5 - AQUILE

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É Domenica mattina, il primo Novembre.
Sento la testa pesarmi e lo stomaco chiuso.
Ho decisamente bisogno di cambiare aria.
C'é una giornata caldissima, in genere le temperature si abbassano un po' in questo periodo, ma oggi no.
Decidiamo di andare in spiaggia lontano da qui, a pranzare.
Sum mi fa provare tutti i suoi costumi, finché non ne scelgo uno nero, con la mutanda brasiliana e il pezzo sopra a triangolo.
Non mi va a genio di stare mezza nuda davanti a sconosciuti, non mi piace particolarmente il mio corpo e mostrarlo così ancora meno.
Ci sediamo in un risto-bar a Santa Monica.
Tate ci sta per raggiungere con dei suoi amici.
Sono in un posto bellissimo, con tanti ragazzi e tanto divertimento, eppure non smetto di pensare ad Arkel.
Mia madre ha provato a chiamarmi, ma non le volevo parlare. Come può aver detto quelle cose?
"Ehilà!" sento una mano sulla spalla.
É arrivato Tate con i suoi amici, parecchio carini oltretutto.
Ci presentiamo tutti, e subito mi colpisce Hermann: castano, occhi scuri e un fisico parecchio invidiabile, per non dire altro.
Ha dei bermuda neri e una canotta grigia, da cui escono le braccia muscolose.
É stato l'unico a darmi un bacio sulla guancia quando si é presentato, e devo dire che mi é piaciuto molto.

Andiamo tutti a fare il bagno.
Tate inizia a schizzarmi, io faccio la finta allibita e lo schizzo a mia volta, non l'avessi mai fatto.
Parte una terza guerra mondiale di acqua.
Hermann mi prende e mi carica in spalla col sedere all'aria.
Mi manca il fiato da quanto sto ridendo e allo stesso tempo dimenando.
"Mettimi giù!" cerco di farmi mettere a terra tirandogli pugni sulla schiena, ma sembra insensibile.
"Eh no! Adesso devi farti un bel bagno di sabbia!" ride.
Quando capisco che vuole fare resto immobile, e poi mi dimeno ancora di più.
Arriva alla spiaggia e mi mette in mezzo alla sabbia.
Non ci posso credere.
Urlo e lui cerca di scappare, ma lo raggiungo e gli salto addosso facendolo cadere a sua volta nella sabbia.
Stiamo ridendo veramente troppo e ho bisogno di una pausa.
"Okey okey tregua!" dico con le lacrime agli occhi dalle risate.
"Vado a prendere delle birre, ti va?" chiede col fiatone.
Annuisco e corriamo in acqua a sciacquarci.
Andiamo tutti sui nostri asciugamani mentre Tate e Hermann entrano al bar.
Passiamo un pomeriggio bellissimo, non ho praticamente pensato a nulla, e mi sentivo finalmente bene.
Alle 17 decidiamo di sgomberare.
Hermann si avvicina a me.
"É stato un piacere conoscerti" mi da un bacio sulla guancia e io arrossisco.
"Anche per me"
"Ti va di vederci Mercoledì? Vorrei conoscerti meglio..." é arrossito, e la sua timidezza mi piace un sacco.
Sorrido e annuisco.
"Puoi venire da me, i miei fanno il turno serale Mercoledì. Insomma, se vuoi.."
Sorride. Ha i denti bianchissimi e perfetti, ma non come quelli di Arkel.
Scaccio quel pensiero.
"Perfetto"
Ci salutiamo e Sum mi riaccompagna in macchina a casa.

Quando si ferma, esito a scendere.
"Vuoi che venga dentro con te?"
"No, hai già fatto abbastanza" le sorrido.
La saluto e mi dirigo verso casa mia.
Sembra si fermi il tempo, per interminabili minuti, quando appoggio la mano sulla maniglia.
Entro cercando di fare meno rumore possibile, per non far sapere ai miei che sono tornata, ma senza riuscirci.
"Alexis Jessica Stevens, dove diavolo sei stata?!" grida mia madre con tono fermo, mi fa vibrare le ossa.
"Ero da Sum, adesso se non ti dispiace me ne vado in camera" la guardo dritta negli occhi e vado in camera mia.
Prendo il mio quadernino e inizio a disegnare per sviare i pensieri.
Senza nemmeno accorgermene, ho disegnato un centinaio di cuori, in mezzo alle piovre.
Fanculo.
Strappo il foglio e lo getto nel cestino.
Mi torna in mente ieri notte quando Arkel mi stava tenendo i capelli su quel cestino, e mi compare un sorriso in volto, che si spegne quando sento le urla di papà e mamma.
"É anche tua figlia John! O lo é solo quando sta dalla parte del giusto?!"
Mi metto le mani in testa, sto per esplodere.
Apro il cassetto e prendo i tranquillanti che ho avanzato, mi fermo quando vedo la lametta che mesi fa avevo nascosto proprio lì.
Non devo cedere.
Non devo cedere cazzo.
Prendo lo skate ed esco dalla finestra, troppi pensieri mi annebbiano il cervello.
Prendo velocità e apro le braccia, ascoltando il fruscìo delle foglie.
Lascio andare tutto in un urlo.

