Cap. 16

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Le prime luci che filtrarono dalla finestra della camera di Jay, mi fecero spalancare quegli occhi che già erano aperti da un po'. Passare l'ultima notte con Jason rannicchiata tra le sue braccia era qualcosa che non volevo dimenticare, starmene lì sentendomi al sicuro mentre assaporavo e il suo odore, quel profumo di biancospino e menta che tanto mi piaceva fiutare. Non volevo dimenticare nulla di quella sensazione, così restai sveglia per quasi tutta la notte, ascoltando i suoi respiri e scrutando ogni aspetto di quel suo volto così meraviglioso. Lentamente mi scostai da lui scendendo dal letto, anche se ogni mio muscolo mi impediva di farlo, mi vestii stando attenta a non creare alcun tipo di rumore e finii di riempire il borsone che avevo preparato la sera prima di addormentarmi con lui. Chiusi la lampo e me lo misi in spalla, riguardai quella stanza così povera ma allo stesso tempo così piena d'amore e ricordi mentre piano mi avvicinavo a Jason che ancora dormiva profondamente. In un primo momento pensai di svegliarlo, ma dopo aver compreso che facendolo non avrei fatto altro che aumentare il dolore sia suo che mio, decisi di concedermi solo un ultimo sguardo e un piccolo bacio sulla sua fronte, dopodiché mi voltai e mi costrinsi a uscire da quella stanza. Ad aspettarmi con due borse cariche di armi e provviste sul ciglio della porta, c'era Tyler. A vederlo così sembrava un militare pronto ad andare in guerra, pantaloni mimetici infilati in stivali alti, una canotta nera aderente che spuntava da sotto una giacca pesante altrettanto mimetica e quello sguardo da terminator che non lo abbandonava mai quando stava per affrontare qualcosa di rischioso. In effetti, una propria e vera guerra. << Ciao Tyler. >> pronunciai andandogli in contro, ma la mia voce uscì molto meno ferrea di quanto pensassi che fosse. << Giorno principessa, pronta? >> << No. >> Avrei dovuto dire di si, fare la dura e non dargliela vinta; ma non ne avevo la forza, non dopo tutto quello che era successo e che ancora doveva succedere. << Beh in ogni caso non ce ne è bisogno, io sono pronto per tutti e due >> mi consolò Ty. << Lo vedo >> ammisi quasi seccata, ma ugualmente triste. << Andiamo? >> << Voglio salutare Adrian prima di andare. >> dissi osservando in giro. << È nella sua stanza. >> mi fece notare lui vedendo che lo stavo cercando con gli occhi. << Pensi che stia ancora dormendo? >> chiesi ora guardando Ty. << C'è un solo modo per saperlo >> rispose mentre mi fece cenno di andare a vedere. << Tu non vieni con me? >> << Non sono così affezionato a lui >> ammise senza problemi. Mi avviai verso la sua stanza che si trovava al piano terra, aprii leggermente la porta che cigolò non appena la spinsi e sbirciai dentro. Lo vidi nella stessa posa della sera prima, seduto e piegato in avanti intento a leggere il suo libro, solo che in quel momento non lo stava leggendo, si doveva essere addormentato così. Feci per voltarmi e tornare indietro, quando la sua voce mi fermò. << Te ne vai senza salutarmi? >> << Pensavo stessi dormendo >> dissi piano avvicinandomi. << Era un dormiveglia >> precisò lui. << Sei molto attaccato a quel libro vedo, non te ne separi mai >> affermai indicandolo. << È un legame affettivo. Questo libro lo leggevo sempre a mia figlia per farla addormentare quando era troppo presa dalla sua vivacità per poter dormire; mi sedevo accanto alla sua culla e ogni sera era una poesia diversa, ogni ora una notte magica e un ricordo impresso qui dentro >> fece cenno con la mano al suo cuore. << Sai mi sei sempre piaciuta Scarlett, non per la tua purezza e per l'essere così premurosa e gentile, ma per la tua capacità di osservazione. A te non sfugge mai nulla ed è una buona dote, non perderla mai. >> << Grazie Adrian >> risposi solamente facendogli un sorriso smorzato. << Non è così tanto male essere umani Scarlett. Non devi odiare te stessa >> concluse infine scrutandomi. Non sapevo come Adrian potesse sapere questa cosa di me, come potesse intuire quanto destavo la mia fragilità, la mia vita che mi sembrava del tutto insignificante prima di incontrare Jason, di quanto il dolore, la sofferenza, l'illusione di questo mondo mi opprimessero ogni giorno. << So osservare anch'io >> disse interrompendo i miei pensieri con tono amichevole. << Puoi anche odiare il tuo corpo e dare la colpa al mondo per quello che capita fuori di te e alle altre persone, ma devi amare la tua anima, infondo è lei a vivere, non il tuo corpo. Alla fine le risposte sono tutte dentro di te, sempre, non le puoi cercare altrove. >> Non feci in tempo a rispondere che Tyler si presentò alla porta dicendomi che era ora di andare. Riguardai per un ultima volta Adrian, quell'uomo straordinario che tanto ricordava mio padre e lo salutai con quelle parole che mi sembravano più giuste: << Arrivederci, Mr Grant. >> Non avrei mai dimenticato quello che mi aveva detto. Fino a quel giorno non avevo ancora notato che la vistosa Harley di Tyler