La casa dei sogni. Così Lian aveva definito il posto in cui era entrata da soli 5 minuti e che già considerava la sua seconda dimora. Anzi, magari la prima, magari fosse stato così... E ancora non sapeva se ci sarebbe rimasta a lungo.
Lo sguardo di Anna, tenero, accogliente, come se la padrona di casa fosse lei stessa, la aveva rassicurata. Anna, dal canto suo, non aveva nulla da invidiare a Lian. Il lavoro lo stava lasciando lei, di sua volontà. Nessuno glielo aveva rubato, men che meno Lian. Anzi, a volerla dir tutta, quasi le veniva voglia di ringraziarla per essere comparsa così presto. Questo le permise di accelerare i suoi programmi e di avviare la nuova attività commerciale, piuttosto insolita, a dir il vero, ma, in fondo, anche questo un lavoro.
Lian scrutava con molta attenzione ogni dettaglio della casa per cercare di capire che persona fossero i nuovi datori di lavoro.
Non c'era, per la verità, molto da vedere, dato che i signori Picchiacci erano abbastanza tirchi, e dunque non avevano profuso i loro risparmi nell'arredo di casa. Al contrario. Avevano venduto ogni pezzo di valore che ritenessero superfluo, pur di ridurre al minimo il disturbo e di monetizzare ogni ninnolo.
Però c'era una cosa che Lian disse, a ragione, che niente avrebbe potuto mai comperare: la luce che c'era in quella casa! Proprio l'assenza di eccessi nell'arredarla e nel decorarla, rendevano ancor più permeabile alla luce lo spazio vuoto della casa. E questo, per una ragazza abituata alla penombra o alla mezza luce, e soprattutto all'odore di frittura, sembrava un sogno.
Il colloquio con la padrona di casa, quella vera, durò circa due ore. Un vero esame del DNA della ragazza prima di prenderla seriamente in considerazione. Tempo ben speso, perchè, senza troppi giri di parole, la signora Picchiacci offrì a Lian il posto di lavoro.
La sottile ostinazione e determinatezza di Lian avevano convinto la segaligna padrona di casa. Unite alla necessità di rimpiazzare Anna e al tentativo di non spendere troppo, i tratti del carattere di Lian erano stati fondamentali.
Al termine della presentazione, Anna e Lian ebbero modo di trattenersi a parlare per qualche minuto, tanto per conoscersi un pò, passarsi il testimone, e dare modo a Lian di scoprire che Anna ed il marito si erano lanciati nel commercio di pile. Sì, di pile! Le comuni batterie per la radio, l'orologio, il telecomando, etc...
Un loro amico in Ucraina aveva aperto una fabbrica e le produceva a basso costo, dunque a loro conveniva venderle in Italia dove c'era già una discreta concorrenza. E poi queste batterie sembrava che fossero speciali, duravano a lungo, almeno il doppio di quelle che erano in commercio.
Lian era rimasta sorpresa. E, sì, che per un cinese c'era poco di cui sorprendersi, visto che, quanto a inventiva, anche loro non stavano messi male! "Noi ci mettiamo dentro l'uranio!" aveva detto Anna scherzando. E Lian, che a volte prendeva per buona ogni cosa, ci aveva creduto, tanto che aveva messo in giro la voce che erano arrivate "le pile all'uranio" e che andavano subito comperate per usarle in casa e nel ristorante. "Così, tuTo più foLte!" aveva detto a Cao.
Lui incredulo e anche un po timoroso aveva risposto "mmm... ULanio è peLicoloso! Se pLendi tLoppo dopo viene malaTia, viene tumoLe!"
"Ma non mangi Uranio, pile solo peL appaLecchi!!" rispose Lian ridendo. Ma Cao non si convinceva.
"E' male uguale!! Io non vuoLio che ammalo io o ammalo tu!".
Spenta la luce, Cao e Lian si addormentarono, con queste pile nella testa. Ma questo era solo l'inizio.