CAPITOLO 3

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Il mattino seguente vengo svegliata dalle temperature rigide. Brividi di freddo attraversano la mia schiena.

'Merda! Ci saranno 5 gradi!' penso tirando su il piumone fino a nascondermici del tutto. Il fuoco é ormai spento e fuori sembra non voler smettere di nevicare. E pensare che due giorni fa, a New York indossavo già abitini estivi! Ed è proprio questo il motivo per cui la mia valigia contiene roba troppo leggera.

Forse dovrò farmi consegnare qualcosa di invernale, anche se ormai siamo ad aprile, ma qui sembra di essere in pieno dicembre, mancano soltanto le decorazioni natalizie! Magari ordinerò qualche maglione più tardi. Ah già. La connessione internet è morta, ko, inesistente. E dubito che Fedex riesca a raggiungermi qui, tra i monti, in prossimità di un enorme lago ghiacciato.

Forse anticiperò la mia partenza. Già, credo proprio che partirò il prima possibile.

Sono appena uscita dalla doccia e sto letteralmente battendo i denti per il freddo. Mi avvolgo in un morbido asciugamano profumato e tiro via un pò di condensa dallo specchio con il gomito.

Devo scegliere un abito nero, per la cerimonia funebre. Questo trucco non viene via. Mi serve altro struccante. Forse il tubino nero dal ginocchio. E devo aver portato anche le decolletè in vernice nera.

I pensieri attraversano la mia mente alla velocità di un treno. Per quanto possa essere forte e determinata, eccole venir fuori, una dopo l'altra, tante piccole e doloranti lacrime. Non avevo ancora pianto.

Un rumore proveniente dall'esterno attira la mia attenzione. Sembra legna. Mi muovo lentamente verso l'ingresso. Probabilmente sarà un procione. Errato, Susy! C'è qualcuno fuori, un uomo, e sta cercando qualcosa nella capannina in cui è sistemata la legna da fuoco. Afferro con decisione un ombrello - già, come se un fragile ombrello possa esserti d'aiuto! - e abbasso la maniglia, lentamente, evitando di attirare la sua attenzione.

Sono pronta, stringo forte il manico e lo colpisco con tutta la forza possibile, ripetutamente.

-Ecco cosa ottieni entrando nelle proprietà altrui! Stupido ladro! Non permetterti mai più!! - grido mentre la mia furia aumenta, e avverto un senso di potere nel cacciare via quel ladro che tenta di proteggersi dai colpi col braccio, rannicchiandosi al suolo.

-Ehi ehi ehi!! - grida - vacci piano biondina!!

La sua voce è calda e profonda. Non è questa la voce di un ladro!! Un ladro deve avere una voce rauca, cattiva, deve essere brutto e sdendato!!

Smetto di colpirlo e il giovane falso ladro si rimette in piedi. Ha i capelli mossi, scuri, con soffici fiocchi di neve che vi si posano e scompaiono non appena ci passa una mano dentro, scompigliandoli. Ok, Ladro 1 - Susan 0.

I suoi occhi ricordano il colore del lago e la sua barba incolta fa tanto bad boy.

-Colpisci forte per essere una ragazzina!

-Non sono una ragazzina!

-E comunque..ti si é aperto l'accappatoio!

Abbasso lo sguardo. Merda!! Nello spavento ho dimenticato di essere completamente nuda, coperta soltanto da un asciugamano arrotolato e fissato con un nodo. Un semplice e debole nodo che non é stato in grado di tenere la mia roba al sicuro da occhi indiscreti. Sono viola in viso probabilmente, nonostante le basse temperature, e mi sento avvampare, non so se per l'imbarazzo o se per la sua presenza. Mi inquieta questo ragazzo.

Mi volta le spalle e cammina con passo deciso -e piuttosto sexy - verso la staccionata.

-Si può sapere chi diavolo sei? - gli urlo dietro.

-Ci si vede biondina! - dice, senza voltarsi e muovendo un braccio in segno di saluto.

Indispettita stringo forte l'asciugamano e rientro in casa. Fa molto freddo ora. In fretta e furia indosso un abito nero molto aderente, con scollo a barca, un coprispalle coordinato e tacco nero a spillo. Tutto questo con un pensiero fisso. Il ragazzo di qualche istante fa. Così arrogante, così sicuro, così sexy.

Così da prendere a schiaffi!

La mia coscienza non mi da tregua oggi.

Afferro cappotto, borsa e occhiali da sole ed esco, pregando di non cadere su pietre sassi e quant'altro.

La chiesetta dista pochi metri, era la chiesa dove io e mamma trascorrevamo le nostre domeniche. L'odore pungente dell'incenso evica in me numerosi ricordi. Prendo posto alle prime file, accanto ad Ian.

-Tutto bene? - sussurra, gettando uno sguardo alle mie scarpe.

-Si Ian, tutto bene. - rispondo, indossando i miei occhiali-nascondi-occhiaie.

La cerimonia giunge al termine. Da una parte mi sento sollevata. É straziante. La mamma ed io eravamo legate, ma il mio lavoro mi ha tenuta lontano da lei in questi ultimi anni, ed ora mi rendo conto che é troppo tardi per tornare indietro. Non posso più rimediare.

-Mi dispiace per la tua perdita, biondina.

Quella voce. Alzo lo sguardo e lui è lì, difronte a me, con aria seria, a porgermi le sue sentite condoglianze.

Conosceva la mamma?

-Elodie era una gran donna.

Sembra sincero, gli stringo la mano e sento una leggera scossa.

-Ti ringrazio...emmh, non so il tuo nome.

-Claus

-Ti ringrazio, Claus.

Lo fisso per un istante. I suoi occhi gelidi provocano qualcosa in me, qualcosa di elettrizzante.

E quel nome..Claus.. E il modo in cui l'ha pronunciato.

-Vedo che hai conosciuto mio cugino Claus! - esclama Ian comparendo alle mie spalle.

Sussulto. Claus è suo cugino??

-Stagli alla larga! - scherza dandogli una pacca sulla spalla - non è per nulla un tipo affidabile!

Vedo uno scintillio nei suoi occhi color ghiaccio, come se mi stesse dicendo 'Esatto, Ian ha ragione, non sono un tipo affidabile ed è per questo che non sarai in grado di resistermi!'

Dà retta al tuo amico, Susy, e stagli alla larga!

Ma perchè non ascolto mai la saggia vocina della mia coscienza??

Maine love - #wattys2016 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora