Festa di Dioniso

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Il giorno seguente Michael si svegliò con una fortissima fitta alla caviglia. Tutto sommato aveva dormito bene, ma adesso la caviglia dolorante cominciava a farsi sentire. La scoprì leggermente dal pantalone e notò che, nonostante il ghiaccio, si era gonfiata lo stesso, e un grosso livido viola chiaro stava cominciando a formarsi sulla parte esterna. D'impeto Michael toccò la parte dolorante, ma non appena sentì il dolore lancinante colpirlo, si maledisse per aver fatto una cosa tanto stupida.

Dopo essersi lavato e vestito il riccio si diresse verso l'infermeria del Campo. L'infermiera lo curò con dolcezza procurandogli una fasciatura e delle stampelle, raccomandandogli poi di tenere fermo il piede per almeno una settimana. Michael non poteva davvero sperare di ricevere un esito migliore, da quella visita: evitare gli allenamenti era proprio ciò che desiderava da quando aveva messo piede nel Campo. Era vero che si era convinto ad accettare la proposta di Federico, ma l'aveva fatto più per paura che per vero interesse.

Si diresse alla mensa dove gran parte dei semidei stavano già facendo colazione. Dopo aver preso da mangiare si sedette ad un posticino quasi appartato e fu rapidamente isolato dagli altri, come al solito. Michael desiderava davvero non soffrire ogni volta la solitudine, desiderava non sentire male al petto ogni qualvolta qualcuno si spostava di fianco a lui per farglisi più lontano. Eppure non ci riusciva. Calò la testa nella sua tazza piena di latte e quasi non si accorse di un ragazzo che gli si sedette accanto.

Finì di sorseggiare e rialzò la testa voltandosi verso sinistra. Al suo fianco si era appena seduto un ragazzo dai capelli biondi a spazzola e gli occhi azzurri e ridenti. Un bel ragazzo, sicuramente, nulla da dire su quello. Di una strana bellezza magnetica, anche.

«Ciao!» Disse quello.

Michael si guardò attorno confuso.

«Dici a me?» Sussurrò.

«Sì, certo» rise leggermente il biondo.

Anche Michael rise e si diede mentalmente dello stupido per quella domanda inutile.

«Piacere, io sono Andreas. Puoi chiamarmi Andy, se vuoi, mi chiamano tutti così.»

Andy gli tese la mano sorridendo e Michael si affrettò ad afferrarla, quasi avesse paura che l'altro potesse ripensarci.

«Michael.»

«Sì, lo so, c'ero quando Chirone ti ha presentato» sorrise il biondo.

«Ok, seconda figura di merda» sussurrò il riccio imbarazzato, abbassando lo sguardo.

Andy scoppiò in una risata genuina e gli rispose di non preoccuparsi.

«Chi sono i tuoi genitori?» Gli domandò incuriosito Michael.

«Mia madre è Afrodite. Mio padre un semplice pastore della Grecia. Ho origini greche, infatti, anche se vivo qui da molti anni.»

Michael lo guardò stupefatto. Afrodite, la dea dell'amore e della bellezza. Ecco perché quell'Andy sembrava essere così magnetico.

«Forte» rispose solamente, forse con un tono più freddo di quanto non volesse.

Un silenzio quasi imbarazzante calò, ma il biondo fu rapido a prendere in mano la situazione.

«Cos'hai fatto alla caviglia?»

«Oh, niente di grave. Mi sono fatto male durante un allenamento.»

Il riccio annuì a conferma della sua stessa risposta e si sentì quasi gonfiare il petto d'orgoglio a quelle parole: sembrava stesse raccontando un'impresa eroica da cui aveva ricavato una vecchia ferita di guerra - e invece era caduto come una pera da una torre di legno.

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