era parcheggiata nel vialetto sul retro di casa Grant, nascosta quel tanto che bastava dai cespugli. Mi fermai ad osservarla e Tyler non perse l'occasione per ricordarmi che quella volta davanti alla scuola gli avevo promesso che un giorno ci sarei salita. Bene, quel giorno era arrivato. L'aria mi sfrecciò sul volto intensamente non appena svoltammo l'isolato e non appena Tyler prese a correre più di ottanta all'ora; non so perché, ma quell'adrenalina che stavo provando mi fece stare meglio, soprattutto perché il pensiero di un possibile schianto mi impediva di pensare a quello che mi ero lasciata alle spalle, a chi, mi ero lasciata alle spalle. Arrivammo nei pressi della scuola in un batter d'occhio, accostandola e girandoci attorno vidi che parte di essa era ancora completamente distrutta e annerita dalle ceneri, l'altro lato invece era oscurato dai pannelli per la ricostruzione. Ty imboccò il sentiero che addentrava nel bosco e la strada sterrata che percorreva mi fece sbandare a destra e a sinistra tanto da dovermi tenere più stretta a lui, il che, pensai, non gli dispiacesse più di tanto. Non appena fummo vicini alla sua abitazione, Ty rallentò il necessario da farmi scendere, mi ordinò di starmene ferma lì ad aspettarlo, scomparve dai miei occhi per alcuni secondi dietro alla vegetazione e tornò da me a piedi camminando a passo sicuro. Vederlo nell'ambiente in cui aveva trascorso il suo tempo da essere umano, lo faceva risultare diverso ai miei occhi, Ty era molto più a suo agio; il modo in cui evitava avvallamenti e rami in cui io sarei sicuramente inciampata con tanta semplicità, il modo in cui quegli alberi punteggiati di bianco incorniciavano il suo corpo, il modo in cui mi raggiunse e con cui la luce della mattina illuminava ogni parte di lui, erano del tutto compatibili con il suo essere. << È meglio entrare, si gela qui fuori. >> dissi non appena fu abbastanza vicino e voltandogli subito dopo le spalle. Non avevo voglia di scherzare in quel momento, ne di parlare con lui. Ero stanca e i pensieri su Jason erano ritornati a brulicarmi la testa. Se in quel momento fosse stato sveglio, non mi avrebbe vista accanto a sé nel suo letto, non avrebbe abbracciato nessuno se non il vuoto tra le sue mani, chissà cosa avrebbe provato nel momento in cui avesse capito che me ne ero già andata. Varcai la porta di legno stantio che avevo già aperto un paio di volte, scaraventai il borsone sul divano di pelle e mi precipitai nella stanza in cui stavo sdraiata e senza vestiti il primo giorno che incontrai Tyler. Mi richiusi la porta alle spalle. Era ancora esattamente come la ricordavo, interamente in legno scuro con il letto posto di fronte al caminetto (anche se stavolta era spento), quella piccola finestra che dava sul bosco e.. quella poltrona prima di allora non c'era mai stata o almeno io non la ricordavo! Feci pochi passi e mi ci sedetti sopra. Era anche questa interamente di pelle, ma di un verde muschio e non potei non notare la sua posizione. Mi rividi in quel giorno in cui entrai per la prima volta nella stanza di Jay, ricordavo perfettamente il mio stupore nell'osservare fuori da quella finestra, dove capii immediatamente che ogni volta che lui stava in quel posto, guardava me, sempre e costantemente me. Qui quel che si vedeva invece non erano altro che alberi e alberi infiniti e sempre più offuscati man mano che la mia vista si allungava in profondità. Non so perché, forse per quel piccolo ricordo o forse per la sua semplicità, ma la adorai all'istante. Tra me e me pensai che forse non era una coincidenza che quella poltrona si trovasse proprio li, in quella posizione davanti alla finestra, ma non mi capacitai a pensare che fosse stato Tyler a metterla in quel modo di proposito, non l'avrebbe mai fatto.. farmi ricordare Jay, e inoltre non poteva sapere com'era la sua stanza o di come quella poltrona potesse in qualche modo suscitarmi dei ricordi, per cui mi rassegnai all'idea che fosse solo un caso, anche se al caso, io, non ci avevo mai creduto. Me ne restai seduta li per un po' e Tyler non provò mai ne a bussare, ne a chiamarmi dall'altro capo della stanza. Poteva essere idiota quanto voleva, ma quando si trattava di me e di quello che provavo o di come mi sentivo, lui rispettava ogni mia decisione, ogni mio pensiero; sapeva quando starsene per conto suo quando io non avevo voglia di compagnia e sapeva starmi vicino e farmi ridere quando ne avevo bisogno o quando semplicemente lo faceva solo per stuzzicarmi. Anche se parte di me poteva odiarlo per i suoi modi così rozzi e spavaldi, per le sue azioni impulsive e sbagliate, in qualche posto remoto sentivo di volergli bene, un affetto diverso dalla sola amicizia che potevo provare per una Ronnie, ma non così profondo come quello che sentivo per Jason. Presi una coperta nello scompartimento che si trovava lì vicino e mi rannicchiai in quella poltrona socchiudendo gli occhi. Una dormita non mi avrebbe fatto altro che bene.

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