Castaway || c.t.h.

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La chiamai per la millesima volta. Mi rispose ancora la segreteria telefonica. Non le lasciai nessun messaggio. Tanto non sarebbe servito più a niente. Un dolore lancinante mi colpì al petto facendomi barcollare sfinito. Lanciai il cellulare contro il muro con tutta la forza che avevo in corpo. Il telefono si ruppe in mille pezzi che costellarono il pavimento. Non mi mossi. Rimasi immobile a fissare i pezzi luccicare alla luce fioca della luna che filtrava dalle tende alla finestra. Mi ero innamorato così in fretta di quella ragazza. Un giovane amore che non aveva più un futuro. Un capitolo chiuso per sempre. Tutto era finito ancora più velocemente di come era iniziato, come un fiammifero. Tutte le conversazioni notturne che avevo fatto con lei erano racchiuse in quei quattro muri. Tutte quelle parole avevano portato solo a complicazioni. Mi portai una mano sul viso. Era umido di lacrime. Ora mi trovavo con il cuore in mano, completamente esposto. Indifeso. Ed era tutta colpa di quella ragazza.

- Perché te ne sei andata? - chiesi in un sussurro al silenzio che mi circondava. Perché mi aveva piantato in asso in un modo così atroce? Mi aveva detto di amarmi più di chiunque altro, che non avrebbe mai smesso di provare quei sentimenti per me. Che non se ne sarebbe mai andata via. Che non sarebbe mai sparita dalla mia vita. Eppure ora tutto quello che mi rimaneva di lei erano le cornici con le nostre foto appese ai muri. Mi avvicinai alle pareti. Guardai per un tempo quasi infinito il suo viso che mi sorrideva radiosamente. La vista mi si offuscò e persi il controllo. Un attimo dopo il pavimento luccicava di frammenti di vetro taglienti. Il dolore mi stava facendo impazzire lentamente, ma inesorabilmente. Ora nemmeno le foto erano rimaste come suo ricordo. Caddi in ginocchio tra i resti della mia felicità, della mia vita. I pezzi affilati mi si conficcarono nella pelle, ma non sentivo più il dolore fisico. Era arrivato il momento in cui ero diventato insensibile a qualsiasi cosa. Abbassai lo sguardo. La mani ferite mi sanguinavano. Forse avrei dovuto fare qualcosa, ma non sapevo cosa. La mente era ancora offuscata da una domanda che continuava a perseguitarmi e che avrebbe continuato a tormentarmi probabilmente fino alla morte. Come avevamo fatto ad andare così alla deriva da dove ci eravamo interrotti il giorno prima? Il cuore era ancora nel petto, palpitante, ma sanguinante e bruciante di ferite. Forse non sarei mai guarito, non sarei mai riuscito a scappare da quel dolore.

La mia mente rimbombava di tutti i sussurri urlati della ragazza di cui mi ero innamorato, mi scivolavano tra le dita, come acqua. Lasciavano una traccia impercettibile, ma permanente. Serrai gli occhi, le lacrime calde mi rigarono il viso. La testa mi si riempì di immagini, i ricordi dei momenti meravigliosi passati con lei, scomparivano un un attimo per essere rimpiazzate da momenti sempre più felici e sempre più amari. Stavo affogando lentamente nei ricordi. Non avevo niente a cui aggrapparmi. Eppure continuavo a cercare di tenere duro. Ancora per un secondo, un minuto, un'ora.

Il tempo necessario per sopravvivere un po' di più. Un po' più di tempo di sanità mentale. Stavo impazzendo e non c'era modo di impedirlo. Fissai con più attenzione le schegge di vetro sparse sul pavimento. Ce n'era una particolarmente brillante, più affilata delle altre ed abbastanza grande. Mi avvicinai con cautela. I frammenti di vetro continuavano ad insinuarsi sotto pelle, ma io continuavo ad essere insensibile. Un pensiero insano si fece strada nella mia testa, lacerando i ricordi rimasti. Non era più rimasto niente per vivere. Non era rimasto niente per sopravvivere. Gli occhi mi bruciavano per la tristezza. Volevo farla finita una volta per tutte. Ne avevo abbastanza delle agonie del mondo che mi circondava. Avvicinai la punta affilata al braccio. Un taglio netto lungo il braccio e tutto sarebbe finito. Le cicatrici non si sarebbero mai più richiuse. I rumori si sarebbero affievoliti e le immagini sarebbero svanite per l'eternità.

La porta si aprì. Una figura indistinta si avvicinò a me. Le lacrime mi inondavano gli occhi. La persona che era entrata si accovacciò davanti a me. La scheggia di vetro mi scivolò dalle mani. Cadde a terra frantumandosi in altri mille pezzi sporchi di sangue. Alzò la mano e mi accarezzò dolcemente il viso. A quel punto la vista mi si schiarì. Portai entrambe le mani sulla sua e mi aggrappai a quel piccolo contatto.

- Sei tornata. - riuscii solamente a dire con voce strozzata. Avevo ancora un nodo doloroso alla gola che mi impediva di parlare. La ragazza scosse lentamente la testa sorridendomi però debolmente.

- No, Calum Thomas Hood. - mi rispose lei pacatamente. Non sembrava sconvolta dal mio stato disastroso. - Non sono tornata per te. Mi ha chiamata tua madre, ha paura che tu faccia qualcosa di avventato. - mi spiegò posando lo sguardo sulla sua mano ora scarlatta. Mi stavo aggrappando a lei come ad un salvagente, ma stavo lentamente perdendo la presa. Ero riuscito a prendere una sola boccata d'aria prima di ritornare ad annegare nel dolore.

- Perché? - chiesi lasciandomi sfuggire un singhiozzo dalle labbra. - Cos'è successo? Come abbiamo fatto ad arrivare a questo punto? Perché te ne sei andata? - le domandai. Mi stavo perdendo nel mare dei suoi occhi.

La ragazza rimase immobile a guardarmi per qualche istante. - Perché non sarebbe giusto nei tuoi confronti. Non ti voglio mentire per sempre. Mi sono innamorata di te, Hood, ma ora non più. So che un giorno capirai, forse non subito. Eravamo destinati ad innamorarci l'uno dell'altra, ma non poteva durare per sempre. - No. Non l'avrei mai capito. La vidi alzarsi in piedi ed allontanasi da me. Nel momento in cui si chiuse la porta il mio cuore s'infranse completamente. Non sarei più riuscito a scappare da quella sensazione di oppressione al petto. La mia possibilità di andarmene da quel mondo era svanita. Ero su una nave che stava affondando e che non avrei mai salvato. Ero solo come un naufrago ora.

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N.A.

Non credevo di riuscire a fare una OS così depressa, ma devo ammettere anche che non era la mia intenzione iniziale. Non so qualcuno tra di voi abbia mai avuto questi pensieri di morte, ma credetemi, non ne vale davvero la pena sprecare l'unica vita che abbiamo in questo modo...

Sounds Good Feels Good || 5SOSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora