47. Nicolò

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Mi ha fatto più male di quanto pensassi il solo fatto che lei abbia sentito il bisogno di sfilare la mano dalla mia. Quella ragazza è la cosa migliore che possa capitarmi ma mi ferisce il suo dubbio a voler annunciare la nostra relazione anche ai nostri genitori. Non che a questo punto non lo sospettino.
Fisso Natalie, seduta al mio fianco che chiacchiera amabilmente con gli adulti che ci circondano, i nostri genitori. Sembra turbata, ma fa di tutto per nascondere la punta di preoccupazione che io riesco a cogliere in lei. Dovremmo proprio parlare.
Sospiro e sposto lo sguardo sulla tavola. Mentre le donne (mia e sua madre e anche lei) continuano a parlare mi metto a giocare con il cibo che ho nel piatto. Appena sollevo lo sguardo, però, incrocio gli occhi di mio padre, che mi fissano impazienti. Alza le sopracciglia e sposta veloce lo sguardo su Nat, per poi tornare a fissarmi. Con un cenno della testa mi esorta a darle più attenzione o, forse, a parlarle finalmente. Posso sentire la sua voce nella mente che dice "Che aspetti testone? Portala via e parlale, si vede che è importante" così non ci penso due volte.
Mi sporgo su Nat e le sfioro la coscia con la mano, facendola sobbalzare. Mi appunto che dopo dovrò rinfacciarle l'effetto che faccio al suo corpo e mi piego meglio su di lei, sussurrandole -Vieni con me? Dobbiamo parlare-
La vedo annuire leggermente mentre sposta il tovagliolo che tiene sulle gambe sul tavolo, scusandosi con i nostri genitori -Vado velocemente a vedere una cosa di sopra. Vieni con me? Penso che quella foto ti piacerà- mi sorride e io annuisco, alzandomi e seguendola mentre sale le scale. Prima di perdere di vista il tavolo butto un veloce sguardo a mio padre che, sorridendomi, sembra dire di aver fatto la mossa giusta. Non posso non ricambiare il sorriso.
-Se è per la storia della mano mi dispiace, non volevo- chiude la porta di camera sua appoggiandovisi contro. I suoi occhi azzurri mi trapassano e io sospiro. Siamo soli e, magari, ora potremmo dirci veramente le cose come stanno.
-Vorrei solo dirglielo. Mi pare brutto che loro, per primi, non lo sappiano- ammetto rimanendo in piedi di fronte a lei. Sembra così piccola e fragile al momento, quasi come se le mie parole la stessero distruggendo.
-Non lo so... Ti pare una cosa normale tutto quello che sta succedendo? Di punto in bianco ci siamo messi insieme, senza preavviso né niente- sbuffa e io aggrotto le sopracciglia. Che vuole dire?
-Cosa ci sarebbe di anormale? Siamo solo innamorati, e non è successo niente così di punto in bianco, se posso farlo notare. Io, prima, ho cercato in ogni modo di...- mi mancano le parole ed esito un attimo, sotto il suo sguardo indagatore -Di provarci con te. Nulla è stato avventato- finisco. Sospira, frustrata, ed inizia a gironzolare per la camera.
-Non capisci. Siamo migliori amici da chissà quanto tempo e, così di colpo, ci mettiamo insieme? Come la prenderanno loro?- penso si stia facendo dei problemi per niente. Sospetto sia solo nervosa di dirlo ai nostri genitori, per qualche motivo.
-Ma ti senti quando parli? Non puoi pensare a come reagirebbero loro, adesso. Hai pensato a come avrebbero reagito i nostri compagni una volta venuti a saperlo? Hai pensato a come avrebbero reagito tutti i nostri amici? Non puoi farti questi problemi adesso, dai- cerco di farla ragionare. Sono solo paranoie, niente di che. Sono sicuro.
-Lo sai che loro sono una cosa diversa, loro fanno parte permanentemente della nostra vita, Nicolò, non come i nostri compagni che chi si è visto s'è visto. Il loro pensiero, a me, importa molto- lo sguardo inviperito si fissa su di me. Gli occhi azzurri ghiaccio che amo tanto ora non trasmettono nient'altro che dispetto e furia. Preferivo non averli mai puntati su di me.
-Ma perché adesso ti fai tutti questi problemi? Saranno felici per noi, ne sono certo, non preoccuparti di questo- anche il mio tono prende volume e amarezza. Sta facendo diventare lunga una cosa che non dovrebbe esserla.
