Capitolo XI

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Cap 11: Forti emozioni, scrigni profanati e scommesse pericolose

A chi piacciono gli ospedali? A nessuno, ti fanno passare le pene dell'Inferno e oltretutto ti fanno osservare gente che come te soffre allo stesso modo. E se ci finisci senza sapere perché? Brutta roba. Volete sapere cos'altro è brutto? Quelle giornate talmente storte che cominciano non appena scendi dal letto, inciampi e cadi per terra come un sacco di patate accartocciato sul pavimento. Vorresti uccidere tutti, ma non puoi. Davvero frustrante, non c'è che dire. E se un omicidio questa volta lo commettessi sul serio? Dite che sarebbe tanto grave?

***

Soffitto bianco.

Muri bianchi.

Lenzuola bianche.

Quell'unico colore colpì le mie iridi, percepii il dolore da sotto le palpebre persino quando li richiusi. Impiegai un paio di minuti prima di riuscire a guardarmi in giro, senza problemi.

Arricciai il naso a causa della puzza di antisettici che aleggiava nell'aria.

Realizzai di essere in uno ospedale e feci una smorfia. Quando mi tirai su, dalle mie labbra scappò un gemito di dolore. Abbassai lo sguardo e guardai al di sotto della vestaglia canuta con cui ero stata vestita: indossavo una spessa garza che mi fasciava da un fianco all'altro. Quello destro doleva ancora tantissimo. Così anche il braccio sinistro era stato fasciato, ma al di sotto non intravedevo alcuna macchia. A fianco a me, su un tavolino, era stata lasciata una bacinella d'acqua intrisa di un liquido rossastro che vorticava all'interno, con un movimento a spirale. Sempre lì vicino le vecchie garze con cui probabilmente mi avevano medicata, totalmente inzuppate di sangue.

Altro rosso catturò la mia attenzione, meno intenso però, non era pari a quello del liquido viscoso. Facendo attenzione e spostando delicatamente le lenzuola dal mio corpo, adagiai le punte dei piedi nudi sul pavimento gelido. Mi mossi barcollante, il ginocchio sinistro mi faceva male.

Ero ridotta ad uno straccio.

E non mi ricordavo nemmeno perché.

Come una falena attratta dalla luce mi avvicinai a quella macchia rossastra che faceva un terribile contrasto con tutto quel bianco che mi circondava. Allungai una mano verso il mazzo di rose che era stato appoggiato su una poltrona e lo esaminai, incuriosita. All'interno vi scorsi un bigliettino, feci fatica a mettere a fuoco e a leggere, non avevo né le lenti né gli occhiali.

Adagiai il foglietto sul tavolino, poi appoggiai i polpastrelli accanto agli angoli degli occhi e tirai la pelle, stendendola e assottigliando la forma. Alcune lettere cominciarono a mettersi al proprio posto, seppur sfocate.

"Dio, ma sono una talpa..."

Mi dispiace molto per ciò che è successo, spero che le tue ferite possano guarire velocemente. Quelle del corpo e dell'anima. Perché sì, so di averti ferita, nel profondo. Ma sai Lucy, a volte la possessione oscura la mente...

Corrugai la fronte a quelle parole, non capendo. Improvvisamente mi illuminai: Natsu mi aveva finalmente chiesto scusa come si deve per avermi provocato così tanti guai!

Fu in quel momento, che il ricordo di lui mi colpì con forza, accompagnato da un terribile senso d'ansia.

Com'era possibile che non riuscissi a ricordare nulla?! Cos'era successo?

Sentii il battito cardiaco aumentare, riuscire a gestire l'agitazione era sempre stato un grosso problema per me. Senza perdere ulteriore tempo, abbandonai il regalo inaspettato sulla poltrona che stava accanto al lettino e sgattaiolai fuori dalla stanza.

Scommettiamo? || Fairy TailDove le storie prendono vita. Scoprilo ora