5.

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Risponde la segreteria telefonica di 3473...”

“Perfetto!”

Alessandro lanciò il suo cellulare sul letto e si portò le mani sui fianchi. Erano giorni che provava a chiamare Ginevra, ma ogni volta rispondeva la segreteria telefonica. Aveva persino provato ad andare a casa sua, ma aveva suonato a vuoto il citofono. Era palese che la sua amica lo stesse evitando e dentro di lui sapeva che Gin ne aveva tutti i diritti. Dopo l'ultima volta che si erano visti questo era il minimo che potesse capitargli, però non ce la faceva più a non sapere dove fosse, come stesse. Era maledettamente frustrante.

“Perché ti affliggi così per lei? Non ti risponde? Amen! Non farne un dramma”

Alessandro si voltò verso quella fastidiosa voce. Denise, una ragazza che Alessandro era solito chiamare quando aveva voglia di una sana scopata, si trovava in camera sua, dopo che gli si era presentata sulla porta di casa con un chiaro invito. L'aveva fatta entrare solo per non far parlare i vicini, perché di lei, quel giorno, non ne aveva proprio voglia.

“Io non mi affliggo per lei” sputò lui tra i denti, mentre si toglieva furiosamente la maglietta.

Denise si sedette sul letto ed incrociò le gambe, lasciando intravedere le autoreggenti ad Alessandro.

“A me sembra che tu le stia dando troppa importanza” ed iniziò a sbottonarsi la camicetta.

Alessandro le lanciò uno sguardo di fastidio, ma non poté non notare il seno perfetto di Denise, peccato che non fosse quello di... Scosse la testa, innervosito dai suoi stessi pensieri.

“Avanti Ale, di solito non mi lasci fare tutto da sola...”

Alessandro si portò le mani al viso e prese un profondo respiro. Non poteva e non doveva scopare con lei. Però aveva bisogno di scaricarsi...

Denise portò una mano sul cavallo dei pantaloni di Alessandro ed iniziò ad accarezzarlo, baciandogli il ventre nudo.

“Ti ho mai detto quanto questi tatuaggi mi facciano eccitare?”

Alessandro le tirò i capelli, inclinandole il capo.

“Non parlare. Scopiamo e basta, sei venuta qui per questo no?”

Denise sorrise e si alzò in piedi, fronteggiandolo.

“Già, sono venuta qui per questo”

“Allora non parlare, spogliati e facciamola finita”

Il cuore di Ginevra batteva lentamente, non c'era niente che lo riattivasse perché dentro c'era ancora l'eco di quelle parole pronunciate con disgusto quasi: Dio mio, copriti.

Cosa aveva pensato di fare? Aveva davvero creduto che lui l'avrebbe voluta? Era stata una sciocca, si era illusa di poter penetrare dentro il cuore del ragazzo di cui era innamorata ed il fallimento faceva male, così come la disillusione. Quel pomeriggio stesso aveva spento il telefono e si era chiusa in se stessa. Molte erano le volte in cui il telefono di casa era squillato, così tanti erano i messaggi che Alessandro aveva lasciato in segreteria. Chiedeva di poter parlare con lei, ma lei non aveva niente da dire. Si vergognava, si sentiva spezzata. Non sarebbe riuscita a guardarlo negli occhi per parlare tranquillamente di quello che era successo o di quello che sarebbe potuto succedere.

“Ginevra mi ascolti? Hai rotto le palle, ok? Non è finito il mondo. Non puoi stare così, usciamo ti prego. Andiamo in uno di quei pub che ti piace tanto, ma ti prego usciamo. Hai bisogno di respirare aria pulita”

Eveline si era trasferita da lei in quei giorni, non aveva avuto cuore di lasciarla sola.

“Non voglio stare tra la gente”

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