Capitolo XI.

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Nina's pov.
Era di fronte a noi, a godersi quella terribile scena. L'avevamo distrutta doppiamente. Non potevamo più mentire davanti all'evidenza. In fondo, però, mi sentivo più rilassata. Qualunque cosa sarebbe successa, da quella sera avrei smesso di nascondermi e di raccontare menzogne continuamente. Avevo perso un'amica, magari anche Miguel, ma ne valeva della mia libertà. Ero al limite.
«Quindi, sei tu la prostituta.», si rivolse a me con tono ostile. Mi sistemai, pronta ad affrontarla. Aveva bisogno di spiegazioni, ed ero la prima a dovergliele dare.
«Esatto, Victoria. Sono io la causa di tutto.», risposi convinta, avvicinandomi a lei a passo lento ma deciso. «Io, personalmente, sono sempre stata sincera con te. Eri davvero un'amica e ti voglio bene, non sai quanta fatica ho fatto...».
«Shhh, basta con le cazzate, ok?», m'interruppe, puntandomi il dito contro. «Sei solo una traditrice, mi hai preso per il culo come se fossi una misera pezzente. Dal momento in cui sei entrata nella nostra vita, ci hai rovinato e hai fatto il lavaggio del cervello a tutti, soprattutto a mio marito. Vai ad infilare la lingua altrove, e lasciaci in pace!», alzò la voce diventando completamente rossa in viso, quasi le uscivano gli occhi dalle orbite. Mi sembrava di sentire le parole di sua madre, aveva lo stesso sguardo pieno di odio ed astio nei miei confronti.
«Hai ragione, avrei reagito allo stesso modo. Ti chiedo almeno di ascoltare Miguel, non è un cattivo ragazzo.», finii di fissarlo, andando via con lo sguardo basso. Ero certa che l'avrebbe perdonato un'altra volta, provava un sentimento troppo forte. Alla fine, ero io l'unica colpevole, come sempre.
***
Miguel's pov.
Se ne scappò, salvandomi il culo un'altra volta dopo essere stata insultata pesantemente da Victoria. Non se la prese con me, come se l'errore l'avesse fatto solo ed unicamente Nina. Era arrivata la resa dei conti, ci lasciò soli e stavolta non potevo inventarmi nulla, dovevo prendermi le mie responsabilità.
Corse da me, afferrandomi dalle guance con un lieve sorriso stampato sulle labbra.
«Ti perdono, Miguel. Ti perdono. Lo so che non volevi, sei un uomo e tutti avrebbero fatto allo stesso modo. Il suo unico intento era allontanarci, ma non ci riuscirà, te lo prometto.», mi sussurrò baciandomi il viso. La scostai immediatamente, mostrando disaccordo.
«No, non è così facile. E' inutile mentirti, perché mentirei anche a me stesso e sono stanco di farlo.», precisai guardandola negli occhi, notando un'espressione preoccupata da parte sua. «Io provo qualcosa di forte per quella ragazza, non è stato un gioco per me. Lei mi ha fatto capire che non ti amo, che non ti ho mai amata e mi dispiace. Mi dispiace di averti sposata, di averti fatto tutte quelle promesse che non manterrò, perché sono sicuro di sapere quello che voglio, e purtroppo non sei tu.», le spiegai tutto d'un fiato, molto sicuro e consapevole. «Cerca di capirmi.», aggiunsi accennandole un leggero sorriso che si intravedeva, dirigendomi verso il piano di sotto. Mi afferrò il polso, bloccandomi il passaggio e pregandomi piangente di restare con lei. Non avrebbe mollato.
***
Nina's pov.
Doveva andare così, lo sapevo fin dall'inizio. Mi godevo ogni momento passato con lui, perché prima o poi sarebbero diventati soltanto dei bei ricordi. Non ce l'avevo né con Miguel, né tantomeno con Victoria. Ero incazzata con me stessa, dovevo farmi da parte molto tempo prima, magari non avrei distrutto i sogni di due persone innamorate. Ma a cosa serviva piangersi addosso? Mi arresi all'idea di averlo con me, di poterlo toccare senza nessun freno, e di poterlo vivere a 360° gradi.
Tornai alla pensione, buttandomi a peso morto sul letto, pensando ininterrottamente a cosa si sarebbero detti. Non avevo neanche la voglia di infilarmi il pigiama, infatti mi tolsi le scarpe e cercai di prendere sonno.
***
Ero in uno dei miei migliori sogni. Erano le 7 del mattino, ascoltavo piacevolmente il cinguettio degli uccellini, quando vidi spalancarsi la porta. Miguel. Trasportava con sé una grande valigia blu, che lasciò sull'angolo della camera. Uscì un dolce sorriso dalle sue labbra, sedendosi sul letto e fissandomi mentre dormivo. Mi accarezzò una guancia, avvicinando le sue labbra alle mie. Poi, capii che non si trattava di un sogno. Aprii gli occhi, e lo spinsi via.
«Che cosa ci fai qua?», chiesi sgarbatamente, incredula e confusa.
«Tranquilla, tranquilla.», disse con un tono di voce basso, facendo il gesto con le mani e sedendosi nuovamente sopra il letto. «Le ho detto tutta la verità!», affermò, poggiando una mano sulla mia coscia.
«Quale verità?», domandai, seguendo con gli occhi il movimento della sua mano.
«Che non voglio stare con lei, mi farei solo del male. Quella che voglio sei tu, lo capisci?», mi confessò guardandomi intensamente negli occhi e, istintivamente, il mio viso si avvicinò sempre più al suo. «Proviamoci. Proviamo a stare insieme, come una vera coppia. Non abbiamo nulla da perdere.», spiegò convinto, lasciandomi teneri baci sulle labbra.
«Aspetta, fermo.», gli ordinai, posizionandomi a fianco a lui, con voce tremante. «Chi mi dice che non stai giocando? Faccio fatica a fidarmi e a crederti, nonostante ti voglia con tutto il cuore e mi manchi ogni maledetta volta che non sei vicino a me.», continuai attendendo una risposta, sperando sarebbe stata sincera. Non avrei mai pensato di trovare il coraggio di dirgli quello che sentivo.
«Vuoi che te lo dimostri?», chiese, alzandosi di scatto e uscendo dalla porta. Rimasi perplessa, non riuscendo a capire le sue intenzioni. Ritornò dopo alcuni minuti, stringendo la mano ad un bambino.
«Ti presento Lucas, il mio fratellino.», disse. «Appena troverò una buona sistemazione, andremo a vivere tutti e tre insieme.», sorrise a 32 denti.
Mi avvicinai a Lucas, inclinando leggermente la schiena e porgendogli la mano. «Ciao, bello. Io sono Nina.», accennai un sorriso. Mi strinse la mano, ricambiando il saluto, con un'espressione cupa. «Non credi sia troppo prematuro?», domandai a Miguel.
«Perché? Abbiamo convissuto insieme fino ad ora, cosa c'è che non va?», mi rispose. D'un tratto, Lucas gli lasciò la mano e scappò via.
«Ecco cosa c'è che non va. Ci penso io.», lo rassicurai, raggiungendo il bambino. «Aspetta, ascoltami un momento.», lo pregai.
«Non voglio stare qui!», esclamò agitando le braccia. Mi abbassai, appoggiando le ginocchia sul pavimento, guardandolo fisso.
«Lo so, ti capisco. Neanche io accetterei il fatto di vivere con una persona che non conosco, non mi farei mai obbligare da nessuno, nemmeno da mio fratello. Ci sta tutto, lo giuro. Ma guardami, ho la faccia da cattiva?», gli mormorai, tenendogli le mani. Scosse la testa. «Ecco. Allora, che ne dici se ci conosciamo, se giochiamo un po' insieme, e poi decidi? Non ti costa nulla. Se non ti farò simpatia, prendi le valigie e vai via con Miguel.», terminai molto serenamente.
«Va bene.», disse solamente, e mi comparve un enorme sorriso sul volto. Gli stampai un bacio sulla guancia, che ricambiò, e ci dirigemmo verso la camera. Ci aspettava Miguel. Lo guardai, e mi fiondai sulle sue braccia, dandogli un dolce bacio. Non mi sentivo così felice da tempo.
***
Miguel's pov.
La settimana passò velocemente. Finalmente avevo tutto ciò che volevo, anche se le cose non erano semplici: vivevamo in una pensione, guadagnava poco e niente in quel posto che non mi piaceva affatto e che le avrei fatto lasciare presto, e in più nella carta ero ancora sposato con Victoria. In cambiò, ogni giorno sentivo sempre più un sentimento che chiamavano amore, verso la donna più bella dell'universo. Aveva paura che sarebbe stato difficile per me ambientarmi nel suo mondo, ma non fu così. Non mi servivano miliardi per essere felice, ed è quello che avevo capito grazie a lei. Lucas si trovava sempre meglio con Nina, adoravo vederli giocare e scherzare assieme. Mi convincevo maggiormente di aver fatto la scelta più giusta. Avevamo leggermente diminuito i litigi, ma mi piaceva da morire discutere con lei, perchè finivamo sempre a letto e ci dimenticavamo di tutte le parole scambiate un attimo prima. Come successe quella mattina in cui eravamo soli.
«Litigherei ogni ora con te, lo sai? Ti trovo sempre più bravo a letto.», mi confessò ridendo, tenendo una mano sulla spalla. 
«Sarà che da incazzato, so soddisfare meglio.», risposi ironico, mordendole piano un orecchio. «Adesso devo scappare.», annunciai scendendo dal letto, e infilandomi i pantaloni.
«Davvero vuoi lasciarmi sola?», mi fece il broncio, a cui sapeva non resistessi. Ritornai da lei, baciandola sulle labbra e insinuando la lingua nella sua bocca, accarezzandole con una mano la pancia. «Mi farai perdere il lavoro tu.», le diedi un ultimo bacio, facendomi abbottonare la camicia e andando immediatamente al lavoro.
«Cortés!», mi fece un cenno con la mano il capo, mentre vidi una donna familiare correre di fretta verso l'uscita. Entrai nell'ufficio, curioso di sapere cosa voleva dirmi. Avrei accettato . «Eccomi.», gli dissi con massima serietà. Si alzò dalla poltrona, poggiando i pugni contro la scrivania, guardandomi negli occhi.
«Prendi le tue cose, e vai via. Sei licenziato!», esclamò rude.
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Alla prossima!

Come acqua per il fuocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora