Capitolo 4.

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Capitolo 4


Il banchetto non si prolungò oltre e verso l'una del mattino il castello era deserto, gli ospiti erano andati via e tutti gli altri dormivano nelle proprie camere.
O quasi tutti.
Giada si rigirava tra le lenzuola del proprio letto, senza però riuscire a prendere sonno.
Si arrese, cominciando a guardare l'alto soffitto della sua camera decorato anch'esso con un mosaico, dedicato stavolta alla dea Afrodite.
Una divinità, tra l'altro, a cui era estremamente legata.
Non riusciva proprio a togliersi dalla testa quel bacio... e come avrebbe potuto, del resto? Lo sognava da sempre, da quando aveva scoperto di essere innamorata di Achille.
Il punto era che non sapeva se per lui quel bacio avesse significato qualcosa, non voleva illudersi.
Chiuse un istante gli occhi, cercando di liberare la mente, e quando li riaprì nella sua camera si era propagato un forte odore di rose.
Una soffice nebbiolina bianca e luminosa avvolse il suo letto.
Giada si mise a sedere, spaventata, e quando la nebbia sparì non poté credere ai propri occhi.
Lì, al centro della sua stanza, c'era la dea Afrodite in tutta la sua bellezza, che le sorrideva cordiale.
"Oh per Zeus! Dea Afrodite, sei davvero tu?" chiese la ragazza, sconcertata, abbassando umilmente il capo in segno di rispetto.
La dea continuò a sorriderle, invitandola ad alzare lo sguardo.
"Sì, mia cara. In persona. Ho sentito che una giovane principessa, nonché mia nipote per giunta, è tormentata da pene d'amore e non potevo non accorrere!"
Giada restò interdetta.
Nipote? Ma di che stava parlando?
"Non oserei mai contraddirla, Afrodite... Ma come posso essere sua nipote?"
La dea, dai capelli biondi dal colore diverso all'attaccatura*, ridacchiò.
"Il modo in cui tuo padre e tuo zio ti hanno tenuta nascosta la verità è ammirevole, mia cara. Vedi, in realtà la tua bellissima madre è mia figlia, nata dalla mia unione con il titano Oceano, ma poi Zeus decise che era meglio farla passare per figlia di Leda e Tindaro.* Da chi credi che abbia ereditato la sua incredibile bellezza?" chiese sarcasticamente la dea, sconvolgendo la ragazza col suo racconto.
Dunque era imparentata con la dea della bellezza?
Non riusciva a crederci!
"Ma suvvia, ormai ciò non è rilevante. A quanto pare mio figlio Eros* ha lanciato le sue frecce nel tuo cuore e in quello del Piè Veloce.* Ho potuto ammirare il vostro bacio questa sera, eppure sei perplessa. Cosa ti turba, principessa?"
Giada sbatté le palpebre, chiedendosi se la dea cercasse solo un modo per farglielo ammettere, visto che probabilmente era già a conoscenza di tutto.
In fondo era la dea dell'amore...!
"Sono sempre stata innamorata di Achille e questo bacio è stato il coronamento di un sogno. Ma se avessi frainteso tutto? Se per lui non avesse significato nulla? E' pur sempre del grande Achille che stiamo parlando" disse Giada, sconfortata e con un'espressione triste.
"Se c'è una cosa che quella scorbutica di Era mi ha insegnato, è che bisogna parlare con una persona per evitare di fraintendere qualcosa. Va da lui, Giada. Per quanto non mi sia simpatico Achille, è colui di cui mia nipote è innamorata"
Giada restò per un po' in silenzio, a riflettere sulle parole che la dea le aveva detto.
Andare da lui? Adesso? Aveva abbastanza coraggio?
Si mordicchiò il labbro, indecisa.
"E' giunta l'ora per me di tornare sull'Olimpo, Giada. Non rivelare a nessuno ciò che ti ho detto stanotte, non farebbe piacere a molti sapere che Elena è mia figlia. Quando avrai bisogno di me, accorerò in tuo aiuto"
"No aspetta! Se è così allora sai dov'è mia madre! Ti prego, dimmelo!"
Ma così com'era venuta, la dea scomparve in un battito di ciglia, mentre il forte odore di rose cominciava man mano a dissolversi.
Giada si abbandonò con la testa tra i cuscini, più confusa di prima.
La rivelazione di Afrodite aveva risposto ad alcuni dubbi interiori che si poneva da tempi immemori, adesso si spiegavano così tante cose...
Ma, masochista com'era, comunque non prestò attenzione a quello.
No, era sempre Achille il suo pensiero fisso.
Si alzò, rabbrividendo al contatto dei propri piedi nudi col pavimenti gelido.
Incurante di indossare solo una tunica da notte quasi trasparente, prese a camminare con leggerezza tra i corridoi bui del palazzo.
