Un simpatico messaggero

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Aperta la finestra, Giorgia non trovò (come si sarebbe aspettata)  Ale che saliva la scala, ma di certo trovò qualcosa...
Sul balcone, avvolto nella penombra ma visibile da qualche raggio lunare, Giorgia vide sulla ringhiera del balcone, un cocorito rosso e verde.
-Ok  Ale, questo è una delle tue sorprese?- pensò Giorgia, con un sorriso sulle labbra mentre guardava il cocorito. Gli si avvicinò lentamente per evitare di farlo spaventare, ma questo  non lo sembrava affatto, visto che sembrava che lui stesso stesse aspettando,  lì fermo e immobile  che Giorgia lo raggiungesse.

-Ehi piccolo che ci fai qui?-  gli chiese  accarazzendagoli le sue morbide piume; allora il pappagallo (come se per qualche strano motivo, capisse cosa Giorgia gli ebbe appena chiesto) le mostrò la zampetta, facendo notare che aveva qualcosa legato ad essa.
Giorgia notandolo ciò decise di portare il cocorito in casa, facendolo accomodare sulla sua spalla.
Chiusa la finestra,  accese la luce del comodino  e si mise sul letto, cercando di slegate quello che era legato alla zampa del cocorito.
Appena riuscì a sfilarlo, il cocorito si mise a girare nel letto come a perlustrare un nuovo territorio, mentre Giorgia cercò di vedere cos' era quell'involucro.
Era un biglietto piegato varie volte ed era stato legato con un filo di nilon.
Su di esso vi era scritto:
"Ehi Giogio spero che ti senta meglio. Scusa se non sono potuto venire ma avevo da fare;  in compenso ti ho mandato Chico a farti compagnia. Forse ti saresti aspettata una  chiamata o un messaggio come prima, ma in fondo sai come sono... ovvero pieno di sorprese no? ;-)
Ale".

-"Già pieno di sorprese, ma in fondo è così che mi piaci no?- " 

Disse Giorgia tra sè e sè, mentre teneva ancora in mano il foglietto, e con uno sguardo spensierato e un dolce sorriso che glie comparve  sulle labbra, si raddrizzò sul letto, aprì un cassetto del suo comodino ed estrasse una penna. 

Girò il foglietto dalla parte opposta e scrisse:

"Sì e sono felice che tu sia così ; -)"

Ripiegò il foglietto e con lo stesso filo con cui era stato legato prima, lo legò di nuovo alla zampa di Chico. Aprì la finestra, diede un'ultima carezza al cocorito e lo lasciò ritornare al circo.
Ritornata a letto, Giorgia riprese in mano il telefono per leggere i restanti 33 messaggi da parte delle gemelle; i primi chiedevano come al solito come stava e quando si sarebbe ripresa, ma i messaggi successivi invece riguardavano all'arrivo di un nuovo compagno che sarebbe arrivato da lì a poco, un certo Marcel.

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8:10 a.m. stazione di Kufstein

-Eccoci arrivati Marcel, benvenuto in Austria- disse fiero il signor George Leis, dopo essere finalmente arrivato, da un viaggio in treno che sembrava durasse una vita.
-Beh non c'è che dire, il posto mi sembra... carino. Dov'è che andremo a vivere?-
-In un paesino non molto distante da qui, possiamo raggiungerlo tranquillamente a piedi. In una ventina di minuti saremo arrivati"-.

Durante la camminata nessuno dei due aprì bocca, entrambi erano impegnati ad ammirare il paesaggio che li circondava, che si trasformava poco a poco, da una stazione ferroviaria a una bella e brulicante campagna.
Camminarono per un'altra decina di minuti finché non arrivarono nel luogo prestabilito.
-Ecco, visto non ci abbiamo messo tanto. Che dici ci fermiamo a mangiare qualcosa? -

-Va bene, basta che sia qualcosa di mangiabile- disse il ragazzo con una nota di acidità, unita a un pizzico di snobbismo.
George, estrasse il cellulare e si mise a cercare qualche ristorante nelle vicinanze.

