Capitolo 1

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Tientsin, Cina, 2015


I manici del carretto sono impugnati saldamente dalle sue mani arrossate dal freddo. Mentre cammina, seguito dal leggero rumore prodotto delle ruote fatte di legno e ferro che vengono a contatto con le piastrelle, urlando ogni tanto per chiedere di liberare la strada alla folla che è scesa nelle strade, una nuvoletta si forma davanti a lui grazie al suo respiro congelato.

Nemmeno per un'istante pensa di fermarsi, continua a camminare, lasciando che i suoi piedi trovino il ritmo giusto e che il suo corpo decida per sé quando sarà il momento di riposare, sempre che se lo possa permettere. Non è la prima volta che si deve sforzare per completare il suo incarico e sa bene che non sarà l'ultima. Si chiede se con la misera paga che riceverà si potrà comprare dei guanti... Le sue mani callose sono avvolte da bende giallognole che coprono le vecchie cicatrici delle piaghe, impedendo ai calli di sanguinare nuovamente. Quando ha iniziato, non aveva idea di cosa comportasse il suo lavoro, non sapeva cosa avrebbe dovuto evitare e cosa invece avrebbe dovuto fare, solo il tempo glielo aveva insegnato e lui sperava di essere stato un buon studente, di aver appreso dai propri errori.

Sapeva bene che non era il momento di combinare guai.

Nonostante fosse istruito, aveva avuto molte difficoltà a trovare un lavoro onesto. Le malelingue avevano parlato rendendogli impossibile l'essere assunto per svariati lavori, assai meno massacranti e ben retribuiti, ma tutto ciò lo aveva spronato a superare la situazione in cui era caduto. Non aveva nemmeno avuto tempo per deprimersi, bensì aveva versato le sue lacrime più volte in una struggente e silenziosa solitudine, per poi darsi da fare.

Ora sa di non poter rifiutare nemmeno un incarico proposto dal suo capo, non può rischiare assolutamente di essere licenziato... con cosa avrebbe vissuto la sua famiglia altrimenti?

In quei mesi di povertà, nemmeno un briciolo era stato messo da parte, poiché tutto era stato necessario, se non a sopravvivere, a ripagare i debiti che ancora li sommergono.

Si ferma davanti a un negozio e avvisa il suo arrivo tirando un piccolo campanellino attaccato alla porta. Di lì a poco degli impiegati dovrebbero venire a ritirare la merce che ha trasportato e a dargli il suo compenso.

Si appoggia al carretto, ma è scomodo, la schiena, che gli duole da qualche giorno per il troppo sforzo, manda piccole fitte che raggiungono anche il suo costato. Sospira scocciato e si piega, con i gomiti sulle ginocchia e la schiena ricurva, messa a riposo.

Il dolore rimane, ma perde la sua intensità e gli permette di respirare. Manda la testa all'indietro e sospira, una nuvoletta si forma nell'aria gelida della metropoli. Si chiede perché ci mettano così tanto gli impiegati ad arrivare, solitamente in pochi secondi sono già fuori a controllare la merce. Non sa se apprezzare questo ritardo insolito come un'opportunità per una pausa o se sentirsi infastidito poiché nel frattempo potrebbe perdere un altro incarico, rinunciando così a soldi di cui ha bisogno.

Riabbassa la testa e si fissa i piedi, guarda le sue scarpe da ginnastica, sono di un numero più grande, piene di tagli e graffi, una volta dovevano essere bianche, ma ora sono di un scolorito color marroncino, simile al colore della fanghiglia che ha calpestato più volte durante le giornate in cui la pioggia cadeva fitta.

Vorrebbe comprarsi un paio di scarpe nuove, ma costano molto, lo sa. Scaccia quel pensiero con fastidio e sbuffa; quando sarà pagato?

Finalmente qualcuno esce dal negozio, è un ragazzo giovane, molto più giovane di lui. Ha i capelli neri che gli scendono sugli occhi e delle labbra fine che sono impiegate in una smorfia; non avrà più di quattordici anni, ma lo guarda con quel misto di pietà e disgusto che le persone riservano a quelli come lui, a quelli come la sua famiglia.

On my skin {Taoris/Hunhan}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora