Mi spiazzò. Quella donna mi avrebbe potuto rovinare la vita in un secondo. L'idea di convivere con lei, mi agitava abbastanza. Forse si era fatta assumere per deridermi. In quella stretta di mano, mi ritornò in mente la notte in cui avevo combinato quel danno. Pensai mille cose contemporaneamente, stavo impazzendo. Avevo paura che Dolores capisse qualcosa. Oppure già era a conoscenza di tutto, e si sono alleate contro di me. Stavo uscendo completamente pazzo.
Fu un po' strano incontrare quella donna, poiché fu la prima volta che la vidi con dei vestiti addosso. Sembrava diversa, sembrava una ragazza semplice e innocente.
«Avevi così tanta fretta, cosa ci fai ancora qua? Non ti sarai innamorato della nuova domestica?», mi domandò con la solita altezzosità. Odiavo a morte il suo tono di voce, l'avrei voluta sgozzare di notte e toglierle dal viso quell'espressione da superba.
Notai un lieve arrossamento sulle guance della ragazza, subito dopo le parole di Dolores.
«Ho ancora molta fretta quindi, se permetti...», risposi dandole le spalle, avviandomi verso l'armadio della mia stanza. Dovevo pensare solamente a Lucas, dopodiché avrei trovato la prima occasione per discutere con quella donna. Dovevamo chiarire un paio di cose.
***
Nina's pov.
Per una volta che le cose mi andavano bene, che avevo finalmente un lavoro come si deve, mi ritrovavo a convivere con un mio cliente. Ero proprio sfigata. Mentre ci fissavamo, notavo un pizzico di paura nei suoi occhi. Magari potevamo farci un favore a vicenda: io non avrei detto a sua moglie di quella notte, e lui non avrebbe detto alla suocera del mio vero lavoro. Purtroppo le cose si sarebbero complicate sempre più, dato che avrei fatto molta difficoltà a fingere di non conoscerci, a far la finta tonta.
«Sei lenta, cerca di muoverti. Non mi sembri una professionista.», mi rimproverò la signora, seguendo ogni mio movimento con attenzione. Mi sentivo tormentata, stressata. Era come se stessi a scuola, sotto esame.
«Mi scusi. M'impegnerò di più.», mormorai. Ci tenevo tanto a fare bella figura, avrei fatto di tutto pur di dimostrarle che sarei stata la più adatta: non potevo lasciarmi sfuggire un'occasione del genere.
«Ragazza, vieni qua.», ordinò con un gesto della mano.
Lasciai lo straccio sporco, avvicinandomi perplessa e posizionandomi di fronte a lei.
«Non prendiamoci in giro. Tu non hai mai fatto la cameriera, hai zero esperienza e zero pratica. Non mi piacciono le bugie, e solitamente pongo particolare attenzione prima di assumere una domestica.», annunciò con molta leggerezza. Aveva capito tutto, ero nella merda. Non riuscivo a guardarla negli occhi. Iniziai a togliermi il camice, poggiandolo sul tavolo. Lei seguì con attenzione il mio atteggiamento.
«Aspetta. Non ho ancora finito.», continuò. Ritornai da lei, pronta ad essere umiliata.
«Io potrei licenziarti immediatamente, ma voglio darti una possibilità.», aggiunse, alzandosi dal divano. Riuscì a farmi cambiare espressione, tanto che ritornai al suo sguardo, guardandola attentamente speranzosa. Avrei fatto di tutto. «Ho visto come lo guardavi, e come guardava te. Lo so che ti piace, a chi non affascinerebbe un uomo ricco e bello. Il fatto è questo: devi sedurlo, tentarlo, adularlo. Devi riuscire a fargli perdere la testa, finchè non ce la farà più a resistere, e verrà a letto con te. Impegnati, al resto ci penserò io e magari avrai la possibilità di rimanere in questa villa. Conto su di te, mi raccomando.», concluse.
***
Tutto il giorno non feci che pensare alle sue parole, quasi non credevo alle mie orecchie. Non capivo come mai quella donna m'intimava ad andare contro la figlia, facendo sesso col genero. Mi sembrava assurda come situazione. Avevo visto di passaggio la ragazza, pensavo si chiamasse Victoria. Cercai per un momento di mettermi nei suoi panni, mi sentii uno schifo.
Indossavo una sottoveste nera non troppo succinta, forse era uno degli abiti che usavo per quel locale, ma non potevo avere l'imbarazzo della scelta. Era inverno, ma vivendo in quella casa sembrava pieno agosto. I termosifoni erano accesi dalla mattina alla sera, compreso tutta la notte. La villa era piena di stufe. Ero abituata a coprirmi fino alla testa in quella pensione, c'era una differenza colossale. Avrei dormito da Dio in quel materasso. Era meglio che chiudessi gli occhi, domani sarebbe stata una giornata molto lunga.
Bussarono alla mia porta. Mi prese un colpo, era tardissimo e in quella casa si udiva il silenzio più tombale.
«Posso?», chiese con un sussurro, aprendo la porta e rimanendoci davanti.
Mi batté il cuore a centomila, era lui. Lo evitai tutta la giornata, non era da me. Fino a quel momento, non avevo paura di affrontare a quattr'occhi una persona. Dovevo farlo, era davanti a me con un lieve sorriso che si intravedeva appena. Indossava una canottiera bianca attillata, che valorizzava perfettamente la muscolatura. Almeno non era a petto nudo stavolta. Lo guardai per un paio di secondi, poi feci un grande respiro.