Si fermò davanti alla porta della camera che Agamennone aveva destinato ad Achille le camere nell'ala opposta, probabilmente per tenerlo il più lontano possibile.
Prese un lungo respiro poi batté le nocche sulla porta di legno, non in maniera così forte da svegliare gli altri Mirmidoni.
Non ci volle molto prima che Achille, a torso nudo, l'andasse ad aprire.
Che neanche lui riuscisse a dormire?
"Giada che ci fai qui?" chiese, sporgendosi per accertarsi che non ci fosse nessuno nei paraggi.
La ragazza gli fece cenno di entrare, così si chiusero la porta alle spalle.
"Che succede?"
"Ho bisogno di saperlo. Ho bisogno di sapere che quello di stasera è stato un bacio che ha significato qualcosa per te"
Achille restò qualche istante in silenzio, perché in verità non sapeva cosa rispondere.
La ragazza fremeva nell'attesa.
Ma alla fine una risposta non arrivò mai, perché il biondo l'afferrò per il bacino avvicinandola a sé e baciandola di nuovo, se possibile con ancor più passione.
La prese in braccio, abbandonandola poi sul talamo imbottito di piume senza mai far separare le loro labbra, che si cercavano avidamente.
Giada accarezzò le larghe spalle di lui. Achille la sovrastava, ansimando contro le sue labbra.
Prima che la situazione prendesse una piega diversa, Achille interruppe il bacio.
"Non voglio costringerti a farlo" le disse, fissandola con uno sguardo profondo.
"Voglio farlo con la promessa che non sia l'ultima volta" rispose lei, col fiato corto.
Per tutta risposta il guerriero ricongiunse le loro labbra, sfilandole la tunica.
Afrodite, dall'alto dell'Olimpo, osservava la scena con un sorrisetto ad incresparle le labbra.
La mattina dopo, i raggi del sole attraversarono con forza le tende della camera del capo dei Mirmidoni.
Il biondo, infastidito, si decise finalmente ad aprire gli occhi color del mare.
Allungò il braccio verso il lato opposto del letto e fu parecchio sorpreso di trovarlo vuoto.
Si mise seduto, notando che nella camera oltre a lui non c'era nessuno.
Eppure l'odore di bacche di ginepro di Giada impregnava ancora il letto.
Almeno ciò gli diceva che no, non aveva sognato nulla di ciò che era accaduto quella notte, per quanto assurdo – in senso positivo, naturalmente – gli potesse sembrare.
Scese al piano di sotto, mancava poco all'inizio dell'incontro che Agamennone aveva indetto per decidere le strategie per la prossima battaglia.
Trovò Giada seduta al lungo tavolo di legno che parlava animatamente con Telemaco e Patroclo, brandendo in mano uno dei suoi papiri.
"La morale della favola è che in amore gli opposti si attraggono!"
"Ma se due persone sono diverse come fanno ad andare d'accordo?!" s'impuntò Patroclo, che proprio non capiva.
Giada sospirò, quasi senza speranze.
Quando vide Achille attraversare la sala scambiò con lui un sorriso cordiale, che però aveva molto significato.
Lui per fortuna lo colse in pieno.
"Tutto ciò che è successo è stupendo ma teniamolo segreto perché non è necessario scatenare altri problemi" voleva dire quel sorriso.
E la cosa eccezionale fu che si erano capiti anche senza parlarsi.
La ragazza si girò di nuovo verso i due amici, tentando di riprendere il discorso.
"Ma sì invece! Prendete la relazione tra la dea Afrodite e il dio Ares! Loro sono degli opposti, che si attraggono! Una meravigliosa fanciulla e un sanguinoso guerriero. Cosa avete da dire?!"
Quando la ragazza si fissava su una cosa era impossibile farle cambiare idea.
E poi lo diceva il suo amato papiro, doveva essere vero.
"Io direi fortunato Ares!" esclamò Patroclo, suscitando le grasse risate del principe di Itaca seduto accanto a lui.
La ragazza gli lanciò un'occhiataccia.
Ah, gli uomini.
"Bene, se parliamo di belle fanciulle e guerrieri, io sono qui eh" aggiunse poi il biondino, scherzosamente, lanciandole un sorrisetto.
La ragazza, che ricambiò il sorriso senza timore, si avvicinò a lui.
"Io intendevo un valoroso guerriero, Patroclo. Mi dispiace, sarà per un'altra volta"
Poi si voltò indietro, sotto lo sguardo divertito di Achille, ed uscì dalla sala, lasciando Patroclo come un allocco.
Telemaco invece continuava a ridere senza sosta.








NOTE:
– E' uno dei 7 difetti di Venere, uno dei suoi segni particolari.
– Ci sono varie versioni sulla nascita di Elena e questa è una delle tante.
– Eros è figlio di Afrodite ed Ares ed è il dio dell'amore nella mitologia greca

La principessa di Sparta [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora