Capitolo 18

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Il mattino dopo rimasi a letto fino a tardi. La mia testa continuava a pensare a lui ed io volevo contrastrarla per togliermelo definitivamente dalla testa. Me l'avevano detto le mie amiche che era stronzo, ma io non le ho ascoltate. Avrei dovuto farmi i cazzi miei e non andare a farmi dare ripetizioni da lui. Sono stata una vera cogliona a pensare che tra noi sarebbe potuto davvero funzionare.
Un brontolio di stomaco mi costrinse ad alzarmi: avevo una fame assurda!appena mi alzai dal letto, mi cadde l'occhio calendario e con orrore vidi che le mestruazioni erano in ritardo. Cazzo! Ero in panico. Non sapevo che fare. Mentre facevo "colazione" chiamai le mie amiche. Sarebbero venute a casa mia nel pomeriggio, anche se la maggior parte delle mie cose erano impacchettate negli scatoloni, quindi era tutto in disordine. Le mie mamme erano uscite entrambe per cui ero a casa da sola. Ogni istante che passava, l'ansia aumentava fino a diventare io l'ansia stessa. La mia mente continuava a vagare fino a che il suono del campanello non mi distolse dai miei pensieri: erano arrivate le mie amiche! Milena e Ylenia erano stra agitate, mentre Sara era più calma e mi diede una scatoletta con sopra un fiocchetto. Io la guardai perplessa.
<<L'ho appena comprato e non avevo voglia di incartarlo>> disse lei.
<<Tranquilla. Non piango mica>> risposi. Immaginavo già cosa ci fosse in quella scatola e quando la aprii ne ebbi la certezza: era un test di gravidanza. Rimasi lì, imbambolata, a guardare l'ulteriore scatoletta chiusa. Avevo troppa paura di aprirla. Forse non volevo sapere la verità o forse era la paura di dover dire alle mie mamme cos'era successo o forse avevo paura di avere una creatura dentro di me.
<<Che stai aspettando? L'arrivo del Messia?! Forza vai a fare quel test!>> mi disse Sara. Non ebbi il tempo di ribadire che le mie amiche mi spinsero letteralmente in bagno. Feci quello stra maledettissimo test ed aspettai per oltre venti minuti un risultato. Uscii dal bagno dopo tutto quel tempo: non avevo ancora visto il risultato. Ero ancora troppo impaurita per poter leggere. Così lo diedi in mano a Ylenia, mentre Milena prese la scatola con le istruzioni. Io non volevo guardare e mi voltai dall'altra parte, mentre le mie amiche osservavano quella roba che avrebbe deciso del mio futuro.
C'era silenzio. Troppo silenzio. E la cosa mi fece preoccupare parecchio. Mi girai verso di loro, lentamente. Le vidi tenere lo sguardo fisso su quel coso. Avevano gli occhi spalancati. Mi guardarono e rimasero a bocca aperta senza dire una parola. Io allora capii. Mi strofinai le mani sulla faccia in segno di disperazione, come se quel gesto avrebbe potuto cancellare quel momento. Sentii le lacrime scendere sulle guance e la voce mi tremò quando dissi:<<Ragazze, ed ora che faccio?>>. Mi abbracciarono e provarono a consolarmi, ma con scarsi risultati. In quel momento non sapevo se essere contenta di avere un figlio oppure se disperarmi, perché ero giovane, molto giovane e così facendo avrei rovinato il resto della mia adolescenza. Altri problemi erano: dirlo alle mie mamme e non avevo la minima idea di come avrebbero potuto reagire, e, inoltre, mancavano pochi giorni alla mia partenza e Andrea non ne sapeva niente. Non sapevo se parlarne con lui o meno. In quel senso le mie amiche mi dissero che era meglio dirglielo e mi consigliarono di andare a casa sua a parlargli. Ma ero troppo vigliacca per farlo. Avrei deciso che avrei affrontato un problema alla volta.
Quella sera, a cena, non sapevo che dire alle mie mamme, così rimasi in silenzio. Anastasia se ne accorse e mi disse:<< Mara, come mai tutto questo silenzio?>>.
<<Niente di importante>> risposi rimanendo vaga.
<<Quando dici così è perché è successa una cosa che non vuoi dirci>> si intromise Lucrezia.
<<Esattamente>> affermò Anastasia.
<<Mi sa che ti conviene dirmelo ora, altrimenti tua madre ti tartasserà per un bel po'>> continuò Lucrezia ridendo.
A quel punto sospirai, andai a prendere il test che avevo fatto quel pomeriggio e che avevo appoggiato sulla scrivania della mia camera (per un motivo sconosciuto all'umanità), e lo misi sul tavolo della cucina in attesa di una risposta.

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