L'ultima notte

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Pov. Irina
Le bambine stanno dormendo. Sarà la loro ultima notte in questa casa, così confortevole e piacevole. Ma dovremo lasciarla. Mi si spezza il cuore al pensiero dell'infanzia lacerata delle mie amate figlie, ma mio marito ha promesso che, appena usciti da Roma, ci nasconderemo e ricominceremo una nuova vita, piena d'amore, senza più Mussolini, Hitler, la Guerra, la paura e la morte. Io confido nelle parole del mio adorato sposo.
Eppure ho paura. Domani, all'alba, partiremo. Sfideremo il coprifuoco. Sfideremo i fascisti di guardia fuori dalla città. Sfideremo la morte e la vita.

Salgo le scale in legno che scricchiolano e raggiungo la grande soffitta della casa.
È una grande stanza, con le travi in legno e il pavimento di assi leggere che, oramai, fanno degli strani rumori scricchiolanti ad ogni passo.
In questa stanza ho passato la mia infanzia, giocando con mio fratello, nonostante la nostra notevole differenza di età.

So cosa devo prendere in questa stanza, e so anche dove si trova.
Mi avvicino al grande baule in legno di ciliegio, sporco, logoro e molto vecchio.
Lo apro.
Una nuvola di polvere si solleva, facendomi tossire violentemente. La mia allergia si fa sentire, purtroppo.
Cerco tra carte, bambole di pezza sgualcite, ragnatele, fino a quando non trovo quello che sto cercando: una vecchia foto in bianco e nero. Le persone fotografate sono otto e sono sorridenti, all'ombra di un melo.

La mia famiglia: mio padre Elazar, mia madre Hadassa, le mie sorelle Yasmina e Eshter, i miei fratelli Mosé e Abraham, mio nonno Ychai.
Mio nonno morì poco tempo dopo quella giornata di sole, quando decidemmo di fare la foto.
Mio padre e mia madre so che sono ancora vivi, ed ora sono in Israele con Mosé, ma non so nient'altro di loro.
Eshter è in America in cerca di fortuna, e lì si è costruita una famiglia.
Abraham morì poco dopo il mio matrimonio, coinvolto in una battaglia all'ultimo sangue tra le trincee in Guerra.
L'unica con cui mantenevo un rapporto epistolare era Yasmina, ma è da tempo che non mi scrive più lettere.
La mia famiglia, della quale ho molti ricordi felici, si è sgretolata dopo la Grande Guerra.

Non permetterò che questa guerra in arrivo distrugga la famiglia che ho creato con mio marito.

Inizio a tremare. Ho davvero tanta paura.
Sento dei passi dietro di me.
Mi volto.
Mio marito Joshua si avvicina.
"Irina?" Ha una voce profonda, che mi ha incantata fin da quando l'ho conosciuto la prima volta, durante una giornata piovosa di Novembre.

Pov.Joshua
Vedere mia moglie spaventata mi riempie di infelicità. Anche io temo questa guerra, ma Irina potrebbe uscire da questa situazione devastata. Anzi, potrebbe non uscirne affatto.
Questa donna è la stessa che ho portato all'altare, è la stessa che si è imposta contro la volontà del padre di sposare un altro uomo, è la stessa che amo e amerò per sempre. Ed ora trema, vulnerabile, fragile, simile ad un ramoscello che il vento può facilmente spezzare.
Mi avvicino e la abbraccio.
Mi ricordo del nostro primo abbraccio: il Sole nel cielo, la sua gonna celeste e i suoi capelli neri liberi al vento.
"Ti giuro, Irina, che non ti accadrà nulla...io ti proteggerò sempre, finché avrò vita. Io ti amo, Irina, e sarò sempre unito a te, nella salute e nella malattia, nella ricchezza e nella povertà, nella morte e nella vita. Ti ricordi le promesse che ti feci il giorno del nostro matrimonio? Io le voglio mantenere. Ti sarò vicino sempre e nessuno ti separerà da me."
Sento che piange.
Le accarezzo la guancia bagnata.
"Voglio baciarti...ti chiedo il permesso..."
Irina sorride.
"Me lo hai chiesto quel giorno lontano in cui mi baciasti la prima volta..."
"Lo so, angelo mio..."
"Ti do il permesso..."
La distanza tra le nostre labbra si azzera.
Mi sento di nuovo ragazzo.
In questo momento sono felice.
Anche durante una guerra si può trovare la gioia, anche se per un istante.

Noi siamo ebreeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora