai, ma il caos dai piani inferiori cominciò, anche se di poco, ad acquietarsi.
Le nemmeno ci fece caso.
Avanzò come un fantasma verso il corpo senza vita di sua zia, che per quanto assente e rigida rappresentava tutto ciò che rimaneva della famiglia di sua mamma.
Lei, la sorella di Elena.
Ed ora non c'era più, sparita anche lei senza che Giada potesse impedirlo, senza che potesse salutarla.
Per alcuni istanti il dolore lasciò spazio alla frustrazione che poi si trasformò in rabbia.
Con uno scatto violento afferrò uno dei preziosi vasetti che sua zia teneva sul mobile accanto al letto e con una forza che non sapeva di possedere lo scaraventò forte contro il muro opposto.
Allo schianto si susseguì il rumore dei cocci che entrarono in contatto col marmo freddo del pavimento.
"Afrodite! Atena! Mi sentite?!" urlò, rivolta al cielo. Altre lacrime le bagnavano le guance.
"Cosa volete ancora?! Avete preso tutto, avete punito me e la mia famiglia! Avete accresciuto le file dell'Ade con le persone che amavo!"
La gola le bruciava, le mani erano serrate a pugno tanto forte che nel punto in cui le si erano conficcate le unghie la pelle cominciò a sanguinare leggermente.
Il fragore delle spade richiamò di nuovo la sua attenzione, poi rivolse ancora lo sguardo verso l'alto.
"Se mi tolgono anche lui, Afrodite, non immagini il caos che ne deriverà. Non immagini dove si spingerà la mia collera. Se mi senti, Afrodite, tieni tutti gli Dei a suo favore"
Si sentì come un vaso vuoto, privo di aromi o sapori al suo interno, e si lasciò cadere nuovamente in ginocchio, col fiato corto.
La bellissima Dea, dall'alto dell'Olimpo, fu testimone silenziosa del dolore della nipote e giurò ancor più silenziosamente che il figlio di Teti non sarebbe stato vittima della furia di nessuno dei Numi.
Giada, tormentata dalla paura che qualcun altro potesse perdere la vita quella sera, si precipitò verso le scale ed osservò ciò che succedeva di sotto.
Vedere così da vicino Achille, splendente come il sole nella sua armatura, strappar via la vita a mille nemici con forza inaudita fu un fortissimo impatto, perfino per lei.
La lama affilata della spada dell'eroe recise con un colpo secco la gola dell'ultimo Ittita che lo circondava, la testa penzolava scompostamente su un lato del corpo senza vita.
Alla vista di quella scena Giada represse con fatica un conato di vomito.
"Ritirata uomini! Lasciate che Agamennone ammiri il regalo che gli abbiamo lasciato!" urlò Tabal, con la spada in alto.
I pochi soldati inerti lo raggiunsero e la figura di Giada sulle scale attirò per qualche istante la sua attenzione.
Sorrise compiaciuto e poi fece dietro front, mentre una lancia scagliata da Achille lo mancò per un soffio.
Il biondo, come richiamato dalla presenza di Giada, si girò verso le scale.
La vide pallida come non mai, spaventata dalla vista di tutto quel sangue che ricopriva il palazzo e lui stesso.
La principessa scambiò con lui uno sguardo rapido e fuggente, poi si voltò indietro e raggiunse correndo le proprie stanze.
"Dannazione..." mormorò lui a denti stretti.
Non avrebbe mai voluto che Giada assistesse alla sua furia omicida durante le battaglie.
A stento sentì le parole che gli disse Eurialo, affidò le proprie armi al cugino e seguì la ragazza su per le scale.
Non ci volle molto prima che le guardie di Agamennone trovassero il cadavere della regina, la rabbia del re spartano crebbe in maniera sproporzionata.
Indisse immediatamente una riunione con i suoi generali e a stento notò l'assenza di Achille tra loro.
"Quello che è successo questa sera è un atto inammissibile, inaccettabile...! Senza onore, né gloria, tipico dei barbari che sono!" urlò Agamennone, con il viso rosso scarlatto.
"Mio Signore..."
Idomeneo, da sempre uno dei più ragionevoli, tentò di farlo calmare ma con scarsi risultati.
Il re riprese subito la parola.
"Entrare in casa mia, nel bel mezzo della notte. Uccidere mia moglie!" ripeteva quel tumulto di parole a voce alta, ancora incredulo, come se per lui atti simili fossero il peggiore dei peccati.
Per una volta effettivamente non aveva tutti i torti.
"Comprendo la tua rabbia, amico mio, ma ora dobbiamo solo concentrarci sul contrattacco. La cieca vendetta non ci porterà da nessuna parte e lo sai bene" disse Nestore, con calma, cercando di infonderne anche ad Agamennone.
Quest'ultimo ridacchiò istericamente, persino Teucro lo trovò abbastanza inquietante.
"Tu e Ulisse pensate pure ai vostri piani militari. Non mi interessa. Voglio solo che mi portiate qui quella sottospecie di principe, voglio che Achille e Aiace lacerino le sue membra ma che non lo uccidano. L'ultimo colpo di spada spetta a me"
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La principessa di Sparta [IN REVISIONE]
Historical FictionSiamo a Sparta, cinque anni dopo la guerra di Troia. Agamennone non è morto e continua ad essere lo scorbutico sovrano della Grecia, prendendo il posto del fratello deceduto a Sparta, occupandosi anche di sua nipote, la splendida Giada, figlia propr...