É mercoledì 4 Novembre.
Dopo Sabato mattina non ho più visto Arkel, nemmeno a scuola.
Sento un vuoto dentro, vorrei fargli mille domande e allo stesso tempo non rivolgergli la parola.
Chissà dov'é, ora.
Magari si é cacciato in qualche casino.
Dio che paranoica che sono.
Voglio solo vederlo e sentire il suo profumo di nuovo, sentire le sue braccia grandi e tatuate avvolgermi. 
Voglio poter fissare le sue labbra e i suoi piercing.
Alex cosa stai dicendo?
Ti tratta come una scema.
Che confusione.
"Signorina Stevens? Mi ripeta ciò che ho appena spiegato"
Odio il professore di scienze.
Faccio scena muta.
"Veda di tornare coi piedi per terra"
E come si fa dopo una vita di volo ad atterrare?

Le ore passano lentamente, e quando sto uscendo sento una voce chiamarmi.
"Alex!"
"Sum" le sorrido.
"Ho un regalino per te oggi, vieni a mangiare da me?"
"Va bene. Di cosa si tratta?" chiedo curiosa.
"Gna" sorride.
"Ti adoro"
Gna é sempre stato il nostro nome in codice per dire che abbiamo comprato l'erba.

Andiamo a casa e ascoltiamo musica finché i suoi sono a casa.
Quando se ne vanno andiamo in giardino.
Sum rolla una canna e la accende.
"Allora, hai rivisto Arkel?"
"No...non so cosa fare.."
"In che senso?"
"Non so come comportarmi con lui. Un momento prima é felice e quello dopo incazzato. Ho paura di soffrire ancora"
Sono completamente rilassata, ma comincio comunque a sentire il nodo in gola.
Mi prende una mano.
"Alexis, nella tua vita soffrirai sempre, e sarà questo a farti sentire felice nei bei momenti, tutti soffriamo, bisogna solo capire per cosa valga la pena farlo"
La abbraccio forte.
"Grazie" le sussurro.
La conversazione mi si ripete in testa.
"Ci ordiniamo una pizza?" le chiedo ridendo.
"Ehm..io devo cenare con i miei sta sera, scusa"
Che strano.
"Ma i tuoi non erano a lavorare?"
"Si ma mi hanno inviato un messaggio che tornano presto e vogliono uscire a cena"
"Okey beh, allora io vado"
Ci salutiamo e io mi incammino verso casa.
Ho mille pensieri in testa.
Alle 8 arriverà Hermann, e devo farmi una doccia.
In casa non c'é nessuno, così vado dritta in bagno.
Apro l'acqua e lascio che mi cada sulle spalle.
Ho la testa completamente altrove.
Perché la vita dev'essere così complicata?
Perché non ci si può svegliare al mattino sapendo che sarà una bella giornata?
Siamo così giovani e abbiamo già paura del mondo, quando in realtà dovrebbe essere il mondo ad aver paura di noi.
Tutta quest'ansia, ogni fottuto giorno, manda il cervello in tilt.
Abbiamo costantemente bisogno di conferme, ci sentiamo dei giganti su pavimenti di vetro, non sappiamo mai che conseguenze avrà il nostro prossimo passo.
È pesante avere le ali per spiccare il volo ma essere costretti a legarle.
Esco dalla doccia e mi avvolgo un asciugamano attorno al corpo.
Quando spanno lo specchio inizio ad urlare, vedendo una sagoma scura appoggiata al muro dietro di me.
Questa sagoma viene verso di me e mi tappa la bocca immediatamente.
Quando mi giro rimango senza parole.
Arkel sta sorridendo con ancora la sua mano appoggiata sulle mie labbra.

The Angel with Green EyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora