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“Credo di essere un po' in ansia”
“Perché?”
“Come perché? Ale mi ha chiesto di andare fuori a cena questa sera!”
Ginevra era sempre più isterica, minuto dopo minuto.
La sua amica, Eveline, d'altro canto non ne vedeva il motivo. Molte volte avevano cenato insieme, non sarebbe cambiato nulla.
“Gin, sembrerà diverso solo se tu la fai diventare una cosa diversa, ma la sostanza non cambia”
Ginevra si bloccò di fronte le ante dell'armadio aperto. Cercava di scovare, sotto quella massa di vestiti, qualcosa da mettere per quella sera. 
“Cambia tutto ti dico! E' cambiato il suo modo di guardarmi, mi fissa sempre le tette Eve! E' cambiato il suo modo di abbracciarmi, mi stritola i fianchi come se volesse farmi intendere che gli appartengo. Come posso far sembrare le cose normali?”
“Oh Dio, quanto la fai lunga! Prima non ti si filava e piangevi, ora ti lamenti?” detto questo Eve si alzò dal letto di Gin e andò verso il salone. Ginevra la seguì.
“Dove vai?”
“A casa mia”
“Eve non puoi lasciarmi così!”
“Oh sì che posso e lo sto facendo. Ti lascio riflettere sulla fortuna che hai” e guardando per l'ultima volta la sua amica negli occhi aprì la porta di casa e se ne andò.
Ginevra alzò gli occhi al cielo e tornò in camera sbuffando. Sapeva che la sua amica aveva ragione, ma perché non capiva che la sua era paura?
Le faceva strano credere che quello era reale, le sembrava persino un sogno chiudere gli occhi e ricordare come lui l'aveva stretta e di come avevano fatto l'amore il giorno prima. Era terrorizzata di perdere tutto questo.
“Al diavolo tutto” 
Tornò alla carica e tirò fuori dall'armadio una camicetta, un jeans a vita alta e le solite Dr. Martens. Doveva sentirsi a suoi agio no? Bene, allora niente di elegante e niente di  estremamente sdolcinato. Decisa si avviò verso il bagno e prima di infilarsi in doccia si fece un segno della croce, che Dio l'aiutasse quella sera.

Alessandro fissava il cellulare, sperava in un messaggio, in una chiamata... insomma in qualcosa da parte di lei, ma tutto quello che aveva ottenuto era silenzio. Cominciava ad agitarsi, a preoccuparsi. Possibile che a Ginevra non fosse piaciuto quello che avevano condiviso? Si era immaginata che fosse più romantico?
Si passò una mano tra i capelli e sbuffò. Possibile che doveva farsi venire le paranoie come le donne? Era un uomo, cavolo!
“Terra chiama Sandro, Terra chia...”
“Eh?”
“Sandro a che diamine stavi pensando?”
Alessandro guardò i suoi due amici e si asciugò le mani sudate sui jeans. Come gli spiegava tutto senza raccontare aneddoti troppo intimi suoi e di Gin?
Non voleva che i suoi amici la immaginassero senza vestiti.
“Secco te lo dico io a che pensava. Inizia per G e finisce per Inevra” 
Luca rise e diede una spallata a Secco.
L'altro capì e sbottò a ridere.
“E' così Sandro?”
Alessandro assottigliò lo sguardo e incrociò le braccia al petto. 
“Quando avete finito di sfottermi parlo”
Luca si tappò la bocca con una mano e si sforzò di non ridere. 
“Poi mi spiegherete perché vi fa ridere la cosa”
“Contaci, ora racconta”
“Non c'è molto da raccontare. Io e Ginevra stiamo provando a stare insieme. Fra un po' devo vedermi con lei, la porto fuori a cena”
Secco e Luca smisero di ridere e si fecero seri. Si guardarono per un secondo fra loro e poi si inginocchiarono alzando le mani al cielo.
“Sia lodato Gesù Cristo!” esclamarono.
Alessandro li guardò storto.
“Ma che cavolo fate?”
“Ringraziamo il Signore, così tu non romperai più le palle! Era ora che aprissi gli occhi” disse Luca.
“Questo non spiega st'aria comunque da morto che hai”
Alessandro prese un bel respiro e confessò, senza scendere nei dettagli.
“Quindi fammi capire, ti stai logorando il fegato perché lei dopo che avete scop...ehm  fatto l'amore non si è fatta sentire?” chiese Secco, grattandosi la testa. Quell'Alessandro gli era sconosciuto, sia lui che Luca erano abituati a vederlo diversamente, erano abituati a vedere le donne che si logoravano per lui e non viceversa. 
“Esattamente” 
“Alessà tutti conosciamo Gin e non è quel tipo di donna, perciò meno seghe mentali”
“Io la penso come Luca”
“Sarà, ma qualcosa non mi torna” guardò l'orologio. “Devo andare, ieri le avevo detto che sarei passato a prenderla per le 20.00”
Entrambi annuirono.
“Ci sentiamo domani per la partita di calcetto, ok?”
Alessandro annuì e andò da solo verso la porta di casa di Luca.
Salutò di nuovo i suoi amici e uscì.


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