-Allora... qui dice che c'è una locanda in cui si mangia molto bene, a seconda di quanto dicono le recensioni, si chiama... "la bottega", nome insolito". -

-"Sarà anche insolito ma spero che sappiano cucinare, ho fame quindi è meglio che ci muoviamo"- rispose brusco il ragazzo, cosa che il padre non tollerata più di tanto.

-"Marcel!"- iniziò con voce ferma -"Modera il tuo atteggiamento, hai capito? Sono sempre tuo padre ed esigo rispetto-" gli disse piazzandosi davanti al figlio e guardandolo dritto negli occhi, con il suo sguardo penetrante, capace sia di intimorire che di tranquillizzare, chiunque lo guardasse.
A Marcel quello sguardo non gli era mai piaciuto, lo faceva sentire impotente ed era anche il segnale che stava esagerando
-Okay papà scusa, sono solo stanco- si affrettò a dire, abbassando lo sguardo.

-Va bene, ma ora sbrighiamoci altrimenti non troveremo nessun tavolo libero, fra poco sarà l'ora di punta-.

Entrati nella bottega, i due furono accolti da un'allegra ed esuberante signora, che li invitò subito ad accomodarsi al tavolo in fondo alla sala.

-Un bel posto, davvero. Mi piace, tranquillo, allegro. Tu che ne pensi Marcel? -

-Si anche a me non dispiace-.

-Sono contento che la pensiamo allo stesso modo- poi prendendo il menù, ed incominciando a sfogliarlo, George chiese al figlio cosa volesse ordinare.

-Non so papà, qualcosa di leggero non ho molta fame.  Scusa,  vado un attimo in bagno-  disse alzandosi  e  dirigendosi dalla parte opposta, ma per sbaglio qualcuno lo urtò e gli fece cadere addosso un liquido appiccicoso

- Ehi! Dannazione guarda cos' hai combinato! -

-Scusami mi dispiace, non l'ho fatto apposta- cercò di scusarsi il ragazzo mentre raccoglieva da terra la lattina ormai mezza vuota

-E lo voglio ben vedere! Ora dimmi come faccio a levare questa roba appiccicosa! Ci vorrà un secolo a far tornare la giacca come prima-

-No tranquillo, basta solo un po d' acqua-

-Ma allora vuoi proprio prendermi in giro! - disse Marcel, non riuscendo a contenersi

- Marcel! Siamo appena arrivati e già ti fai riconoscere! - lo richiamò severo il padre

-Ma padre, è stato lui che..

-Lui ti ha solo urtato e non mi pare il caso di farla tanto lunga per qualche macchia. Ora vai in bagno a darti una ripulita -

-Si... padre... - e con aria sconfitta ma con l'odio nello sguardo Marcel , dopo aver dato un ultima occhiata al ragazzo, come per dire "Te la farò pagare"  si allontanò, cosa che stava cercando di fare anche il ragazzo se non fosse stato richiamato da quel l'uomo, che si presentava come il padre del ragazzo che aveva appena urtato.

-Ragazzo-  lo richiamò con voce ferma il signor Leis 

-Sì, signore? - chiese il ragazzo 

-Come ti chiami? -

-Mi chiamo... Alessio... signore- 

-Bene Alessio, mi dispiace per il comportamento di mio figlio, è un po' troppo impulsivo a volte"-

-Ah non si preoccupi, anzi scusi se gli sono venuto addosso. Ora scusi ma devo proprio andare. Arrivederci.-  disse il ragazzo uscendo di fretta

-"Uhm.. Alessio... questo nome non mi è nuovo, e credo che non lo sia nemmeno quel ragazzo"- pensò il signor Leis; ma decise di non soffermarsi su ciò  più di tanto, era venuto lì per riposarsi, non per pensare al lavoro. 

Ho deciso... voglio volare!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora