Buchenwald

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Pov. Liljana
Il treno si è appena fermato.
Da quanto tempo sono qui? Non lo so nemmeno.

Rimango seduta.
Lacrime calde mi scivolano lungo le guance.
Penso alla mia piccola Anne. Sarà viva? Sarà su un treno? Qualcuno la starà cullando dolcemente, sussurrandole dolci parole? Sarà spaventata? Dove potrebbe essere adesso? Sono domande alle quali non posso rispondermi. Il dubbio mi sta uccidendo.
E Franz? Sarà ancora vivo? Che ne avranno fatto di lui i nazisti?
Penso ancora a loro, alla mia famiglia. Avrei dovuto proteggere di più Anne, avrei potuto tentare di salvare Franz...
Oramai, però, non importa più.

Le porte si aprono.
Le persone intorno a me iniziano a gridare di paura, sollievo o dolore.
Alcuni soldati entrano nel vagone, tirando fuori con forza chiunque capiti loro davanti.
Uno di loro mi prende con forza per un braccio, gridandomi di uscire.
Appena fuori dal vagone, un vento gelato mi colpisce, facendomi tremare.
Attorno a me ci sono centinaia di persone che corrono qua e là, chiamando i genitori, i figli, i fratelli, le madri.
Mi guardo intorno.
Un gruppo di bambini mi passa davanti.
Hanno tutti indosso dei cappottini. Un soldato li sta portando via. I piccoli stanno cantando.
Sento qualcosa che mi tira la gonna. Abbasso lo sguardo.
Una bambina, che potrebbe avere al massimo quattro anni, mi sta guardando.
Ha gli occhi azzurri, pieni di stupore.
<<Hai visto la mia mamma?>> mi chiede.
Scuoto la testa.
<<Vieni con me..>> rispondo.
<<Cerchiamo insieme la tua mamma.>> aggiungo.
Lei sorride.
Poi torna seria.
<<Gli uomini cattivi hanno preso la mia mamma..però adesso la cerchiamo insieme..>> dice.
Guardando questa bambina, vedo la mia Anne. E faccio ciò che chiunque avrebbe fatto: prendo in braccio la piccola e seguo il gruppo di donne davanti a me.
Ogni tanto sentiamo spari, grida, pianti.
<<Va tutto bene..>> sussurro.
<<Presto troverai la tua mamma..>> mormoro.
<<Un signore con l'uniforme le ha detto che avrebbero giocato insieme..>> dice, seria. Mi viene da piangere.
Se solo questa povera innocente sapesse ciò che sta accadendo a sua madre in questo momento..

I soldati ci gridano contro.
<<Come ti chiami?>> le chiedo.
Lei mi guarda.
<<Mi chiamo Maria.>> dice.
Mi sorride.
<<Bene, Maria. Ora mi prenderò cura io di te. Non ti accadrà nulla di male.>>
Appena fuori di qui, adotterò questa bambina, se sua madre non riuscisse a sopravvivere.
Percepisco, intorno a me, un terribile odore di morte.
Mi asciugo una lacrima.

Entriamo in uno stanzone dai muri ammuffiti, con il soffitto cadente.
Una donna ci viene incontro e mi grida che devo muovermi.
Mi si avvicina un'altra ragazza in divisa, con i capelli biondi e gli occhi neri. È magrissima e mi sorride.
<<Bist du Französische? Oder Deutsche?>> chiede, con gentilezza.
Anche in un posto del genere c'è un po' di umanità.

Scuoto la testa.
<<Italiana..>> mormoro.
Lei spalanca gli occhi.
<<Io pure...>> sussurra.
<<Come ti chiami?>> mi chiede.
La guardo negli occhi.
<<Liljiana. Sono ebrea di nascita. Questa bambina è Maria. Sta cercando sua madre.>> rispondo.
La ragazza mi sorride.
<<Io sono Miep.>> risponde.

Qui ognuna di noi parla una lingua diversa.
Maria mi guarda.
<<Cosa dobbiamo fare?>> mi chiede, con occhi da cerbiatta impaurita.
Le sorrido.
Attorno a me sento donne piangere, vedo ragazzine completamente nude, alle quali vengono tagliati i capelli.
<<Affidami la bambina.>> dice Miep.
<<Ma fai presto..oppure morirà..>> sentenzia.
Tremo.
Ho forse scelta? Un'alternativa? Una speranza? No.
<<Ti giuro che la vedrai una volta alla settimana..>> mi sussurra Miep.
Non mi fido di lei, ma se può salvare Maria, allora la affido a lei.
Prende in braccio la bambina.
<<Quindi troverai la mia mamma?>> mi chiede lei.
Annuisco.
<<Come si chiama?>> le chiedo.
<<Rosalba. Rosalba Van Krögel.>> mi risponde, flebilmente.
Mi saluta, sorridendo, e se ne va, assieme a Miep.

Mi metto in fila, dietro ad una ragazza, che potrebbe avere sedici anni.
È poco più bassa di me, trema tutta, ha gli occhi terrorizzati.
Una donna, seduta ad un tavolino, le intima di alzarsi la manica della maglia. Le tatua sul braccio un numero.
24600.
Ci tolgono pure il nome. È orribile. Inumano.

La ragazza mi passa davanti.
È il mio turno.
<<D'ora in poi sarai il numero 24601. Se non risponderai al richiamo mattutino, verrai punita. Se non porterai il dovuto rispetto, morirai. Fai un passo falso, e ti ammazzano. Sono stata abbastanza chiara?>> spiega, con tono rabbioso, la donna.
Annuisco.
Chiudo gli occhi.
È lievemente fastidioso.
Quando finisce mi fisso il faccio.
24601.
Questo è il mio nuovo nome, d'ora in poi.

Mi dirigo verso una sedia.
Mi fanno sedere e mi afferrano i capelli.
Me li tirano un po'.
Sento un rumore di qualcosa che viene tagliato.
<<Bei capelli, ebrea.>> sibila una voce maschile dietro di me.
Mi sfioro la nuca.
I miei capelli sono stati recisi con brutale ferocia.
Mi salgono le lacrime agli occhi.
Penso ad Anne.
Anche a lei avranno tagliato i capelli?
Anche lei sarà solo un numero, da qui in avanti?

Mi fanno alzare in piedi.
Mi ordinano di togliermi gli abiti.
Scuoto la testa.
Sono circondata da uomini, i quali ridono e si danno gomitate, guardando un po' qua un po' là, alla ricerca di una ragazza bellissima da usare per tutta la notte.
Un uomo di loro mi si avvicina.
<<Togli l'abito..>> sussurra, sfiorandomi il braccio con le dita ruvide.
Ha lo sguardo malvagio.

Mai ho subìto tale umiliazione.
Mi tolgo l'abito, rimanendo in intimo.
Alcuni dei soldati ridacchiano.
Due o tre sembrano quasi meravigliati.
Borbottano in tedesco parole impronunziabili.
Vorrei sputare in un occhio a tutti quanti.
Ma non posso.
<<Togli l'intimo, ebrea!>> mormora l'uomo di prima.
Sento delle esclamazioni di incoraggiamento.
Un nome.
Hans.
Deve essere l'uomo che mi sta fronteggiando.

Mi spoglio velocemente, tentando di coprirmi dove possibile.
Le lacrime iniziano a scendere lungo le guance, simili a torrenti.

L'uomo davanti a me sorride.
<<Sei bella...e sarai mia.>> mormora.
Spalanco gli occhi.
<<No..>> sussurro.
Lui mi tira uno schiaffo talmente forte da farmi cadere a terra.
Poi un calcio nello stomaco, che mi fa piegare in due.
<<Tu farai ciò che ti dico.>> dice, con crudeltà.
Mi fa male il punto dove mi ha colpita. La guancia deve essere diventata rossa.
Hans mi tira in piedi, dandomi una maglia lunga a righe bianche e nere, ingrigito e sgualcito.
Mi arriva poco sopra le ginocchia.
Lo indosso velocemente, cercando di non far vedere che ho freddo e paura.
Il soldato sta sorridendo sadicamente.
Mi trascina via.

Mi volto un istante.
Tra le ragazze in divisa vedo Miep.
Lei cerca di sorridere, per incoraggiarmi.

Io sopravviverò a questo Inferno.
Tornerò a casa.
È una promessa.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 25, 2017 ⏰

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