Barcollai con difficoltà, inciampando sui miei stessi piedi, fino a raggiungere la porta di casa. Dove diavolo erano le mie chiavi? Sbuffai, rinunciando a trovarle. Sapevo già che, nelle condizioni in cui mi trovavo, non ci sarei mai riuscita.
Mi appoggiai con tutto il peso alla porta per tenermi in piedi e suonai il campanello più volte. Erano le sei di mattina e avrei dovuto sicuramente insistere un bel po' prima che i miei genitori si svegliassero e si decidessero a venirmi ad aprire.
Mentre li aspettavo, mi sedetti lentamente a terra, incapace di reggermi un secondo di più su quei tacchi vertiginosi, che mi premurai di togliere immediatamente. Ero ancora completamente ubriaca e fatta dalla sera prima e non sapevo neanche come fossi riuscita ad arrivare a casa. L'unica cosa che sapevo era che il minuscolo strato di stoffa che avevo addosso non mi riparava minimamente dal freddo e stavo letteralmente congelando. Ma quanto ci mettevano i miei genitori? Avrei voluto suonare di nuovo il campanello, ma per arrivarci mi sarei dovuta alzare e non ne avevo proprio la forza, ero troppo stanca.
* * *
Mi svegliai quando la porta su cui ero appoggiata venne aperta bruscamente, facendomi cadere all'indietro e sbattere la testa contro il pavimento dell'ingresso.
«Merda!» imprecai, portandomi una mano alla testa per cercare di alleviare il dolore. Come se non fosse già sufficiente il mal di testa colossale che avevo di mio, a causa dei postumi che stavano iniziando a farsi sentire.
Faticosamente, riuscii a mettermi seduta e mi voltai, pronta ad aggredire chiunque si fosse divertito a farmi quel simpatico scherzetto. Mi ritrovai davanti mia madre. Grandioso. Sbuffai infastidita, non avevo minimamente voglia di sorbirmi una delle sue solite prediche. Non mi interessava quello che aveva da dirmi. Ogni volta era sempre la stessa solfa e mi aveva decisamente stancato.
Questa volta, però, c'era qualcosa di diverso. Non era arrabbiata come al solito e non aveva ancora iniziato a sbraitare. Sembrava quasi rassegnata. Che avesse finalmente capito che non c'era niente che avrebbe potuto fare per cambiare la situazione?
«Noi non ce la facciamo più con te Callie» sospirò, facendomi sollevare gli occhi al cielo. A quanto pareva, avevo cantato vittoria troppo presto.
«Io e tuo padre non sappiamo proprio più che fare» proseguì lei.
«E' questo il punto, mamma, ma voi non lo volete capire. Non dovete fare proprio niente» replicai per la millesima volta.
«Ma perchè Callie? Che ti è successo? Non ti abbiamo fatto mai mancare niente, la tua vita era perfetta. Perchè stai rovinando tutto?» Aveva gli occhi lucidi e, come accadeva sempre quando arrivavamo a questo punto della conversazione, di lì a poco si sarebbe messa a piangere.
«Hai detto bene, mamma. Era perfetta.» E lo era davvero. I miei genitori erano benestanti e avevo sempre vissuto una vita agiata. Andavo bene a scuola, perchè mi era sempre piacuto studiare. Anche l'Università infatti stava andando alla grande. Se avessi continuato in quel modo mi sarei laureata con il massimo dei voti in Economia, la facoltà che avevo voluto frequentare fin da piccola, perchè mi avrebbe permesso di andare a lavorare con mio padre, nella sua azienda.
Questo era il mio sogno, almeno fino allo scorso anno. Dopo quel fatidico e dannato giorno, tutto era cambiato e la mia vita aveva preso una direzione completamente diversa e sicuramente inaspettata. Avevo abbandonato l'Università e avevo iniziato a frequentare sempre di più feste e locali, perchè avevo bisogno di non pensare. E quando questo non era stato più sufficiente, mi ero rifugiata nell'alcol e nelle droghe. Inizialmente mi servivano solo per dimenticare, ora ne ero completamente dipendente e non potevo più farne a meno.
Non volevo far soffrire i miei genitori, ma tutto il dolore che avevo dentro si riversava inevitabilmente all'esterno e travolgeva chiunque avessi intorno. E poi la maggior parte del tempo ero talmente fatta da non accorgermene neanche, o da fregarmene completamente.
Scossi la testa, scacciando i miei pensieri, e mi voltai, diretta verso la mia camera. Quando stavo per mettere il piede sul primo gradino, la voce di mia madre mi fece fermare sui miei passi.
«Io e tuo padre ne abbiamo parlato molto e siamo giunti alla conclusione che non siamo in grado di aiutarti» sussurrò. Ed ecco anche le lacrime.
«Ma tu hai davvero bisogno di aiuto Callie, o di questo passo...» non riuscì a finire la frase, ma sapevo già cosa volesse dire, cioè che se avessi continuato di quel passo probabilmente prima o poi ci avrei lasciato le penne. Ma sarebbe stato davvero così terribile? Infondo, ero un vero e proprio disastro, ma sapevo che lei mi voleva ancora bene, nonostante non facessi altro che maltrattarla e comportarmi da stronza con lei. E anche se non glielo dimostravo, anche io gliene volevo.
«Io e tuo padre abbiamo deciso di mandarti in una casa di recupero» concluse tra i singhiozzi. E fu a quel punto che scoppiai a ridere.
«Ho 22 anni, mamma. Voi non mi potete mandare proprio da nessuna parte, a meno che non sia io stessa a volerci andare e, fidati, ti posso assicurare che non voglio.»
«Callie, ora basta!» gridò lei, facendomi fare un passo indietro. «Questa storia è andata troppo avanti, è già passato un anno e se non ti fermi ora non ci riuscirai più e io non ho intenzione di passare di nuovo quello che ho passato con Beth. Dio, mi sembra di rivivere il passato.»
Tirare in ballo zia Beth era stato un vero colpo basso da parte sua. Beth era la sorella di mia madre e quando erano piccole erano davvero molto unite, fino a quando Beth non era stata assorbita dalla droga, che l'aveva consumata completamente, distruggendola e portandola alla morte. Mia madre aveva sofferto molto e ora io le stavo facendo rivivere di nuovo tutto quel dolore.
Ero davvero egoista. Per evitare di stare male io, stavo facendo del male a tutti gli altri, e li stavo lentamente ed inesorabilmente portando giù con me. Non volevo che succedesse tutto questo. Io volevo solo stare meglio. Ma forse quello che avevo scelto non era il modo giusto. Zia Beth non era stata meglio, era morta. E io non volevo morire. Avevo bisogno di aiuto.
«Ok» sussurrai.
Mia madre aggrottò le sopracciglia, non capendo che cosa stessi dicendo.
«Ok, cosa?»
«Ok, andrò in quella casa di recupero» spiegai.
«Oh, Callie, grazie a Dio» replicò lei sollevata, prima di avvicinarsi e stringermi forte tra le sue braccia. Mi abbandonai a quell'abbraccio, che era da un anno che non ricevevo più, e realizzai che mi era mancata mia madre. Tanto. Per questo mi ritrovai a stringerla a mia volta e a piangere insieme a lei.
Rimanemmo così, strette l'una all'altra, per non so quanto tempo, fino a che i postumi presero a farsi sentire più forti che mai, impedendomi di stare in piedi un minuto di più. Prima di lasciarmi andare, mia madre mi avvisò che saremmo partiti l'indomani, poi se ne andò con un piccolo sorriso in volto. Non ero sicura di aver preso la decisione giusta, accettando di ricoverarmi, però, se aveva fatto sorridere mia madre, dopo un anno di lacrime, non poteva essere così sbagliata, no?
Author's Note
Ciao a tutti! Questa è la prima storia che pubblico su Wattpad, o meglio, che pubblico in generale, ma in realtà non è la prima che scrivo. Finora però non ho mai avuto il coraggio di far leggere ad altri qualcosa di mio, perchè, a mio parere, la scrittura ti espone e ti rende visibile agli altri per quello che sei, senza barriere, e questo mi ha sempre fatto paura. Ma ora ho capito che è arrivato il momento di abbandonare la paura e mettermi finalmente in gioco e ci voglio provare con questa storia. Ho già parecchie idee in mente e non vedo l'ora di metterle per iscritto. Nel frattempo, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate della trama e del primo capitolo, se trovate la storia interessante o meno e se siete curiosi di leggerla. Mi farebbe davvero molto piacere leggere le vostre opinioni, sentitevi liberi di commentare, anche se sono critiche. A presto con il prossimo capitolo di Addicted To You!
-Claudia-
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Addicted to you [H.S.]
Fanfiction⚠️ STORIA DI MOLTI ANNI FA DA REVISIONARE E COMPLETARE ⚠️ La vita di Callie sarebbe dovuta essere semplicemente perfetta. Si sarebbe dovuta laureare in Economia con il massimo dei voti, per poi iniziare a lavorare nell'azienda del padre, come aveva...