«Certo, entra.», gli risposi, allungando il braccio per afferrare la coperta e avvolgerla intorno al corpo, nascondendo le cosce nude. Mi sollevai con l'aiuto delle mani, appoggiandomi allo schienale del letto.
Lasciò la porta semichiusa, sedendosi al bordo del letto, girandosi verso di me, che non ricambiai lo sguardo.
«Come stai?», mi chiese, quasi convinto che gli interessasse del mio umore.
«Bene, grazie.», mentii, restando con lo sguardo basso.
«Senti, credo sia difficile per tutti e due convivere nella stessa casa. Però cerchiamo di non rendere la situazione più complicata di quanto non lo sia già.», mormorò avvicinandosi sempre più a me.
«Non dirò nulla a tua moglie, tranquillo.», dissi guardandolo negli occhi, con un'espressione molto seria.
«Grazie.», mi rispose. Calò il silenzio, ma lo interruppe lui accarezzandomi i capelli. «Quello che mi preoccupa di più è come farò a resistere a queste bellissime gambe.», confessò sfilandomi di dosso la coperta, percorrendo con un dito il mio corpo, fermandosi sulle lisce gambe, specialmente sulla coscia. Poggiò le labbra su di essa, lasciandoci un lungo e tenero bacio. Ero una mummia, chiusi per un attimo gli occhi, sentendo con piacere le sue labbra baciarmi l'intera coscia. Li aprii nuovamente, afferrandolo con una mano dalla nuca, guardandolo negli occhi, mentre lui era completamente imbambolato dalle mie labbra, a un passo dalle sue.
«Quanto ti piace, mh? Non ti arrendi mai.», mormorai in modo seducente, mordendomi di poco il labbro e passandoci la lingua sopra.
«Mi fai perdere la testa.», disse in risposta alle mie parole, cercando le mie labbra. Mi scostai leggermente, facendo uscire un sorriso più che malizioso sul mio viso, portando delicatamente la mia mano sul suo petto, quasi graffiandolo con le unghia, scendendo pian piano.
«Sai cosa provo in questo momento?», gli chiesi continuando a mordermi il labbro.
«Cosa?», commentò con un filo di voce, cercando disperatamente che la mia lingua invadesse la sua bocca, seguendo con gli occhi il mio continuo movimento. Arrivai con la mano sull'addome, per poi giocarci intorno alla sua intimità. Appoggiai le mie labbra sulle sue, sentendo il suo respiro tremolante.
«Provo un immenso schifo!», esclamai alzando il tono, sferrandogli prepotentemente un ceffone in pieno viso, notando un'evidente espressione sconvolta da parte sua.
«Perché l'hai fatto?», mi chiese con uno sguardo perso.
«Non ti azzardare più a toccarmi, viscido.», dissi fissandolo attentamente negli occhi, puntandogli in seguito il dito contro. «Dentro quel locale di merda, puoi farmi quello che vuoi perché è il mio lavoro. Ma fuori da lì, non sono una puttana, ma una donna con dei valori e con una dignità. Quindi non ti permettere di fare ancora una cosa del genere, perché te ne pentiresti amaramente.», spiegai infuriata, leggendo nei suoi occhi un pizzico di tristezza. Poi si alzò, dirigendosi verso la porta e spalancandola. Mi sdraiai, stavo per spegnere la luce della lampadina, quando Miguel ritornò nuovamente da me.
«Ma tu che cazzo vuoi da me, eh?», disse fulminandomi con quegli occhi di ghiaccio.
«Ti senti superiore, ti senti la più bella. Ma chi sei? Chi sei per alzare la voce con me? Inizia a comportarti per quello che sei: una lurida stracciona, che imbambola tutti con quel faccino angelico che utilizzi come maschera, per coprire la vera persona che sei.», manifestò tutta la sua spietatezza. «La vedi questa villa da sogno?», allargò le braccia. «Ecco, per te resterà solo un sogno, per me è già realtà. Quindi, se vuoi ancora rimanere a fare la cameriera da quattro soldi in questa casa, faresti bene a rispettare il tuo capo. Altrimenti, ritorni a fare quello che ti viene meglio: la zoccola.», disse con aria di disprezzo. Mi alzai dal letto e mi misi di fronte a lui, spingendolo con forza dal petto.
«Vogliamo parlare di quanto ti piacerebbe fare sesso con questa zoccola? O di quanto ti faceva perdere la testa fino a dieci minuti fa? Ripeto: mi fai schifo. Non ho bisogno di vivere in un castello per avere le palle, al contrario tuo che sei ancora un bambino e ti fai mantenere dalla suocerina. A proposito di avere le palle, quando hai intenzione di dire a tua moglie cos'hai fatto la notte dell'addio al celibato? Se vuoi, ci penso io e ti tolgo questo peso di dosso.», controbattei, urlandogli contro. Non ebbe il tempo per rispondermi, che arrivò lei.
«Ma allora? Mi spiegate cos'è tutto questo casino?», ci domandò con un tono di voce abbastanza alto. Miguel si girò verso di me, ci guardammo intensamente. Mi misi a braccia conserte. Si percepiva perfettamente la paura nei suoi occhi.
Non esitate a passare a leggere il libro Tears - After the rain di , rimarrete a bocca aperta per questo splendido capolavoro!
Alla prossima!
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Come acqua per il fuoco
RomanceMiguel, uomo a cui non manca nulla: una villa, una bellissima donna affianco, e molta fortuna, fin troppa. In alcuni momenti freddo e rude, in altri romantico e profondo. Nina, 25enne semplice e comune. Completamente sola, cerca di andare avanti fac...