-Nicolò, stai prendendo tutto sottogamba. Potrebbero prenderla peggio di quanto pensi. Ti sto chiedendo solo di aspettare un po'- alza gli occhi al cielo, evidentemente stufa, e poi incrocia le braccia al petto. Faccio un passo verso di lei.
-Ma non vedi i loro sguardi? Sanno già tutto e sono contenti per noi, sanno che anche noi siamo felici insieme. Perché non dirglielo?- posso sentire chiaramente il suo respiro leggermente affannato dalla discussione. Non posso fare a meno di desiderarla. È sexy anche così, incazzata con me.
-Non voglio, non sono pronta. Forse sei tu quello sempre pronto a fare tutto, a buttarsi in cose stupide- sputa acida riferendosi, ovviamente, al fatto che andavo a letto con Alexis. Mi sento colpito al cuore.
-Non ho mai detto di non aver fatto una cosa stupida con Alexis, credi che non mi sia pentito? Beh, lo sono. Non sarei mai dovuto andare con lei e lo so. Ma sai una cosa di cui non mi pentirò mai?- faccio ancora un passo verso il suo viso arrabbiato -Di stare con te. Non c'è niente di male nel dirglielo- quello sguardo mi avrebbe distrutto quando eravamo piccoli, quando ero terrorizzato di poterla fare arrabbiare con me. Con il tempo ho capito che con me, lei, si arrabbiava difficilmente in modo reale. Dovrei avere paura adesso?
-No, non voglio farl...- e io non voglio sentire ancora quella frase. La prendo per le spalle e l'attiro a me, facendo combaciare le nostre labbra. Non saprei dire il perché, il come e neanche il quando, so solo che la bacio, con tutta la voglia e l'amore che posso.
Dopo un attimo di esitazione prende il colletto della mia camicia e mi stringe a sé, ricambiando affamata il mio bacio. Le mie braccia le circondano i fianchi e la sollevo, facendole circondare il mio bacino con le gambe. La porto alla scrivania mentre non smetto un secondo di venerarla e amarla. Le mie mani volano sul suo corpo caldo e la sfiorano, facendole venire i brividi. La voglio più vicina. La voglio più calda. La voglio più mia.
Geme nella mia bocca e io mi stacco per riprendere fiato, sorridendo. Le mie mani, però, non smettono di vagare su di lei, così morbida e calda. Così bella.
-Stiamo per fare del sesso di pace?- passo a baciarle il collo mentre ascolto il suo respiro spezzato. Nemmeno mezzo secondo dopo mi pento della mia frase.
-Cosa?- sembra risvegliarsi da un sogno e mi spinge via, facendomi allontanare dal suo splendido corpo. Mi guarda come se fossi pazzo -No, per niente. Ti sei bevuto il cervello?- si rimette in piedi e si liscia il vestito leggermente accartocciato per colpa delle mie mani curiose.
-Vogliamo dirglielo allora?- mi passo una mano tra i capelli di poco scompigliati.
-Non importa, lo faremo, abbiamo tempo- acidamente si sistema al meglio e scende di sotto, non aspettandomi.
Sbuffo e dopo la seguo giù per le scale, sentendola dire subito -Vado io- e dirigersi verso la porta.
-Non c'era bisogno di essere così acidi, però- borbotto mentre lei va alla soglia di casa, aprendo la porta subito dopo e rivelando un uomo.
-Che ci fai qui, bambina?- domanda lui ridacchiando, visibilmente nervoso. Mi metto subito in allerta e mi avvicino, non prima che lei si presenti però.
-Piacere, io sono... Sono Natalie- si presenta e posso vedere chiaramente gli occhi sgranarsi. Con un accenno di titubanza allunga una mano e, prima che possa toccarle la guancia, mi metto difronte a lei, bloccando la mano dell'uomo.
-No, non la tocchi- intimo attirando per un secondo il suo sguardo, ma subito quegli occhi azzurri puntano nuovamente in direzione della mia ragazza -Chi è lei?- chiedo. Uno sconosciuto che si presenta alla porta e che la chiama bambina? Da quale mondo viene?
-Lui è Stuart, Nicolò- e, a quella frase, tutto diventa più chiaro. Lo stesso Stuart che potrebbe essere suo padre. Lo stesso Stuart con cui parla al parco. Lo stesso Stuart che, noto solo ora, ha gli stessi tratti di Nat.
-Stuart... Se avessi saputo chi eri davvero- assapora il suo nome, pronunciato da quella che, ormai sono convinto, è sua figlia.
-Chi è, Natalie?- non riesco a muovere un muscolo, esattamente come Natalie, così sua madre, sorridente e felice della serata, può vedere chiaramente l'uomo che sosta sulla soglia.
Riesco a girarmi per vedere la sua espressione. Il respiro le si mozza in gola e gli occhi si fissano irreparabilmente su di lui, mentre la bocca si divarica leggermente e inconsciamente. Stuart, davanti a me si immobilizza appena incrocia lo sguardo di sua moglie, poi sorride leggero. Penso di poter sentire distintamente entrambi i loro cuori.
-Ilenia, sei sempre bellissima- le dice e fa un passo verso di lei, superando me e Nat. Gli occhi lucidi della donna mi riempiono il cuore, tanto che sento non ci sia più spazio nell'intero mondo per tutto l'amore che straborda da quelle iridi chiare.
-Tu non ci sei più- sussurra Ilenia, non facendo neanche un passo per avvicinarsi. Nonostante ciò è Stuart ad avvicinarsi.
-Sono qui o sbaglio?- sussurra con voce spezzata. L'emozione riempie la stanza e tutto, TUTTO, sembra uno spillo in confronto a loro due. Ogni cosa perde importanza: la litigata che prima ho avuto con Nat; la cena che non abbiamo praticamente finito.
-Ma non è possibile- risponde lei. Una lacrima le riga la guancia e lui, esitante, allunga la mano per asciugargliela -Sono venuti a casa, 17 anni fa, dicendomi che eri disperso. È trascorso troppo tempo, ormai- gli occhi lucidi corrono velocemente su tutto il suo viso per osservare i dettagli che, probabilmente, sbiaditi o addirittura scomparsi dalla sua mente.
-Non è mai troppo tempo. Volevo solo tornare a casa- risponde lui. Ilenia scoppia a piangere, arrendendosi e buttandosi tra le braccia di Stuart. Lui la stringe a sé, baciandole i capelli e sussurrandole parole dolci che non mi sembra il caso di ascoltare.
Un singhiozzo, più vicino, attira la mia attenzione, così mi volto verso Nat solo per scoprirla in un mare di lacrime, voltata per dare le spalle ai suoi genitori. Mi sembra così strano dire "i suoi genitori". Da quando la conosco c'è solo sua madre. La madre che, fino ad adesso, l'ha sostenuta e le ha voluto bene.
-Nat no- allungo le braccia e lei ci si butta dentro, singhiozzando incontrollabile. Non posso negare anche alle mie, di lacrime, di scendere.
-Vieni, andiamo fuori- le dico e la porto fuori dalla porta, non chiudendola. La faccio sedere sulla panchina che si trova in veranda, stringendola tra le mie braccia.
-Va' tutto bene principessa, andrà tutto bene- ma anche a me la voce viene leggermente spezzata dai singhiozzi. Faccio un grande sospiro, nel tentativo di tranquillizzarmi, perché in questo momento almeno uno di noi due deve essere forte. E quel qualcuno sono io.
-È mio padre- mi stringe di più, tremando tanta è la forza di controllarsi. Non ci riesco a vederla così, mi si spezza talmente tanto il cuore.
-Natalie- mia madre esce sulla veranda e la chiama -Verresti dentro? Dicono che vogliono parlarti- il sorriso che le regale vuole essere più confortante possibile, si capisce, ma ovviamente non può sortire l'effetto sperato.
La stringo di più e le lascio un bacio sulla fronte. Mi allontano giusto quel che basta per guardarla negli occhi rossi e lucidi -Vuoi andare dentro?- le chiedo dolcemente. Non voglio sia costretta a fare qualcosa che non vuole.
Tira su con il naso e annuisce. Le prendo la mano e la faccio alzare, ma prima di entrare la fermo e le ripeto -Andrà tutto bene, ok? Ti amo-
Il suo sorrisetto sforzato mi dice che ho fatto la cosa giusta. Annuisce e si sporge verso di me, lasciandomi un bacio umido e salato sulle labbra, sussurrando poi -Ti amo anch'io-
Rientriamo in casa e troviamo i suoi genitori sul divano, seduti vicini ma senza toccarsi. Lo sguardo di lui, puntato sulla compagna, è nostalgico e amorevole, mentre quello di Ilenia è... Distaccato. Evita di guardarlo ma le lacrime continuano a rigarle le guance. Ci sediamo di fronte a loro, incrociando le dita tra noi, e aspettiamo che qualcuno parli. I miei genitori, in disparte nel salotto, osservano con occhi compassionevoli la scena. Sanno solo parte della storia.
-È lui il ragazzo di cui mi parlavi sempre?- spezza il silenzio Stuart. Nat, al mio fianco annuisce mentre sua madre fissa con occhi sgranati il compagno, poi anche la figlia.
-Vi parlavate?- domanda. Il tremolio nella voce è evidente, tanto che mi chiedo quanto sia pronta ad affrontare il discorso.
-Sì, ci siamo incontrati al parco, poi abbiamo iniziato a parlarci- risponde Stuart, guardando con affetto Ilenia. Non credo possa esserci un altro tipo di sguardo che rivolge a lei.
-Come hai fatto a non riconoscere tua figlia? È la tua fotocopia- il respiro affannato e singhiozzi repressi le fanno vibrare il petto.
-Non mi ha mai detto il suo nome, se non stasera, e di lei parlavamo solo del ragazzo di cui è innamorata. Non potevo sospettare che, solo da una somiglianza, potesse essere mia figlia- non posso non focalizzarmi sul "Parlavamo solo del ragazzo di cui era innamorata". Mi giro a guardare la mia ragazza. Appena nota il mio sguardo su di sé mi guarda e sorride. Beh, anch'io sono innamorato di lei.
-Non ti avevo detto di non parlare mai con gli sconosciuti?- la rimprovera stanca Ilenia.
-Se non avessi parlato con lui la prima volta, adesso non sarebbe qui- rispose Natalie. Le guance rosse dal pianto accomunano sia madre che figlia. Devo ammettere che entrambe sembrano adorabili.
-Mi ha incoraggiato lei a continuare a cercarti. Non credo sarei qui se non fosse per lei- guarda amorevole Nat, sorridendole dolce -La mia bambina- finisce con fierezza.
-Mi sei mancato così tanto- sussurra Ilenia, ricominciando a piangere. Guarda il suo compagno, con un misto di risentimento e tristezza.
-Mi sei mancata anche tu- allunga la mano e, come noi, intreccia le dita a quelle di Ilenia. Sono l'amore in persona. Quella che hanno appena detto di fronte a noi è la loro promessa.
-Ilenia- la richiama lui dopo che, per qualche minuto, si sono fissati senza dire niente -Dov'è suo fratello?- domanda facendomi mozzare il respiro.
Gli occhi blu, identici a quelli di Natalie, si fissano proprio su sua figlia -Ti ha già raccontato anche questo?- gli tremano le labbra per la tensione.
-Sì- risponde esitante la ragazza accanto a me. Sua madre sospira.
-Dopo che sei partito ho avuto dei problemi- racconta lei, distogliendo lo sguardo da tutti -Solo qualche giorno dopo che eri sparito io... Ho avuto una crisi. Ho lasciato Natalie da una mia amica e sono andata in ospedale. Avevo perso il bambino in un aborto spontaneo- singhiozza coprendosi il viso con le mani. Le mani di Stuart le massaggiano la schiena mentre io mi preoccupo di più per la mia ragazza. Il respiro bloccato in gola e gli occhi fissi nel nulla.
-Principessa, va' tutto bene. Ehi- visto che non mi guarda le alzo il viso con un dito, facendomi guardare l'azzurro dei suoi occhi -Devi stare tranquilla. Avevi ragione tu, come sempre- le sorrido e, finalmente, posso vedere i suoi occhi risvegliarsi. Ricambia il mio sorriso e si accoccola alla mia spalla. Le circondo le spalle con un braccio, stringendola a me.
-Voi, quindi?- domanda Ilenia. Mi ero scordato della presenza dei genitori. Li fisso, uno per uno, indeciso su cosa dire.
Natalie attira nuovamente la mia attenzione e io mi volto per guardarla. Mi tira vicino con una mano e mi lascia un bacio dolce e morbido sulle labbra, troppo veloce per ricambiare. Sorride a sua mamma e a suo papà, poi anche ai miei genitori.
-Non avevi detto che non volevi dirlo?- le chiedo piano e lei scuote la testa.
-Non posso lasciarti andare, adesso, sei troppo importante- risponde con un piccolo sorriso.
La serata si conclude con la cacciata di tutti quanti da casa loro, compresi me e Stuart. Nessuna delle due vuole parlare con lui e Ilenia non vuole nessuno in casa sua. Saluto Nat e vado a casa, sognando lei e il nostro amore.

Se siete arrivati fin qui un commentino e una stellina me li merito, no? Grazie e alla prossima.

BACIONI XD

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