37. Nicolò

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Io... Non posso crederci. È tutto così tremendamente sbagliato, tutto ingiusto e stupido, perché sta succedendo questo?
Appena Natalie inizia a camminare lontano da me e dal Diner io mi precipito in macchina per poterla seguire. Stupida macchina che non si accende.
-Dai cavolo, non puoi non accenderti!- esclamo battendo le mani sul volante. Sospiro e ripenso alla litigata nel locale. Non le pensavo veramente quelle cose, è ovvio, ma sono stato preso dalle parole, non riuscivo a ragionare, pensare o comunque parlare seriamente. Ho sputato cattiverie come se niente fosse e mi sento già malissimo per questo.
-Dai, accenditi- continuo a sussurrare e finalmente l'auto parte, facendo rombare il motore che mi ha fatto tanto disperare.
Parto subito per la strada che Nat ha imboccato, girando il volante e allungando il collo per vederla sul bordo strada. La vedo da lontano e mi viene un colpo al cuore a scorgerla così abbattuta e stanca. Accosto al suo fianco.
-Non è questa la strada per andare a casa- le dico cercando di attirare la sua attenzione. È evidente che mi ignora continuando a camminare.
-Non fare la stupida, sali- tento di nuovo seguendola e rallentando. Mi maledico mentalmente per averle dato nuovamente della stupida ma il suo comportamento mi giustifica.
-Vattene, non voglio vederti- cerca di mandarmi via ma alzo gli occhi al cielo.
-Ci metterai tutto il giorno se non sai neanche da che parte andare- obbietto e lei sbuffa, ma non sembra comunque essere dell'idea di salire con me.
-Ti ho detto di andartene via- svolta in una via in cui la macchina non passa e sono obbligato a scendere per poterla seguire. Non senza aver prima dire -Ma dai- con tono di evidente frustrazione.
-Smettila- mi intima ma non lo faccio, intanto le prendo il braccio e la porto al muro che delimita la via, facendola appoggiare e mettendomi di fronte. I suoi occhi sono evidentemente lucidi.
-Nessuno dei due pensava quelle cose- sono quasi certo di poter parlare anche per lei. Mi spezzano il cuore le frasi che ci siamo tirati contro come frecce, esattamente come se fossimo in guerra.
-Non è vero, le pensavamo entrambi- ribatte spostandosi e allontanandosi di nuovo.
-Nat ti prego, non fare la bambina- mi spiace dirlo ma questa lite non ha senso, almeno per me, e lei si sta comportando proprio come ho appena detto.
-Vattene via ora se non vuoi che ti urli ancora contro- mi minaccia ma io non la ascolto e mi avvicino di scatto a lei.
-Nat aspetta, dai- afferro la sua mano e lei si gira a guardarmi. Posso vedere l'indecisione se lasciare o no la mia mano. Ma poi non la sposta.
-Quello che ho detto al Diner non significava niente- le dico e lei distoglie rapida lo sguardo dal mio.
-Significava tanto, invece- risponde triste.
-No Nat, erano stupidate- ammetto. È vero, non ho mai pensato tutto quello che ho detto, ma quando si è arrabbiati si sa che possono arrivare parole a caso.
-Allora? Cosa vuoi dire?- domanda seccata. Dal suo sguardo che saetta ovunque tranne che su di me posso intuire che stare qui non le piace.
Esito prima di rispondere, ma poi la formula sbagliata delle mie sensazioni fuoriesce dalle mie labbra -Voglio dire che mi piacerebbe fare l'amore con te- sospiro sfiorandole la guancia con la punta delle dita. Perché non riesco a dire che sono innamorato di lei? Perché ormai ho capito che mi piace, e anche tanto, e che vorrei qualcosa di più della nostra amicizia. Ma stiamo rovinando tutto.
-Smettila- sibila.
-È la verità- non sta capendo quello che voglio dire. Ma forse io non le sto rendendo le cose facili. Dovrebbe leggere tra le righe le parole giuste per capire veramente. Ma evidentemente legge sbagliato.
-No, non è vero, è solo un altro stupido modo per portarsi a letto qualcuna. Beh, mi spiace per te ma non sarò la prossima- si allontana da me sputando cattiva queste parole -Non voglio vederti. Vattene lontano, fuori dalla mia portata- finisce andandosene, la seguo perché al momento mi sembra l'unica cosa ragionevole da fare.
-Nat, ti prego, non è vero, fraintendi sempre...- cerco di fermarla ma lei si gira guardandomi con quei suoi occhi azzurri troppo chiari e troppo pieni di lacrime per non farti sentire in colpa.
-Non mi importa di aver frainteso o no. Vattene via Nicolò, sparisci, vai a fare sesso o tutto quello che vuoi, basta che non riguardi me o la mia vita. Non ti voglio vicino- la voce si alza con l'andamento della frase, fino a farla quasi urlare.
Io rimango zitto e immobile mentre i passi della mia migliore amica si allontanano inesorabili per la strada. Posso sentire distintamente il mio cuore frantumarsi sotto i colpi di quelle parole che, una dopo l'altra, lo stanno riducendo in briciole sempre più piccole. Io la voglio ancora nella mia vita, la voglio e la vorrò sempre, come potrei il contrario?
Sconsolato e con un pizzico di rabbia che piano piano cresce, ritorno alla mia macchina e salgo, non accendendola.
-Accidenti- esclamo sbattendo forte le mani sul volante, tanto che i segni rossi sono ben visibili sui palmi -Accidenti! Accidenti! Accidenti!- ripeto ancora "picchiando" la mia povera macchina. Non posso proprio credere a tutto quello che è appena successo, una assurdità dopo l'altra che non sta né in cielo né in terra. Sono tremendamente incazzato.
Prendo il cellulare, che per fortuna avevo messo a caricare in macchina, con mani quasi tremanti e faccio la cosa più stupida che al momento possa venirmi in mente. Posso sentire il telefono squillare mentre batto il piede nervosamente contro il tappetino dell'auto.
-Pronto?- risponde.
-Ciao Alexis, puoi venire a casa mia o ti dispiace?-

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