Capitolo VIII.

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«Come...come incinta?», cercai di mettere insieme qualche parola. «Di quanti mesi è?», aggiunsi con voce tremante, fissandole la mano che stringeva la sua pancia.
«Sono 2 settimane. Avevo in mente di dirglielo in luna di miele, ma è stato lui a farmi la sorpresa.», rispose asciugandosi le lacrime e tirando lo sciacquone.
«Vieni, siediti...va tutto bene.», la tranquillizzai, facendola accomodare e sedendomi a fianco.
«Si, prego. Posizionatela qui!», esclamò Dolores. «Allora, che ne pensi? Un bel tapis roulant tutto per noi!», affermò rivolgendosi alla figlia, con un'aria euforica ed estremamente eccitata.
Victoria si alzò di scatto, avvicinandosi di fronte a lei.
«Ma si può sapere come fai a pensare ininterrottamente a spendere un sacco di soldi per qualsiasi cazzata? La vita non è fatta solo di cose materiali. Per una volta, dico una, ti potresti interessare allo stato di tua figlia?», si sgolò, terminando con un grande sospiro.
«Ehi, tranquilla tesoro. Adesso li mando via e mi spieghi cosa c'è che non va.», replicò con tono pacato, accarezzandole una guancia e sorridendole appena.
«Sono incinta, mamma.», le spiegò prima che andasse via, ritornando a passo lento sul divano.
Le strofinai una mano sulla spalla, accennando un lieve ma sincero sorriso. «Sei stata bravissima.», sussurrai ad un orecchio.
«Incinta? Di chi?», domandò Dolores sconvolta, alzando la voce più del dovuto.
«Di chi? Mi prendi per il culo?»
«No, certo. Lo so, non volevo dire questo.», si giustificò, alquanto confusa. «Va bene dai, non c'è problema.».
«Sì, la fai facile tu.», non la fece finire, singhiozzando.
«Perché lo è, amore mio.», si avvicinò a lei con molta calma. «Abortisci.», continuò. «Non vorrai far nascere un disgraziato!»
Mi infuriai, prendendo immediatamente la parola.
«Ma è fuori di testa? No, non ascoltarla, Victoria. Quel bambino deve nascere, e deve avere un padre ed una madre!», esclamai decisa. Sicuramente non ero la persona più felice del mondo, ma era giusto così. Dovevo farmi da parte, stavolta.
***
Miguel's pov.
«Sono stanco di rimanere in questo letto, voglio andare a casa.», mi disse facendo il broncio, muovendo ripetutamente le gambe.
«Manca poco, campione. Manca davvero poco e poi potremo andarcene via da questo brutto posto.», gli sorrisi convinto, scombinandogli il ciuffo che amava tanto.
Avevo lasciato quella villa, ma anche 7 anni della mia vita, ed era stato molto duro per me abbandonarla. Sicuramente non avrei mai abbandonato il mio fratellino, infatti mi diressi all'ospedale poco dopo. Dal momento in cui uscii da quel cancello, capii che dovevo essere pronto per iniziare un'altra vita. Una nuova vita con Lucas, nonostante mi sentissi in colpa a causa dei continui cambiamenti che gli avevo fatto subire fino a quel giorno. Probabilmente avrei perso il lavoro, dato che Dolores mi avrebbe cacciato via per mano del capo. Avrei perso tutto. Ma il pensiero che non riuscivo a togliermi in testa, non era questo. Era ben altro.
Gonzalo mi fece un grosso favore, restando con Lucas, a cui diedi un bacio in fronte prima di uscire dall'ospedale. Dovevo raggiungerla, dovevo sapere cosa provava e non poteva mentirmi, non c'era più nessun ostacolo. Ero sicuro di trovarla lì. Entrando in quel locale, mi ritornano in mente tutti i ricordi di quella notte. Mi guardai intorno, alla sua ricerca. Eccola: senza paura, si muoveva come una regina ed era come se fosse sola sopra quel palco. Aveva una straordinaria capacità di coprire tutte le altre ragazze, sovrastando su ognuna. Rimasi per tutta la durata dello spettacolo, senza farmi notare a causa dell'immensa folla che la acclamava. Finì, e cercai di raggiungerla. Vidi, in lontananza, un uomo a cui si stava approcciando in un modo che non mi piaceva affatto. Diventai nero, e spinsi tutta quella gente per arrivare da lei.
«Vai via, coglione. E' mia!», gli mollai un pugno dritto, facendolo cadere a terra. Mi abbassai leggermente, prendendolo dalla camicia e sollevandolo. «Non ti azzardare più a toccarla, capito?», precisai con aria di sfida, cacciandolo via. Nina mi afferrò potentemente dal polso, urlandomi contro. «Ma ti si è fuso il cervello? Era una persona molto importante e che contava, non dovevi prenderlo a pugni!», mi attaccò. «Sono tua? Ma che cazzo dici? Io non appartengo proprio a nessuno, mettilo bene in testa!», terminò.
«D'accordo, ho sbagliato a reagire in quel modo, ne sono consapevole.», mi scusai prendendola dalle guance con molta delicatezza, guardandola intensamente negli occhi. «Quando ti ho vista con quell'uomo, sono impazzito. Non lo so il motivo, ma quello che so è perché mi trovo qui. Adesso che non abbiamo più impedimenti, voglio sapere se quando stiamo vicini, così tanto da sentire i nostri battiti, hai una strana e incontrollabile voglia di baciarmi e di fare l'amore fino all'alba. Perché è quello che desidero anche io, con tutto il cuore.», confessai unendo le nostre labbra e baciandola dolcemente, socchiudendo gli occhi. Mi sentivo in paradiso, era stupendo sentire le sue labbra sulle mie, che con tutto quel chiasso, riuscivamo ad essere solo io e lei.
Era troppo bello, forse fin troppo.
«No, lasciami. Non è giusto.», si scostò dopo un paio di minuti. «E' impossibile. Siamo troppo diversi per stare insieme, non potrà mai funzionare.», aggiunse in seguito, spiazzandomi completamente.
«Perché non lo ammetti? Lo so che provi qualcosa per me, l'ho sentito in questo bacio, l'ho sentito quando abbiamo fatto l'amore, e lo sto sentendo adesso nelle tue parole. Non farti del male.», le dissi cercando le sue labbra. «I tuoi occhi non mi mentono. Guardami, e dimmi se non ti importa nulla di me. Forza, dimmelo.», intimai, con un'aria di sicurezza. Abbassò lo sguardo per qualche secondo, poi mi fissò attentamente negli occhi.
«E' così. Non provo niente per te, Miguel.», e andò via.
***
Non mi ero mai sentito così umiliato in tutta la mia vita. Se fosse stata un'altra persona a dirmi quelle parole, non mi avrebbe suscitato granché. Purtroppo, Nina non era una qualunque per me, e me ne resi conto. Avevo fatto una figura pessima, avevo una forte convinzione che, a causa sua, si trasformò in delusione. Mi sentivo come un'adolescente deluso alla prima cotta. Peccato che non ero un ragazzino, ma un uomo che doveva prendere in mano la propria vita e reagire.
«Buonasera.», salutai rivolgendomi alle numerose donne che mi trovai di fronte. «Voglio la più zoccola, non bado a spese.», annunciai, ricevendo le espressioni appagate di ognuna di loro.
Ero ritornato il puttaniere di prima.    
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Alla prossima!

Come acqua per il fuocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora