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La pioggia continuava a scendere, ininterrottamente, ed il cielo veniva rischiarato dai lampi, e quei tuoni sembravano ruggire. C'era qualcosa che sconvolgeva persino il cielo. Alessandro le aveva mandato un messaggio rassicurandola, dicendole che era tornato a casa sano e salvo. Aveva sorriso al messaggio e poi aveva spento il cellulare, perché in fondo c'era qualcosa che spegneva il suo umore ed era la consapevolezza di essere legata ad una persona che non sembrava notarla, non nel modo che voleva lei. Erano passati anni da quando aveva discusso con Alessandro quel pomeriggio d'estate, e quegli stessi anni ricordavano a Ginevra come il suo cuore battesse solo per lui. Per molto tempo aveva soffocato quel sentimento, era riuscita persino a convivere con quell'amore non corrisposto, recludendolo in un angolo del suo cuore per sopravvivenza. Per sopravvivere a lui. C'era stato un periodo in cui Ginevra si era fidanzata con un ragazzo conosciuto all'università e in quel periodo aveva iniziato a respirare, convincendosi che quello che provava per Ale era solo affetto, ma quando lo aveva visto alla sua laurea, con un sorriso pronto a strapparle il cuore, Ginevra aveva capito che quello che provava per lui era un amore incondizionato e silenzioso. Silenzioso perché non avrebbe mai avuto il coraggio di dichiararsi, perché in cuor suo preferiva averlo vicino come amico piuttosto che perderlo per una dichiarazione. L'unico problema era che soffriva; in silenzio e nel suo grande letto la notte immaginava come potesse essere dormire con lui. Non in amicizia, perché molte volte aveva dormito da lui, ma si chiedeva cosa si dovesse provare a stare tra le sue braccia, avvolta dal suo profumo e cullata dalla sua voce. Erano cose per lei sconosciute e ne soffriva, ma quando era con lui ormai aveva imparato ad indossare la maschera dell'indifferenza.

Quel mattino Alessandro si era svegliato con un mal di testa da cani, in più gli facevano male tutte le ossa, per non parlare della schiena! Tutta l'acqua che aveva preso ieri sera lo aveva steso. Colpa degli ombrelli comprati al mercato che si spaccavano dopo averli usati nemmeno due volte. Inutile dire che era dovuto tornare a casa correndo e prendendosi tutta l'acqua. Si alzò dal letto per trascinarsi verso il bagno. Doveva prendere un'aspirina o era la fine, sentiva già la febbre. Fortuna che era domenica e non lavorava, quella settimana era di riposo. Arrivato in bagno aprì lo sportello sotto il lavandino e cercò la scatola delle aspirine. Dannazione non ne aveva. Imprecò e con qualche difficoltà raggiunse la cucina, anche se quella casa sembrava più uno sgabuzzino che un appartamento. Si preparò il caffè e mise a scaldare il latte. Mentre fissava il caffè pensò a Ginevra. Doveva chiamarla per sapere come stava, se aveva passato bene la notte o se aveva avuto paura dei tuoni. Ormai Alessandro sapeva che Ginevra aveva paura dei temporali, non poteva più nasconderglielo. Non dopo quella volta che la trovò chiusa in bagno con le mani sulle orecchie per non sentire. Sorrise al ricordo e acciuffò il cellulare. Compose il numero e la chiamò.
«P...pronto?» Aveva ancora la voce impastata dal sonno e Alessandro sorrise, immaginandola tutta spettinata e con le guance rosse. Dio, quello che gli si formò nella testa non aveva niente a che fare con un'immagine casta.
«Gnappetta buongiorno» Alessandro si rese conto che la sua voce si era arrochita, forse per via dell'influenza.
«Già sveglio, e di domenica? E' per caso l'apocalisse?» chiese lei, e Alessandro percepì una nota di divertimento, ma il suo divertimento scemò quando percepì il frusciare delle lenzuola. Buon dio, era a letto... Cercò di schiarirsi le idee e quando gli sembrò di essere tornato normale parlò.
«Come stai? Voglio dire, hai avuto paura sta notte?»
«Ero così stanca che mi sono addormentata senza pensare ai tuoni. Tu come stai? Non hai una bella voce» Colpito ed affondato.
«No, infatti. Ho un po' di febbre» le disse mentre chiudeva il gas. Sia caffè che latte erano pronti.
«Febbre?»
«A proposito di questo, volevo chiederti un favore»
«Dimmi tutto»
«Hai per caso a casa una scatola di aspirine? Io le ho finite?» Sentì per l'ennesima volta il frusciare delle lenzuola e questa volta l'amico dei piani bassi protestò. Cazzo, mai parola fu più azzeccata in quel momento.
«Sì. Dammi il tempo di lavarmi e vestirmi che te le porto»
«Grazie gnappetta»
«No, grazie a te per la Colazione. Cappuccino con una spolverata di cacao»
«Nient'altro da ordinare?»
«Per il momento no» e la sentì ridere. Perché quel suono quella mattina gli sembrava più bello?
«Aspetta un secondo, ma sei sicura che si può uscire?» Alessandro si affacciò alla finestra e vide il cielo nero.
«Per il momento ha smesso di piovere, perciò se non mi trattieni ancora dovrei fare in tempo a venire da te senza dovermi sorbire l'acquazzone» Aveva ragione lei.
«Ok, a dopo» e chiuse il telefono, nello stesso istante in cui chiuse gli occhi per prendere un profondo respiro. C'era qualcosa che non andava, se lo sentiva. Non era normale quella voglia improvvisa che aveva del corpo di Ginevra. Forse era arrivato il momento di doversi trovare una donna su cui scaricare la tensione.

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