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Un pomeriggio autunnale come tanti, un cielo grigio che prometteva presto un potente acquazzone e una coppia di amici che discuteva per la strada, attirando l'attenzione dei passanti.
«No! Mi rifiuto!» aveva urlato lei, portandosi le mani sui fianchi.
«Vuoi mandarmi da solo?» aveva domandato lui, portandosi le mani sui fianchi. Per chi vedesse la scena da fuori, quella poteva essere a tutti gli effetti una puntata di una qualche sitcom americana.
«Ale non puoi fartene un altro! Sei pieno!» Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e scrollò le spalle, quella cantilena la conosceva bene. Troppo bene, Le rifece il verso e lei si inviperì ancor di più.
«Allora mi accompagni sì o no?» e la guardò aspettando una risposta. La ragazza sbuffò e lo sorpassò.
«E' un sì?» le urlò dietro. La ragazza si voltò e lo fulminò con lo sguardo.
«Sì, ma è l'ultima volta!»

«Bella Sandro! Pensavo che c'avessi ripensato!»
«No, ho avuto difficoltà a convincere la nana» disse indicando la ragazza dietro di lui, che con poca femminilità e finezza gli diede un calcio sul polpaccio.
«Prova a chiamarmi così e vedi che fine fai» Sandro, in arte Schizzo, guardava la scena divertito.
«Ginevra se ti occorre una mano facciamo all'americana, io lo tengo e tu lo picchi» Ginevra parve illuminarsi a quell'idea. «Ci farò un pensierino» Alessandro che guardava i due complottare contro di lui richiamò l'attenzione.
«Allora 'sto tatuaggio è pronto?» Schizzo, un trentenne pieno di piercing e tatuaggi, con una invidiabile cresta da moicano, era il tatuatore migliore della zona, soprannominato così per la innata dote di creare capolavori artistici in poco tempo.
«Sandro mi sento quasi offeso pe' 'sta domanda» e fece segno loro di entrare nella stanza, mentre lui prendeva posto nella sua postazione e preparava l'occorrente. «Ginevra mi passeresti la scatola di guanti dietro di te?» Ginevra annuì e si voltò per prendere la scatola e porgerla a Schizzo. Lo schiocco dei guanti in lattice la fece rabbrividire. Alessandro lo notò e le si avvicinò.
«Ti vorrei ricordare che sono io quello che si farà tatuare, non tu»
«Era un modo carino per dirmi che non devo avere timore di quell'ago?» Alessandro le sorrise e le diede un pizzicotto sulla guancia.
«Sandro allora, dove lo vuoi questo gioiellino?» Schizzo si era infilato i guanti ed aveva già preparato gli inchiostri. Ginevra si sedette, lei non si sarebbe mai fatta un tatuaggio. La sola idea che quella macchina infernale le bucasse la pelle le faceva venire il voltastomaco.
«Dove pensi che sia meglio?» chiese Alessandro a Ginevra.
«Perché c'è ancora spazio?» chiese ironica. Alessandro era il suo migliore amico, ma questa sua voglia di tatuarsi non la condivideva. Da quando lo aveva conosciuto, dieci anni fa, ad ora lui era cambiato totalmente. Portava perennemente la barba, i capelli erano corti ai lati e lunghi sopra, sempre spettinati ed il suo corpo era pieno di tatuaggi.
«Fai la seria»
«Sono seria, più seria di così»
«Ok, ricevuto. Schizzo, tatualo qua» ed indicò l'interno del braccio, proprio sul bicipite.
«Bene, togliti la maglia allora così iniziamo» e Alessandro si tolse la maglia per lanciarla in faccia a Ginevra. Lo sentì ridere e il suo sangue ribollì, non era possibile. A volte era più fastidioso di una mosca. Si tolse la maglia dal viso e lo vide stendersi sul lettino e lasciare che quell'aggeggio gli colorasse la pelle. Ginevra si lasciò andare contro la parete della stanza e osservò Schizzo all'opera. Sicuramente la aspettavano due ore di religioso silenzio, rotto solo dal ronzio della macchina. Non vedeva l'ora che tutto finisse.


Erano usciti dal negozio e Ginevra poteva vedere le felicità per il nuovo tatuaggio sul volto di Alessandro. Sembrava un bambino al lunapark.
«Ora che si fa?» chiese Alessandro.
«Non dobbiamo passare in farmacia a prendere quel Bepan-non-so-cosa?»
«Uno: si chiama Bepanthenol e due: no, ce l'ho già a casa»
«Allora dilemma risolto, andiamo a casa» e Ginevra si incamminò per la strada. «Senti ti fermi a cena no?»
«Per forza! Devo scroccarti una cena, non è da tutti sorbirsi quella noia per due ore consecutive»
«Ma quanto siamo spiritose oggi! Comunque che preferisci tra pizza e cinese?» Ginevra lo guardò inarcando un sopracciglio. La risposta era scontata, non doveva nemmeno chiederglielo.
«Ho capito: pizza. Non so perché continuo a domandartelo» disse rassegnato, ma con un sorriso stampato sulle labbra.
«Perché speri che prima o poi mangeremo cinese, così tu potrai ingozzarti come un maiale»
«Senti chi parla, non ho mai visto una donna mangiare come mangi tu» Ginevra spalancò la bocca, sorpresa e gli lanciò uno schiaffò sulla schiena, più su di quello non arrivava.
«Ignorante e maleducato»
«Ti voglio bene anch'io Gin, ora andiamo a casa che ho fame!» Era sempre stato un continuo battibeccare tra loro, a volte sembravano anche due comari. La loro amicizia poi era nata proprio così, tramite un litigio.

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